Papponi delle pensioni, leggi l'articolo completo di Bechis
Altro che fondi pensione, nemmeno con la soffiata giusta per l'investimento in Borsa avrebbero potuto fare di meglio. Forse solo con la roulette, a patto di azzeccare il numero secco. L'investimento finanziario che più ha reso nella storia della Repubblica italiana è quello dei parlamentari sulla loro pensione. Per loro fortuna generalmente sono longevi, ma grazie all'istituto del vitalizio (e pure al sistema del mini-vitalizio introdotto nel 2012 che loro vergognosamente chiamano pensione contributiva) sono riusciti a fare lievitare di 6-7-8, in qualche caso addirittura di dieci volte il capitale investito. Cose impensabili per milioni di pensionati italiani, ma con un passaggio anche breve in Parlamento c'è chi ha strappato per decenni assegni mensili da 2, 3, 4, 5 o anche 6mila euro per tutto il resto della vita. Di fatto non ha versato nulla, perchè stabilendo l'ammontare dello stipendio da parlamentare ci hanno pensato Camera e Senato a versare i contributi per loro conto. Ma non c'è paragone fra quel piccolo impegno (8,8% del lordo mensile) e quel che è venuto in tasca a loro dal giorno in cui hanno potuto percepire il vitalizio. Oggi vitalizio o mini-vitalizio si percepisce con 5 anni di contributi a 65 anni. Ma se hai 6 anni di contributi, la pacchia inizia a 64, se ne hai 7 puoi prendere l'assegno previdenziale a 63, e così via fino a 10 anni di contributi, con cui puoi andartene in pensione a 60 anni in barba a tutti gli altri lavoratori d'Italia che a quella età non possono incrociare le braccia né con 10, né con 15, né con 20, 25 o 30 anni di lavoro. Queste sono le regole di oggi, ma fino a ieri la pacchia era perfino più grande: se eri già in Parlamento prima del 2012, fino a quell'anno valevano le vecchie regole, e allora si poteva andare in pensione anche prima. Se la prima elezione è datata prima del 1997, c'era il diritto per tutti a fare il baby pensionato: assegno in tasca dai 50 anni in poi, e con qualche penalizzazione era possibile anche prima di quell'età. Alcune di queste regole da paese di Bengodi sopravvivono oggi a macchia di leopardo in molte Regioni, che il vitalizio l'hanno abolito e sostituito con un sistema chiamato in altro nome ma assai simile. L'Italia ha migliaia di politici-part time pensionati di lungo corso, e sono tutti pensionati d'oro. O per il generoso assegno percepito, o per la disparità fra quanto incassato e quanto versato per meritarselo. La situazione è comune a tutti i pensionati della politica, e nei prossimi giorni vi forniremo a tappe l'elenco più esaustivo possibile di chi si è messo in tasca centinaia di migliaia di euro avendo versato qualche migliaio di euro di contributi. Oggi partiamo con un primo elenco, che offre alcuni dei casi più clamorosi. Come quello di Stefano Rodotà. Sì, proprio il Ro-do-tà, Ro-do-tà che con grande ingenuità il Movimento 5 stelle voleva portare al Quirinale. Nelle casse del Parlamento a suo nome sono stati versati 241.610 euro. Scattato il diritto al vitalizio, il professore, che per sua fortuna è in gran forma nonostante abbia passato gli 80 anni, ha ricevuto poco meno di 1,2 milioni di euro lordi. La differenza fra quanto versato e quanto incassato è dunque di 938.810 euro, quasi un milione di surplus. Quota che verrà presto superata, visto che gli auguriamo di cuore ancora lunga vita. Non molto dissimile la situazione di Giuliano Amato: in vita sua ha versato per la carriera parlamentare 302.013 euro di contributi. Ha ricevuto oltre 1,1 milioni di euro in assegni vitalizi lordi. Lo spread fra quanto versato e quanto incassato è di 809 mila euro. A differenza di Rodotà, però la somma non è destinata nel breve a lievitare. Amato ha più volte sostenuto di non avere mai preso il vitalizio, e non è così: lo riceveva e lo girava (dice lui) in beneficienza. È una scelta personale, che non modifica in nulla il meccanismo. Però dal 2012 in poi è entrato in vigore un regolamento che sospende il vitalizio in caso o di rielezione o di assunzione di incarico pubblico incompatibile con un mandato parlamentare. Amato da meno di due anni è giudice della Corte costituzionale, e finchè sarà lì il vitalizio resta congelato. Riprenderà a correre al termine di quel mandato. Di quello spread (molti soldi in tasca, pochi contributi versati) hanno beneficiato anche ex parlamentari che non ne avevano per altro alcuna necessità economica. Come il cantante Gino Paoli (che ha giù ricevuto quasi 500 mila euro più di quanto versato), o come l'industriale Luciano Benetton (anche lui stesso surplus: 491 euro di guadagno), come il principe dei fiscalisti Augusto Fantozzi (271 mila euro di guadagno) e l'industriale Franco Debenedetti, fratello del più noto Carlo (228 mila euro di guadagno). Ne beneficia sia chi ha contestato una vita la politica, come Mario Capanna (402 mila euro di guadagno al momento), sia chi contesta sempre tutto e tutti come Massimo Cacciari (432 mila euro di guadagno). Ed è clamoroso che riesca a guadagnarci grazie alla disparità fra contributi versati e assegni già incassati anche chi fa ancora il politico a tempo pieno, perchè la funzione di sindaco non è ritenuta incompatibile con la percezione del vitalizio mensile. Vale per un sindaco di piccolo comune come Esterino Montino, primo cittadino di Fiumicino (che ha già guadagnato 150 mila euro e per altro ha diritto a un secondo vitalizio come ex consigliere regionale del Lazio), e vale anche per chi guida una città capoluogo come Massimo Cialente, primo cittadino de L'Aquila (ha già ottenuto un guadagno di 126 mila euro). (1. Continua) di FRANCO BECHIS