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Idee per non morire renziani

Maurizio Belpietro
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Il futuro del centrodestra passa dal suo passato. Non è un gioco di parole e neppure il tentativo di scaldare i cuori degli elettori moderati invitando a riprendere in mano il programma con cui si diede vita a Forza Italia. È la banale considerazione che il Polo liberale se vuole rinascere deve fare i conti con Silvio Berlusconi. O meglio: è Silvio Berlusconi che, giunto alla soglia degli ottant'anni, deve fare i conti con se stesso e con il suo futuro. Non so se abbiano ragione i sondaggisti i quali a dire il vero non l'azzeccano mai, ma a prescindere da questo, e cioè dal fatto che attribuiscono a Forza Italia poco più del 10 per cento dei consensi, è evidente che la stagione del 30 per cento non tornerà mai più. Così come è altrettanto evidente che, se l'ex Cavaliere è per ragioni giudiziarie impossibilitato a candidarsi, i voti dell'ex partito di maggioranza non sono nel futuro prossimo destinati a crescere, ma anzi a diminuire. Dunque, che vogliamo fare? Consegnare il Paese a Matteo Renzi per i prossimi dieci anni? Diventare tutti renziani così come stanno facendo in massa alcuni parlamentari eletti con il centrodestra, i quali addirittura hanno la faccia tosta di varare una lista per Renzi? È questo il destino di un Polo che per anni ha rappresentato le aspirazioni della maggioranza degli italiani? Lo scioglimento per auto consunzione? Qualcuno osserva che i comunisti non esistono più e dunque non c'è più neppure la necessità di avere gli anticomunisti. Può essere, ma purtroppo esistono i nipotini dei comunisti, i quali non inseguono la dittatura del proletariato perché a loro basta la dittatura democratica, quel pensiero unico ribadito a reti unificate che l'ex Cavaliere, pur essendo accusato spesso di volerlo instaurare, non è mai riuscito non solo a imporre ma neppure a immaginare. Renzi al contrario, evitando di mostrare la faccia feroce e sfoggiando solo quella sorridente, la dittatura democratica la sta realizzando. Certo, il presidente del Consiglio non mangia i bambini: a lui basta papparsi tutte le poltrone. In questo dimostra di saper applicare la spregiudicatezza dei compagni alla abilità lottizzatrice dei democristiani. Una sintesi che dal nostro punto di vista rappresenta il peggio. Ciò dimostra la necessità di dare un futuro al centrodestra. Non farlo significherebbe appunto rassegnarsi al renzismo, ossia all'opportunismo, al cinismo, al paraculismo: il machiavellismo del resto è nato a Firenze e quello cui stiamo assistendo ne è la versione 2.0. I moderati, se non vogliono rassegnarsi al totalitarismo dal volto umano, dunque hanno l'obbligo di ripensarsi, di darsi una leadership e un programma. E il primo a dover sentire questo obbligo è di certo Silvio Berlusconi, ossia l'uomo che il centrodestra lo ha inventato e che oggi si sta trasformando in colui che lo ha suicidato. L'ex Cavaliere ha tanti meriti, ma purtroppo gliene manca uno, quello di cedere il bastone del comando. Forse non lo cede perché all'orizzonte non c'è nessuno che abbia la grinta per ereditare quel comando? Può essere. Ma ad un leader, ad un grande leader, corre l'obbligo almeno di cercarlo. Di questi tempi si sono fatti avanti in tanti. Lasciamo perdere per un attimo Matteo Salvini, che merita un discorso a parte, e concentriamoci sugli altri. I Fitto, i Passera, i Tosi e i Marchini. Chi più chi meno sognano tutti di far rivivere l'area moderata, ma nessuno pare avere il fiato per correre una corsa che è lunga. Tanto per cominciare, pur avendo battuto la Penisola e i palcoscenici dei talk show, nessuno di loro pare aver messo insieme il bagaglio di viaggio che serve a diventare leader. Per sfidare Renzi e convincere l'ex Cavaliere a smontare da cavallo e trasformarsi in palafreniere servono i voti, non le ambizioni. Purtroppo Fitto, Tosi, Passera e Marchini dispongono delle seconde ma non dei primi. E allora, che si fa del centrodestra? Gli editorialisti dei grandi giornali che si interrogano sul futuro di questa parte politica fino a ieri invitavano a seguire la strada percorsa da Angela Merkel, una leader moderata che nel suo Paese ha saputo battere i socialdemocratici. Purtroppo, ora che la Cancelliera di ferro è uscita di strada con la Volkswagen, rivelando la fragilità dell'industria tedesca, e si è scontrata con il nuovo muro che divide l'Europa, quello degli immigrati, anche lei non appare più un modello, semmai un tracollo. Quindi, tocca rassegnarsi? Niente affatto. In realtà nel centrodestra non c'è niente da inventare. A differenza di quanto scrivano e dicano in molti, il centrodestra esiste e ha molte idee e molte cose da fare. Il problema è rimetterlo insieme. La Lega, Fratelli d'Italia, Forza Italia e perfino Ncd sono i pezzi di un Polo che si è rotto ma che non va rottamato. C'è bisogno di fare un po' di pulizia, di pitturare le stanze e di lucidare le maniglie, ma l'elettorato del centrodestra c'è e, a differenza di numerosi suoi rappresentanti in Parlamento, non ha tradito. Dunque, come quando tocca rimettere insieme una grande formazione che dopo molti campionati si è seduta in panchina e forse anche negli spogliatoi, bisogna rifare la squadra e trovare l'allenatore. Il mister sarà un Salvini riveduto e corretto, più moderato e preparato? Oppure una Giorgia Meloni senza la fiamma che spaventa i nostalgici dell'antifascismo? O ancora un Luca Zaia, ossia il volto governativo delle camicie verdi? Lo so che potrà apparire strano, ma in questo momento non ci interessa. Ciò che ci preme è dar vita a un'opposizione al nuovo ballismo, ultima deriva del cattocomunismo. Cari Berlusconi, Salvini, Meloni, Zaia etc etc: mettetevi insieme, fate un triumvirato o un quadrumvirato. Fate quello che vi pare ma fatelo in fretta. Il leader verrà con il tempo, per ora basta che venga un po' di tremarella al ducetto di Rignano. di Maurizio Belpietro

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