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Carlo De Benedetti voleva farsi il suo partito tre anni prima di Berlusconi

Matteo Legnani
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Era la primavera del '91. Il muro di Berlino era crollato da più di un anno, mentre al ciclone Manipulite mancava ancora una decina di mesi. Ma si intuiva che l'aria stava cambiando anche da noi, con il comunismo che andava sgretolandosi. Tre anni prima dell'intuizione di Silvio Berlusconi chiamata Forza Italia, un altro magnate dell'industria italiana venne folgorato dalla politica: Carlo De Benedetti. A scriverlo, nel suo libro intitolato "La repubblica delle giovani marmotte" è Paolo Cirino Pomicino, allora gran protagonista della politica italiana. Racconta l'ex ministro democristiano che c'era un piano ordito dall'Ingegnere e da Cesare Romiti con la assai probabile benedizione dell'avvocato Agnelli, per consegnare il Paese alla vecchia sinistra azionista: a Palazzo Chigi si sarebbe nelle loro intenzioni insediato Carlo Azeglio Ciampi, portandosi dietro schegge del vecchio Pci e della sinistra democristiana. Pomicino, scrive nel suo libro, raccolse le intenzioni di De Benedetti direttamente dalla bocca del numero uno del gruppo L'Espresso. "Nella primavera del '91" racconta l'ex Dc al quotidiano Il Giornale, "mi incontrai con De Benedetti che mi disse: 'stiamo creando un nuovo partito, vuoi fare il mio ministro?' Io la presi sul ridere: 'mi hai preceduto, sto lavorando a un nuovo soggetto imprenditoriale, vuoi fare il mio imprenditore? Pensavo sarebbe finita lì e invece venti-trenta giorni dopo ottenni altre informazioni e mi resi conto che il disegno era assai dettagliato». L' idea era quella di dare la leadership del Paese ai tecnici, espressione di quella borghesia. E di utilizzare il corpo del Partito comunista per dare spessore al progetto e garantirgli i numeri o se si preferisce, le truppe di sfondamento. Poi irruppe Berlusconi e la storia cambiò in un colpo...

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