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Etruria, il pm pagato dal governo: le cifre che inchiodano la toga

Andrea Tempestini
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Adesso c'è la data: lunedì 28 dicembre. Tra poco meno di una settimana Roberto Rossi, il capo della procura di Arezzo titolare dei quattro filoni d'inchiesta che riguardano il crac della Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, dovrà presentarsi al Csm per essere ascoltato dalla prima commissione dell'organo di autogoverno della magistratura. A Palazzo dei Marescialli, dove pochi giorni fa è stata aperta una pratica sul magistrato, vogliono vederci chiaro sugli eventuali «profili di incompatibilità» tra il ruolo di numero uno della procura che sta indagando su Banca Etruria e l'incarico di consulente del governo Renzi, esecutivo in cui Maria Elena Boschi, figlia dell'ex vicepresidente dell'istituto (Pier Luigi Boschi, non indagato), è ministro delle Riforme. La decisione di ascoltare Rossi è stata presa dalla commissione competente: la prima, quella per le incompatibilità dei magistrati. A presiederla è il laico Renato Balduzzi, eletto in quota Scelta civica, mentre la pratica è affidata al togato di Area, la corrente di sinistra delle toghe, Piergiorgio Morosini. Il Csm non intende tanto far luce sulla legittimità dell'incarico di Rossi presso il dipartimento di Palazzo Chigi per gli Affari giuridici e legislativi, una consulenza autorizzata dallo stesso Palazzo dei Marescialli fin dai tempi del governo di Enrico Letta, quanto sulle possibili ricadute che potrebbero esserci state sul lavoro del magistrato. Dal febbraio del 2014 titolare, tra gli altri, anche dei fascicoli sulla banca aretina. «L'incarico era legittimo quando è stato affidato», sottolinea infatti Giovanni Legnini, vicepresidente del Csm. Che poi però aggiunge: «Solo di recente, con l'avvio dell'attività di indagine e con il decreto del governo, il procuratore Rossi poteva porsi il problema della compatibilità. Ora è tutto da verificare se vi sia stata incompatibilità. La valutazione sarà approfondita e serena». Il riferimento è al periodo nel quale Rossi si è trovato a gestire contemporaneamente sia le inchieste sul crac di Banca Etruria, sia la consulenza a Palazzo Chigi alle dipendenze di Antonella Manzione, la fedelissima di Matteo Renzi che guida il dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi. «Si è posto un tema», ammette Legnini, secondo cui è arrivato il momento di «cambiare le regole sui doppi incarichi. Così non va. In questo caso verificheremo se c'è stato o meno un problema». L'aria intorno a Rossi si fa pesante. Ieri Il Fatto Quotidiano ha smentito quanto affermato nei giorni scorsi dal procuratore di Arezzo in relazione alla natura gratuita della sua opera di consulenza. Il magistrato, infatti, finora ha già percepito 7.500 euro lordi: 2.500 per il 2014, 5mila per l'anno in corso. Qualche giorno fa, invece, in un'intervista a un quotidiano, Rossi ha negato di percepire anche un semplice rimborso spese per un incarico «esclusivamente tecnico». Poi c'è il nodo del rapporto con il governo. La collaborazione con Palazzo Chigi è iniziata con Enrico Letta, ma il magistrato ha compiuto tutti i passi necessari per ottenere la proroga dell'incarico anche con il suo successore, Renzi. Nel fascicolo curato dal consigliere del Csm Morosini, infatti, ci sono i documenti che attestano come Rossi abbia avanzato la richiesta di proseguire la collaborazione con il governo sia nel 2014, sia nel 2015. Si tratta, in particolare, delle due istanze di «autorizzazione all'incarico extra-giudiziario» di cui Palazzo dei Marescialli sollecitava la ricezione da parte di Rossi per formalizzare il via libera alla consulenza. di Tommaso Montesano

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