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Spending review del Cav:un menù "al risparmio"per il vertice del Pdl

Berlusconi mani di forbice

Andrea Tempestini
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La sconfitta alle amministrative ha rinvigorito il dibattito nel Pdl: quale futuro, per gli azzurri? Le ipotesi sul tavolo sono molteplici: spacchettamenti, tuffi nel passato, cambi nell'organigramma, rivoluzioni in segreteria. C'è chi come Domenico Scilipoti recita uno dei mantra azzurri preferiti: "Il vero problema è che senza Silvio Berlusconi il Pdl non esiste", ha sussurrato in un'intervista radiofonica. Poi ci sono i forzisti del 2013, come Paolo Bonaiuti, portavoce del Cav, quindi voce affidabile: "E' stata avanzata l'ipotesi di un ritorno a Forza Italia, ma siamo nella fase di discussione". Quindi spuntano più o meno fantasiose ipotesi di stampa. Una su tutte: Alfio "Arfio" Marchini al timone degli azzurri, l'ex candidato sindaco a Roma (idea respinta da Gianfranco Rotondi al mittente: "Un partito non sceglie il leader sfogliando un book fotografico"). Le certezze, fino ad ora, sono poche. La prima: senza Cav si fa fatica (e non perché lo dice Scilipoti). La seconda: il Pdl cambierà sede, addio a Via dell'Umiltà. La terza: ora che il finanziamento pubblico sparirà, massimo impegno per coinvolgere gli imprenditori e raccogliere fondi. Addio "tricolore" - Le tre piccole certezze sono uscite dal vertice di mercoledì sera a Palazzo Grazioli. Vertice del quale ha parlato sempre Bonaiuti: "Ha segnato l'inizio di un dibattito sulla forma del partito: partito leggero, più aderente alle richieste della società che cambia oppure legato al territori? Si vedrà. Stiamo discutendo per arrivare ad una soluzione che tenga in considerazione tuttii pareri". Il partito cambierà, resta da capire come. Quello che intanto è già cambiato è il menù del vertice a Palazzo Grazioli. Tempo di spending review e vacche magre anche a casa Berlusconi. Dallo sfarzoso gelato tricolore, infatti, si è passati alla crostata di ciliegie. Nulla di epocale da un punto di vista del risparmio, qualcosa di ben più forte, invece, dal punto di vista simbolico: quelle palline di gelato al fior di latte (bianco), alla fragola (rosso) e al pistacchio (verde) erano adorate dall'ex presidente Usa George W. Bush. Il cambiamento - I presidenti passano, i gelati si sciolgono e lasciano campo libero alla bucolica crostatina. Ma sono altre le novità, o meglio le pietanze, che marcano la differenza dei tempi. La spending review ha snellito il menu tricolore (già, perché di tricolore non c'è solo il gelato), una carta scelta da Berlusconi in persona sin dal 1994 e che, da allora, non era mai stata cambiata (a realizzarla il cuoco personale, Michele Persechini). Al vertice, il menù è stato proposto in una versione light: scordatevi l'antipasto, si passa direttamente a un primo caprese, pasta fredda con mozzrellina, basilico e pomodoro. Seconda portata un piatto di carne, fettine di roast-beef e verdure a corredo. Infine la già citata ciliegia. Una vera e propria rivoluzione rispetto al menù tricolore che fece il suo debutto a palazzo Chigi 19 anni fa. Già, il Pdl sta per cambiare. Dalle basi.

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