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Pansa: Basta con i processi al Cav. I forcaioli sono dei pazzi

Giampaolo Pansa

Da 20 anni le toghe dimostrano ostilità a Silvio, mentre Pd, Sel e Grillo discutono solo ora dell'ineleggibilità (invece di appoggiare gli sforzi dell'esecutivo)

Andrea Tempestini
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È diventato assurdo l'accanimento contro Silvio Berlusconi che distingue ancora una volta tanti politici, qualche giornale importante e una parte dell'opinione pubblica. La questione affanna molti italiani e non da oggi, bensì dalla fine degli anni Ottanta. Quando il Cavaliere tentò di ampliare il proprio impero editoriale conquistando l'impero avversario, il gruppo Espresso-Repubblica. In quel momento anch'io mi schierai contro il Berlusca. Con Gianni Rocca, ero il vice di Eugenio Scalfari e mi sentivo minacciato dalla guerra di Segrate scatenata dal Cav. Da quell'epoca è trascorso quasi un quarto di secolo, il mondo è cambiato, l'Italia sta ai piedi di Gesù Cristo, siamo diventati in fretta un Paese povero e schiacciato da difficoltà pesanti. Eppure una quantità di gente, a cominciare da una quota della Casta politica e intellettuale, continua a pensare che il primo dei nostri problemi sia la permanenza del Cavaliere sulla scena politica. È eleggibile oppure no? Può essere sfrattato dalla vita pubblica con qualche norma di legge o da una sentenza dei tanti tribunali che lo tengono sotto tiro?  La questione risulterebbe ridicola se non fosse tragica. La tragedia è rivelata da due fatti sotto gli occhi di tutti. Il primo è l'evidente ostilità di molti magistrati nei confronti dell'imputato Berlusconi. In questo caso il problema non è più quello delle toghe rosse, invece che bianche o azzurre. La faccenda è assai più semplice. Il Cavaliere è diventato il bersaglio obbligato di uno dei poteri dello Stato. La missione che la casta in toga si è data è di ucciderlo, almeno nell'immagine. Qualche volta penso che se un giudice arrivasse alla conclusione che Berlusconi deve essere assolto, lo condannerebbe lo stesso per non incappare nella disapprovazione astiosa della propria consorteria. Il secondo fatto è l'inspiegabile determinazione che molti politici mettono nel dare la caccia a Berlusconi, sperando di gettarlo fuori dal ring grazie alla sanzione di non essere eleggibile o alla cancellazione dei suoi diritti civili. La speranza di mandare al tappeto per sempre il leader del centrodestra viene alimentata di continuo con l'affermata necessità di regolare i conflitti d'interesse. E nel caso del Cav il conflitto sarebbe tra il possesso di un impero televisivo e la sua discesa in politica.  Il paradosso e, insieme, il pretesto sono evidenti. Berlusconi è diventato un leader politico vent'anni fa, alla fine del 1993. Quando era già un magnate della tivù. Era un fatto noto a tutti, a cominciare dai capi dell'opposizione di sinistra, come Enrico Berlinguer, che andavano a Canale 5 per le interviste e i dibattiti della campagna elettorale. Mi rammento, per averlo visto di persona, il siparietto fra il leader comunista e il Cavaliere che gli mostrava in una sfilza di televisori le scenografie di una commedia musicale. Silvio le presentò all'attonito re Enrico con parole indimenticabili: «E adesso godiamoci un po' di gnocche!».  Dal 1994 in poi, Berlusconi ha partecipato a tutte le campagne elettorali che si sono tenute in Italia, sino a quella del febbraio di quest'anno. Qualche volta le ha vinte, conquistando Palazzo Chigi, altre volte le ha perse. Ma è sempre stato eletto in Parlamento. E allora è inevitabile una domanda: proprio adesso il Partito democratico, la Sel di Nichi Vendola e le Cinque stelle di Beppe Grillo si accorgono che il Cav è un'anomalia che va cancellata, sia dalla Camera che dal Senato?  Ho scritto «proprio adesso» per sottolineare l'assurdità di certe iniziative nell'anno 2013, uno dei più neri nella storia della nostra repubblica. Il mondo ci crolla addosso. Gli italiani diventano poveri. I giovani non trovano lavoro, anche perché in molti casi non vogliono trovarlo. Non si capisce se le banche siano solide e i nostri risparmi al sicuro. Qualche ufficio studi prevede che fra sei mesi lo Stato dovrà dichiarare bancarotta. E con questi chiari di luna dovremmo occuparci della eleggibilità di Berlusconi! Posso rivelare ai lettori del Bestiario il mio stato d'animo attuale? Non m'importa nulla dei processi a Berlusconi e delle sentenze che verranno decise. Quando vedo su un giornale un articolo sulle traversie giudiziarie del Cavaliere non lo leggo più. E molti amici confessano di reagire nel mio stesso modo. Scarto subito i fondi giacobini che Ezio Mauro incide sulla prima pagina della sua Repubblica. Lo stesso faccio con le arringhe difensive delle amazzoni del Cavaliere, come l'ardente Daniela Santanchè e la battagliera deputata Michaela Biancofiore che intende chiedere alla Corte di giustizia europea di prendersi cura del povero Silvio.  Oso dire che anche il grido di guerra lanciato da Maurizio Gasparri, politico che stimo, mi lascia indifferente. Amici del Pdl, volete dimettervi tutti dal Parlamento nel caso che il Cav venga privato del diritto di fasi eleggere? Ok, regolatevi come vi pare, ce ne faremo una ragione. Guardatevi piuttosto dall'ira dei vostri elettori che vedrebbero il loro consenso buttato nel guardaroba dei cani, immagine usata in Piemonte per indicare la spazzatura.   Lo stesso vale per tutte le iniziative anti-Cav dei democratici, a partire dal loro leader pro tempore, Guglielmo Epifani, costretto dalle circostanze a fare la faccia feroce. E vorrei dire ai capi del Pd: pensate piuttosto a non sbranarvi a vicenda, perché anche le vostre guerre interne ci danno la nausea. E servono soltanto a rendervi indigeribili persino ai più tenaci dei vostri elettori.  Oggi l'unico obiettivo di partiti che non vogliano comportarsi da irresponsabili dovrebbe essere quello di difendere il governo Letta-Alfano. Non soltanto per rendere onore al coraggio del premier e del vice premier, ma per consentire all'esecutivo delle larghe intese di fare con tranquillità il lavoro che il Parlamento gli ha affidato. Qualunque italiano di buon senso, e attento al proprio onesto interesse, sa che non esiste nessun'altra barriera in grado di difenderci dal caos in agguato. E invece che cosa accade?  Accade che neppure quando siamo tutti ai piedi di Gesù Cristo, molti non sanno tenere a freno la voglia matta di farsi del male. La lista dei nemici del governo di servizio voluto da un capo dello Stato come Giorgio Napolitano, un galantuomo che dovremmo fare santo subito, si allunga ogni giorno, per ultima la Cgil. Letta e Alfano sono diventati dei san Sebastiano bersagliati da un numero sconvolgente di arcieri che scoccano frecce avvelenate, tutta gente che lavora per farli cadere. Le accuse sparate contro Palazzo Chigi sono le più assurde. Il governo non decide. Non ci fa uscire dalla crisi. Non abbassa le tasse. Non dà lavoro ai giovani. Non rifiuta l'euro. Non abolisce subito l'Imu e non cancella per l'eternità l'aumento dell'Iva. Non trova il petrolio in piazza del Duomo, non decide la settimana di sei domeniche, non raddrizza gli storpi, non restituisce la vista ai ciechi e l'udito ai sordi.  È disperante l'Italia che emerge in questo orribile 2013. Siamo diventati i campioni mondiali di tutti i vizi delle nazioni, impotenti a battersi per la propria salvezza. Offriamo al mondo il profilo indecente di un Paese lagnoso, pessimista, in preda al terrore per il proprio futuro. Ma così non avremo altra sorte che darci la morte da soli. Anche se fare il boia e al tempo stesso l'impiccato non si rivelerà semplice. di Giampaolo Pansa

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