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Senato, no al taglio del 25% degli stipendi dei manager pubblici

Il Senato boccia il taglio del 25% allo stipendio dei dirigenti delle società statali. L'irritazione del governo: "Un passo necessario, perso un'occasione"

Ignazio Stagno
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Al Senato la forbice non fuziona. I tagli non si fanno. I senatori hanno infatti bloccato la sforbiciata del 25% alle retribuzioni per i manager delle società pubbliche. Un provvedimento, questo, voluto con forza dal governo che lo aveva inserito nel "decreto Fare". Ma a palazzo Madama le buone intenzioni di Letta hanno sbattutto contro il muro del voto. Il taglio prevedeva una riduzione del 25% degli stipendi per i super manager delle società pubbliche quotate in borsa (Eni, Enel, Finmeccanica, Poste). Il Senato dice no - A fermare l'emendamento voluto dal governo sono state le commissioni Bilancio e Affari costituzionali del Senato, che hanno approvato con larga maggioranza la cancellazione delle modifiche introdotte durante il passaggio del provvedimento alla Camera. Così l'esecutivo in questa fase deve "registrare" l'esito del voto negativo dell Commisisoni e provare ad inserire il provvedimento in un altro pacchetto normativo. Da palazzo Chigi arriva la rabbia del governo. La rabbia del governo - A esprimere il disappunto è Pier Paolo Baretta (Pd), sottosegretario all'Economia, secondo il quale "lo stop del Senato alle nuove norme sul tetto ai compensi dei manager delle società pubbliche è un'occasione persa". "Il voto delle commissioni - ha aggiunto Baretta - ha precluso l'emendamento del governo che riduceva gli emolumenti dei manager pubblici". Un concetto ribadito dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini: "Il governo non può rinunciare al taglio del 25% agli stipendi dei manager delle società pubbliche quotate e non quotate che emettono titoli". Insomma per il momento le tasche dei top manager sono salve. Letta vuole evitare un braccio di ferro col Parlamento in un momento così delicato per l'esecutivo e per la maggioranza. Ma lo stop in commissione è un duro colpo per il premier. Tagliare le retribuzioni non è semplice. E la strada ora è tutta in salita. (I.S.)

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