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Quella lampo che assolve Alfanoe condanna il dissidente kazako

L'ucraina Olena Tyshschenko, legale e amante di  Ablyazov

Ablyazov, da Garibaldi di Astana a donnaiolo. Quando infangava Angelino passava per martire. Ora invece viene dipinto come un riccastro fedifrago

Andrea Tempestini
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C'è un dissidente scomparso nelle cronache della grande stampa italiana. Eppure per un paio di settimane sul suo nome è grandinata incessabile indignazione. Sì, ci riferiamo a Mukhtar Ablyazov, il kazako sul cui nome un mese fa quasi saltava in aria il governo italiano. Lui a dire il vero non è scomparso affatto, anzi. È imprigionato in Francia in attesa di estradizione in Ucraina o in Russia. Latitante anche dalla Gran Bretagna dall'anno scorso, quando la giustizia di Sua Maestà lo ha condannato a 22 mesi di carcere, era riuscito a fare perdere di sé quasi ogni traccia e a sfuggire alle polizie di mezzo mondo. Lo ha fregato invece la cerniera lampo di un abitino indossato da una biondona ucraina, l'avvocatessa Olena Tyshenko. Il desiderio di sfilare quella lampo due weekend di fila ha portato sulle sue tracce gli investigatori privati che lo stavano cercando da tempo. E sono scattate le manette.  Indignati speciali - No, Ablyazov non è scomparso, perché la notizia era troppo gustosa e giustamente ha avuto spazio nelle cronache degli ultimi giorni. È scomparso il «dissidente». Perfino gli indignati speciali in servizio permanente effettivo, che sul caso della moglie di Ablyazov (Alma Shalabayeva) volevano infilzare e rosolare il ministro dell'Interno Angelino Alfano, si sono improvvisamente dimenticati di fronte a quella cerniera lampo quel santino dell'oppositore al feroce dittatore kazako che per settimane avevano disegnato. Oggi lo chiamano più semplicemente «l'oligarca». Eppure Ablyazov non ha improvvisamente cambiato bandiera politica: se dissidente prima era, non sono certo due notti di passione con una biondona che non è sua moglie ad averne cambiato lo status. Eppure la notizia dell'amante ucraina dell'ex banchiere kazako inseguito da tre mandati di cattura dell'Interpol, dovrebbe confortare chi era tanto preoccupato della condizione di Alma, la legittima consorte, dopo l'espulsione dall'Italia. Se mai il regime kazako aveva immaginato di avere uno strumento formidabile di pressione su Ablyazov riportando in patria Alma Shalabayeva, ora è chiaro che quell'arma è assai spuntata. Ora che è diventato di pubblico dominio come la separazione forzata fra i coniugi non avesse intristito più di tanto l'ex banchiere, chissà se Ablyazov si augura che venga restituita la libertà di espatrio (con mattarello in valigia) alla legittima moglie. Quella notte passata insieme - L'avvocatessa ucraina Olena -ex moglie di un socio e amico di Ablyazov- è stata pedinata e seguita il 23 e il 30 luglio in due delle tre meravigliose ville che il kazako aveva affittato in Costa Azzurra. La prima volta lo aveva incontrato a tarda sera, lei ha dormito nella sua stanza, lui è stato fotografato mentre in boxer usciva in terrazzo ad innaffiare le piante. La seconda volta lei è arrivata di giorno, sono stati fotografati ancora insieme, e quando lei è partita è scattato il blitz in villa delle forze speciali francesi travestiti da giardinieri per circondare il parco tagliando ogni possibile via di fuga al banchiere kazako. Grazie a quel blitz è venuta fuori una seconda verità in grado di fugare i dubbi anche sulla parte italiana della vicenda: Ablyazov era in possesso come la moglie di un passaporto diplomatico della Repubblica centroafricana con false generalità. Ed è emerso finalmente in modo ufficiale che quel passaporto -come quello della moglie- erano del tutto falsi. Lo ha attestato per scritto il ministro degli Esteri della stessa Repubblica centroafricana. La cerniera - Grazie a quella cerniera lampo dell'abitino dell'affascinante ucraina quindi si può riscrivere gran parte della storia dell'espulsione di Alma Shalabayeva dall'Italia. Il blitz di quella notte di maggio a Casal Palocco a Roma sarà stato un po' brusco, ma del tutto simile a quello utilizzato dalle forze speciali francesi nei confronti del marito. L'unico documento mostrato dalla signora alle autorità italiane dunque non solo conteneva generalità false, ma era pure falso in sé: un passaporto diplomatico mai rilasciato dalla Repubblica centroafricana. L'espulsione immediata della signora in queste condizioni era dunque prevista dalla legge italiana. Quella della bambina che era con lei (e che tanto ha scandalizzato gli indignati speciali) non era invece stata decisa dalle autorità, ma dalla stessa madre che ne ha chiesto l'affido opponendosi a una decisione diversa della giustizia italiana. di Fosca Bincher

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