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La base fomenta i democratici:alla fine il Pd (per salvarsi)dovrà far fuori Berlusconi

Epifani e Renzi

Andrea Tempestini
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I fischi, le urla e perfino i gavettoni di acqua a Luciano Violante hanno ottenuto il loro effetto: non  c'è più un esponente del Pd in tutta Italia che oggi sia disposto non ad aprire una fessura, ma nemmeno a dare un minimo di tempo prima di portare via lo scalpo a Silvio Berlusconi. Ha colpito tutti il trattamento Violante. Tutti hanno ascoltato la rabbiosa pancia del pubblico delle Feste del Pd, e nessuno ha più il coraggio di dire nemmeno «ma». Sul caso Berlusconi non c'è più un solo dissenziente nel partito guidato da Guglielmo Epifani, nessuna differenza fra falchi e colombe, fra giustizialisti di lungo corso e garantisti storici: bisogna avere quello scalpo, e subito.  Che ogni fessura sia ormai chiusa si è compreso bene leggendo ieri le parole del segretario dei socialisti (eletto nel Pd), Riccardo Nencini: «Crediamo che non ci sia altra strada che votare per la decadenza di Silvio Berlusconi da senatore».  Tombale. Urbano nei modi e nei toni, ma non diverso Vannino Chiti, senatore fra i più aperti verso il Pdl e più interessati alla sorte del governo guidato da Enrico Letta: «In Europa, se un leader è condannato, fa lui un passo indietro. La legge Severino parla chiaro: per   noi non ci sono elementi per contraddire una legge approvata da tutti   i partiti e già attuata nelle ultime elezioni». Stesso ritornello se ascolti quello che un tempo era il leader dei giovani turchi, Matteo Orfini: «In qualsiasi altro Paese al mondo,  un leader condannato con sentenza definitiva si sarebbe ritirato dalla  vita politica ben prima della conclusione dell'iter processuale». Possiamo aggiungere anche il mite Roberto Speranza, capogruppo del partito alla Camera: «Si tratta solo di prendere atto di una sentenza. Uno scambio per  violare la legge è irricevibile. Se qualcuno pensa al ricatto questo   sarebbe il terreno sbagliato».  L'elenco è infinito. Ma lo spartito è sempre lo stesso: detto con toni più o meno felpati, il Pd come un solo uomo chiede e voterà per avere lo scalpo del Cavaliere. Pur rendendosi conto che una carica di questo tipo è in grado di fare cadere subito il governo Letta. Perché? A fare la domanda ufficiale a chiunque di loro, non si ottiene una risposta di senso compiuto: «Legalità, rispetto delle sentenze», gli slogan che ognuno ripete alle agenzie durante queste giornate. Perché è necessario avere subito lo scalpo di Berlusconi anche a costo di fare cadere Letta? «Perché sono in gioco due vite», risponde un dirigente del partito un tempo vicino a Massimo D'Alema, poi a lungo collaboratore di Pier Luigi Bersani e dei suoi. Parla a patto di non apparire con nome e cognome. Accetto, perché l'interessante è capire, non avere chissà quale scoop. Sono in gioco due vite? «Sì, da una parte la vita parlamentare di Berlusconi e dall'altra l'esistenza stessa del Pd. Se per qualsiasi incidente o accidente si salva la prima, si condanna a morte il partito. Non c'è altra strada».  Capisco in giunta per le elezioni, dove siete in nove e i numeri sono ristretti. Ma poi nell'aula del Senato, con il voto segreto, è possibile che Berlusconi trovi lì la salvezza? «Qui non si può scherzare. Non ci sarà un senatore del Pd che boccerà nel segreto dell'urna la proposta di decadenza di Berlusconi. Sui questo sono pronto a mettere la mano sul fuoco». E il povero Letta? «Certo, lui è nella situazione più difficile. E lo sa bene. Ha incontrato Bersani e gli ha confidato di essere preoccupatissimo: sa che cadrà. A quel punto credo si salderanno molti interessi comuni  che ora sono inconfessabili. Perché votare subito risolve tanti problemi a destra e a sinistra». Chi vuole andare al voto? «Renzi, che non ne può più. Gran parte del Pd che così sposta le primarie dalla segreteria del partito alla premiership. Se si vota subito non c'è rischio che Renzi conquisti il Pd e decida poi lui le liste elettorali. Votare subito risolve i problemi a tutti». Non a Letta. «Vero, lui è il più fregato di tutti. Però a Davos ha intessuto rapporti. Magari scappa una soluzione internazionale anche per lui.  E poi comunque resta aperta la corsa alla segreteria Pd…». E Napolitano? Non si metterebbe di traverso? «Non si dimetterà mai dal Quirinale, ne sono certo. Però bisogna concedere a lui - e a Letta - almeno una cosa che possano portare a casa: la nuova legge elettorale. Tempi contati, ma bisogna farlo. Anche con un accordo, un decreto legge convertito dalle Camere già sciolte: l'abrogazione del Porcellum e il Mattarellum resuscitato. Il minimo essenziale da fare». Napolitano non proverà a fare un'altra maggioranza? «Guardi, il Pd non farà nulla contro Letta. Ma se arrivasse il Letta bis, lo strappo sarà inevitabile: gran parte di noi non lo vota. Non avrebbe i numeri di sicuro…». di Franco Bechis @FrancoBechis

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