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I "traditori" di tutti i partiti: lo scacchiere al Senato

Domenico Scilipoti

Indizi e nomi: ecco chi dopo sei mesi di legislatura potrebbe cambiare casacca in vista di nuove maggioranze

Nicoletta Orlandi Posti
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"In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà", disse Gesù mentre era a mensa con i suoi discepoli durante l'Ultima Cena ben sapendo chi sarebbe stato. Silvio Berlusconi non è certamente il Messia, ma anche lui ha il sospetto che a Palazzo Madama potrebbe andare in scena l'abiura. Forse non sa chi gli pronuncerà il fatidico "sì" alla decandenza, ma qualche idea se la sarà pur fatta se è vero che gli indizi per individuare "i giuda" che sono pronti a cambiare casacca ci sono. Indizi che oggi la Stampa riporta in maniera molto dettagliata per il Pdl, ma anche per tutti gli altri partiti.  Centro-destra - Si parte dagli azzurri con il cossighiano Paolo Naccarato che è stato tra i primi a parlare di nuove maggioranze e infatti è il recordman dei voti ribelli: pur essendo a Palazzo Madama soltanto da maggio, il senatore calabrese si è già espresso per ben 233 volte in modo diverso da quello del suo gruppo, Grandi Autonomie e Libertà. Sul podio gli fa compagnia il collega Giulio Tremonti, altro sospettato di poter dare il suo sostegno a Letta (nonostante le smentite del diretto interessato): 86 voti ribelli secondo i dati di Openpolis. Ma al secondo posto (93 voti) c'è il re dei Responsabili, quel Domenico Scilipoti che già si era immolato nel 2010 per sostenere Berlusconi, lasciandosi alle spalle l'Italia dei Valori.   Cinque stelle - Il vento dei sospetti però, come riporta la Stampa, soffia ormai da tempo anche tra i grillini. La più "dissidente" è la senatrice Serenella Fucksia (37 voti contrari), che si era opposta in tutti i modi alla cacciata della collega Adele Gambaro. Dietro di lei Gianluca Castaldi (per 29 volte ribelle), che il giorno dell'elezione di Pietro Grasso – non sapendo se disubbidire alla propria coscienza o a Beppe Grillo – si rifiutò di votare e si rifugiò in un pianto a dirotto. E subito dopo arrivano Francesco Campanella (26 volte) e Francesco Molinari (21 volte), quelli che più volte si sono mostrati in contrasto con la linea di Grillo.  Democratici - Nel Pd, sottolinea la Stampa, i voti contrari alle indicazioni che arrivano dall'alto sono molto pochi per i voti palesi, ma non quando si tratta di esprimersi nel segreto dell'urna: il caso Prodi e i 101 franchi tiratori insegnano. I più dissidenti sono Pippo Civati che alla fine ha votato solo 15 volte in contrasto con il suo partito, il lettiano Franceco Boccia (17 volte) e l'ex popolare Beppe Fioroni (31 voti contrari). Anche la tanto cercata (e raramente trovata) compattezza di Scelta Civica si sbriciola spulciando i voti dei suoi componenti: Pier Ferdinando Casini, per esempio, ha votato per 24 volte contro le indicazioni del suo gruppo, stesso numero per il presidente dell'Udc Rocco Buttiglione. 

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