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Pdl, Alfano guida la fronda, tra conta dei ribelli e sogni di un nuovo partito

Giulio Bucchi
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Venti pidiellini delusi sarebbero disposti a sbaraccare, voltare le spalle a Berlusconi e sostenere il Letta-bis, magari con la prospettiva di confluire poi nel nuovo movimento di centrodestra, i Popolari italiani. L'indiscrezione dell'agenzia di stampa Reuters conferma in realtà quanto già circola in ambienti Pdl da qualche ora. Ne aveva parlato, al Corriere, anche Giorgio Stracquadanio. Argomento, quello dei "ribelli azzurri", caldissimo nel giorno in cui il Cavaliere incontra Alfano e lo stato maggiore del partito, per capire fino a che punto la sua creatura è spaccata. "20 del Pdl stanno con Letta" - "Non scambiate il dissenso dei ministri per una ribellione", ammonisce Marcello Sorgi su La Stampa. Riguardo alla crisi di governo si tratterebbe, insomma, di un problema di forma più che di sostanza, di gestione del partito più che di linea. Un po' come sottolineava per primo Fabrizio Cicchitto. Tuttavia, i distinguo rispetto ai falchi non mancano nemmeno tra i parlamentari. Sorprendente in questo senso Andrea Augello, il senatore che doveva difendere il Cavaliere in Giunta con la sua relazione anti-decadenza: "Premesso che Letta ha commesso alcune sciocchezze - spiega al Corriere -, accelerando così la crisi... non è possibile gestire una crisi di governo così, mettendosi lì, a cena, in tre, quattro... Avrebbero dovuto convocare i capigruppo, chiamare Alfano...". "In queste ore - conclude amaro - abbiamo avuto la prova di quanti limiti abbia questo modello di partito", sintomo che il problema non è solo di forma. Pure l'ex socialista Maurizio Sacconi non l'ha mandata giù. Secondo lui il Pdl è vittima di una "deriva estremistica scatenata dai cattivi consiglieri di Berlusconi". C'è poi l'ormai noto Giuseppe Castiglione, capo della "fronda siciliana". Lui l'ha già detto: "Qui le elezioni non le vuole nessuno". E giù nomi di possibili filo-governisti, tutti siciliani: Gibbino, Torrisi, Pagano. Giorgio Stracquadanio già si sbilancia: "In lista ce ne sono una ventina. Si sta preparando una rete di sicurezza per il Letta-bis". Una ventina di delusi Pdl: sufficienti a garantire la sopravvivenza all'esecutivo, ma soprattutto a suggerire la fuoriuscita dal partito. Magari in direzione di un Pdl2, come ieri qualcuno aveva suggerito mettendolo in bocca a Quagliariello (che però ha negato categoricamente). Piuttosto, il partito dei Popolari italiani cui stanno lavorando da mesi i montiani e Mario Mauro. Ex Pdl pure lui, e non è un caso. I ministri in disaccordo - "Bisogna essere seri. E noi siamo leali, non fedeli". A dirlo, al Corriere della Sera, è Maurizio Lupi, l'ormai ex ministro delle Infrastrutture del Pdl tra i più critici nel giudicare la deriva "oltranzista" del proprio partito. "Così non si fa il bene del Paese", spiega il ciellino di ferro commentando la decisione di Silvio Berlusconi di far dimettere i ministri azzurri decretando di fatto la crisi del governo Letta. "Io ho un bellissimo cane, Macchia - è la parabola lupiana -. Mi è fedelissimo, mi fa le feste, mi segue ovunque. Ma la lealtà è un'altra cosa: significa dirsi se qualcosa non sta andando". Già, ma dove può arrivare l'autocritica? Lupi nel partito non è solo, anzi. Due suoi colleghi ministri,Beatrice Lorenzin e Gaetano Quagliariello, sono stati i primi a uscire allo scoperto, con amarezza. "Mi sono dimessa per rispetto a chi mi ha voluto proporre come ministro, ma in questa Forza Italia di estremisti non entro", ha ammesso. "Io non mi sono ancora dimesso, non ho avuto tempo", aggiunge un ironico Quagliariello, anche lui con un piede fuori dal futuro partito.  Alfano: "Diversamente berlusconiano" - Ma a far rumore più di tutti era stato, domenica sera, il segretario Angelino Alfano. Sabato aveva prontamente (sia pur forzatamente) obbedito al diktat del Cavaliere dimettendosi dal governo Letta e facendosi seguire dagli altri ministri. Ma domenica ha così commentato: "No agli estremismi. La mia lealtà al presidente Berlusconi è longeva e a prova di bomba. La lealtà non è una malattia dalla quale si guarisce. Oggi lealtà mi impone di dire che non possono prevalere posizioni estremistiche estranee alla nostra storia, ai nostri valori e al comune sentire del nostro popolo. Se prevarranno quegli intendimenti, il sogno di una nuova Forza Italia non si avvererà". "So bene - continua Alfano - che quelle posizioni sono interpretate da nuovi berlusconiani ma, se sono quelli i nuovi berlusconiani, io sarò diversamente berlusconiano''. Un netto altolà al direttorio dei falchi, il duo Verdini-Santanchè  che, con un pressing selvaggio, ha convinto Berlusconi a staccare la spina.  di Claudio Brigliadori

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