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Silvio Berlusconi, i giudici nelle motivazioni del processo compravendita senatori: "Un corruttore, fece cadere Romano Prodi"

Andrea Tempestini
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Assedio giudiziario in vista delle elezioni, ultimo atto: "Berlusconi ha agito, pacificamente, come privato corruttore e non come parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni". Questo è quanto si legge nelle motivazioni della sentenza dei giudici della Corte d'Appello di Napoli dello scorso 20 aprile con cui è stata dichiarata la prescrizione del reato di corruzione nei confronti di Silvio Berlusconi e Valter Lavitola riguardo la presunta compravendita dei senatori che avrebbe poi contribuito alla caduta del governo Prodi. Berlusconi e Lavitola, in primo grado vennero condannati a tre anni". La vicenda, che vede l'ex premier Silvio Berlusconi nella veste di corruttore, il senatore Sergio De Gregorio in quella di corrotto e Valter Lavitola nel ruolo di intermediario, è stata ricostruita, spiegano i giudici della Seconda Corte di Appello di Napoli, sulla base delle dichiarazioni rese dal senatore Sergio De Gregorio, in mancanza "di un contributo degli imputati". E ancora, nelle carte si legge: "Berlusconi ha scelto di non fornire alcuna versione alternativa dei fatti idonea a smentire il narrato di De Gregorio né elementi che debbano essere presi in esame nel giudizio". Inoltre, si legge ancora nelle motivazioni, l'iniziativa di avvicinare De Gregorio e di proporgli l'accordo fu presa direttamente da Berlusconi che avrebbe utilizzato "la disastrosa situazione economica di De Gregorio (riferita da quest'ultimo a Berlusconi) per promettere di risolvergli ogni tipo di problema economico".

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