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Beatrice Lorenzin: "Un'alleanza col Pd non sarebbe uno scandalo"

Matteo Legnani
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Comunque vada a finire il piano di Romano Prodi per fregare il centrodestra, c' è un' area del Pd che è convinta di restare al governo. I Paolo Gentiloni, Marco Minniti, Dario Franceschini, Roberta Pinotti, con l' aggiunta di personaggi come Carlo Calenda, che non è nemmeno candidato per un seggio in Parlamento: renziani tiepidi in mancanza di meglio, mai convinti sino in fondo dall' ex sindaco di Firenze. Adesso che la segreteria vacilla, meno di prima. Sono una minoranza della terza coalizione elettorale, però vantano rapporti solidi con il Quirinale, che il giorno dopo il voto avrà un ruolo decisivo. Rimpiangono i bei tempi ulivisti del professore bolognese, hanno mantenuto il legame con quelli che se ne sono andati dalle parti di Pietro Grasso, ma per senso delle istituzioni (chiamiamolo così) non intendono privare il Paese della loro esperienza e avvertono la responsabilità di fare parte di qualunque governo reggerà l' Italia da aprile in poi. Sono buoni per tutti le stagioni. La formula - Se si insisterà con l' attuale esecutivo perché non si troverà nessun' altra formula, non dovranno fare altro che restare dove sono. Se i numeri obbligheranno Matteo Renzi e Silvio Berlusconi a stringere un accordo, loro hanno in mano le carte per farne parte. E se invece la prossima legislatura ruoterà attorno ai Cinque Stelle e a un Pd "derenzizzato", alleati con Liberi e Uguali e altre frattaglie di sinistra sotto la benedizione di Prodi, loro saranno gli elementi di continuità e garanzia nei confronti di un' Unione europea che vede i "populisti" pentastellati come i barbari alle porte. È quello che Gentiloni, in pellegrinaggio a Berlino, ha promesso nei giorni scorsi alla signora d' Europa, la cancelliera tedesca Angela Merkel: «L' Italia avrà un governo stabile, la coalizione di centro sinistra sarà il pilastro di questo governo. Non credo ci sia il rischio di governi populisti o anti-europei». Notare: il premier italiano non ha detto che ci sarà un governo di centro-sinistra, né ha escluso un' alleanza con altre forze. Ha assicurato, però, che lui e lo stato maggiore del suo partito sono pronti a fare la loro parte. S' intende: con chiunque ci sia da allearsi. Sono abitanti di un' isola felice, Gentiloni e gli altri imboscati. L' unica ipotesi che li vede tagliati fuori è quella di una vittoria del centrodestra, ampia al punto da assegnare a Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni la maggioranza in ambedue i rami del parlamento: scenario complesso. Il resto della sinistra non ha le loro garanzie e infatti già litiga su cosa fare a partire dal 5 marzo. Siccome nessuno crede a un' affermazione del Partito democratico e dei suoi alleati, tutti si stanno posizionando in vista delle future coalizioni e l' impressione è che la sinistra rischi presto di essere attraversata da una nuova divisione, quella tra chi ascolterà il probabile richiamo del Quirinale per un esecutivo di responsabilità e chi riproverà a mettere in piedi quel «governo di cambiamento» assieme ai grillini che Pier Luigi Bersani non riuscì a realizzare cinque anni fa. L'accordo - Ieri è stato il giorno di Emma Bonino e Beatrice Lorenzin. La diavola e l' acquasanta, divise su ogni questione etica, ma d' accordo sulla necessità delle larghe intese con il partito di Berlusconi. «Mi sembra che ci siano due governi possibili: uno europeista e uno nazionalista. Noi di + Europa appoggeremo un governo aperturista, federalista ed europeo e saremo all' opposizione del secondo», ha annunciato l' ex commissario Ue, che accusa il Pd avere un «europeismo troppo altalenante». Mentre il ministro della Salute e leader di Civica e Popolare ha fatto sapere di sperare in un Gentiloni bis, aggiungendo però che un' alleanza con Forza Italia, partito da cui lei proviene, «non sarebbe uno scandalo». Parole che hanno indignato metà sinistra, ma hanno anche avuto il merito di portare un po' di chiarezza in un dibattito nel quale tutti giocano a carte coperte. Leggi anche: Sondaggi, la "forbice" Bonino-Lorenzin devasta Matteo Renzi Prodi, intanto, dopo aver fatto dichiarazione di voto in favore della lista Insieme, alleata del Pd, sta seduto sulla riva del fiume e aspetta. «Non faccio politica e non ho un ruolo. Ho fatto una piccola parentesi, adesso ritorno nei miei ranghi», promette. Però nessuno gli crede. di Fausto Carioti

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