Silvio Berlusconi intervistato da Senaldi: "I tre motivi per cui dovete votare me"
Da dopo Natale va in tv tutti i giorni: cosa pensa che sia rimasto in testa agli elettori di tutte le parole dette? «Mi auguro almeno un concetto importante: che è nel loro preciso interesse, anche di chi con buoni motivi è deluso dalla politica, andare a votare e votare per noi, perché siamo i soli a presentare proposte concrete che riguardano la loro vita. È interesse di tutti gli italiani, quali che siano le loro idee politiche, pagare meno tasse grazie alla flat tax, e chiudere il contenzioso con il fisco se per caso ne hanno uno: sono 21 milioni in Italia. Credo che tutti gli italiani, di qualsiasi opinione politica, desiderino essere liberi di usare come vogliono il denaro legittimamente guadagnato: siamo gli unici a liberalizzare l' uso del contante per qualsiasi cifra. Inoltre è interesse di tutti i pensionati votare per l' aumento delle pensioni a 1.000 euro al mese per tutti, anche per le casalinghe, è interesse di chi guadagna poco votare per il reddito di dignità, che integrerà i guadagni delle famiglie in difficoltà, è interesse dei giovani che cercano lavoro la defiscalizzazione dei contratti per i primi sei anni. È interesse di tutti quelli che hanno paura il blocco dell' immigrazione, l' espulsione di 600mila clandestini, l' aumento di 1/3 degli effettivi delle Forze dell' Ordine. Sono tutti interessi legittimi, al di là delle ideologie, che solo noi difendiamo. Solo se avremo la maggioranza in Parlamento potremo realizzarli. Per questo il solo voto utile è il voto per noi». È alla settima campagna elettorale: la prima è ricordata per il milione di posti di lavoro, quella del 2001 per il contratto con gli italiani, l' ultima per la spazzolata alla sedia di Travaglio: questa per cosa sarà ricordata? «Perché salveremo l' Italia dai grillini, cioè dal peggiore pericolo che il nostro Paese ha corso dal 1994. Dal pauperismo, dal ribellismo, dal giustizialismo, dall' odio sociale, da una crisi che isolerebbe il nostro Paese e lo farebbe precipitare in una nuova recessione». Tutti i partiti, e anche Forza Italia, sono accusati di fare promesse che non possono mantenere: lei dove pensa di trovare i soldi per onorare le sue? «Le mie promesse, o meglio i miei impegni, a regime si finanziano da soli, perché i tagli alle tasse faranno ripartire la crescita e quindi anche il gettito fiscale. È quello che è accaduto in tutti i Paesi che hanno seguito questa politica, dall' America di Kennedy e poi di Reagan fino all' esempio recentissimo dell' Irlanda, da Hong Kong alla Federazione Russa. Nell' immediato, le coperture verranno dalla riforma delle deduzioni e delle detrazioni, e dalla regolarizzazione di gran parte del sommerso, che la flat tax rende molto conveniente». Qual è la promessa non mantenuta che le pesa di più: perché gli elettori dovrebbero darle fiducia per la settima volta? «Non aver realizzato prima la flat tax, per colpa di inaffidabili alleati e di qualche ministro che ha giocato una partita personale. Ma in questi anni abbiamo fatto tante cose importanti per l' Italia: un elettore che confronti come si stava nel 2011, quando ci hanno cacciato dal Governo, e come si sta oggi, non dovrebbe avere dubbi. Eravamo nel pieno della peggiore crisi mondiale del dopoguerra, ma avevamo meno tasse di oggi, meno debiti di oggi, meno disoccupazione di oggi». La crescita del Pil all' 1,6% è un successo o un' occasione persa vista la ripresa mondiale? E a quanto pensa di portarla con la flat tax e gli altri stimoli all' economia? «Come si fa a definirla un successo quando cresciamo molto meno della media europea, e molto meno di quanto gli economisti ritengono necessario per creare nuova occupazione? In realtà, stiamo perdendo terreno rispetto ai nostri partner europei. Noi abbiamo stimato che con le nostre politiche di stimolo possiamo arrivare ad una crescita del 3% annuo. Questo ovviamente cambierà tutto, anche dal punto di vista dell' occupazione». Il reddito di cittadinanza grillino è assistenzialismo. E il suo reddito di dignità? «No, è una misura di emergenza, che responsabilizza chi la riceve. È ispirata al pensiero del premio Nobel per l' Economia Milton Friedman, forse il maggiore nemico dei sistemi assistenziali nella storia delle dottrine economiche. Come potrebbe essere assistenzialismo? A differenza dei grillini, noi non offriamo a chi ha fame semplicemente un pesce, offriamo la canna da pesca e la possibilità di imparare a pescare. Vogliamo far sì che tutti quelli che oggi non raggiungono una soglia minima per vivere dignitosamente possano essere in grado di migliorare la propria condizione fino a poter fare da soli. Il nostro è un approccio liberale, non assistenzialista». Lei ha incontrato ripetutamente leader della Ue e del Ppe: cosa vi siete detti e come è riuscito a ricucire dopo il 2011? «Non ho dovuto ricucire nulla, perché nulla si era lacerato. Ho spiegato il nostro progetto serio, responsabile, basato sulla competenza e la concretezza, per far uscire l' Italia dalla crisi e far ripartire la crescita, sulla base delle nostre idee cristiane e liberali che sono quelle del Partito Popolare Europeo. In Europa sanno che l' alternativa è fra noi e il devastante pericolo grillino. Ovviamente fanno il tifo per noi». Nella storia esistono i declini di civiltà, Paesi, popoli, e spesso c' è poco da fare: l' Italia è in declino irreversibile? «Dipende da noi. Ci sono alcune visioni della storia, per esempio lo storicismo marxista, nelle quali i processi storici sono irreversibili, guidati da grandi leggi generali. Così facendo i marxisti hanno sbagliato tutte le analisi e le previsioni. E poi c' è la nostra visione liberale, nella quale ogni persona e ogni collettività è artefice del suo destino. La sfida che mi appassiona di più nella vita è restituire un futuro e una speranza al Paese che amo». Se non lo è, perché le nostre aziende, i nostri migliori giovani e i figli della nostra classe dirigente vanno all' estero? «Beh, è evidente, perché oggi l' Italia non è un Paese attrattivo per il sistema delle imprese. La tassazione elevatissima prima di tutto, e poi i vincoli burocratici, la carenza di infrastrutture, il malfunzionamento della giustizia, sono tutte le condizioni di contesto che rendono quasi un eroe chi continua a fare impresa in Italia. E naturalmente se l' Italia non attrae capitali e investimenti, anzi li fa fuggire, non c' è futuro e i giovani che possono, vanno a cercarlo da qualche altra parte. Tutto questo però non è una condizione immutabile, un destino funesto per il nostro Paese. Si può cambiare e la nostra scommessa è proprio quella di riuscire a cambiarlo. Io voglio fra cinque anni un Paese che attragga cervelli e investimenti, invece di farli fuggire. Su questo si misurerà il successo della nostra politica». Mi indichi un risultato, per Forza Italia e per il centro-destra, raggiunto il quale può dire di aver vinto e sotto il quale bisognerà invece ammettere la sconfitta? «Semplicemente, avremo vinto se gli italiani ci daranno i numeri per governare. Siamo l' unico schieramento che ci può riuscire, e tutti i segnali ci dicono che ce la faremo. Se non ci riuscissimo avremmo un parlamento ingovernabile, la paralisi, e un ritorno alle urne pieno di incognite. Siccome non credo che gli italiani vogliano questo, penso che molti si renderanno conto che l' unico voto utile è quello per noi». Mi sembra che sia Salvini che la Meloni abbiano detto un nì a Tajani premier: la accendiamo, come direbbe Gerry Scotti? «A me invece sembra che abbiano detto che va benissimo l' indicazione del partito che avrà più voti. Come noi sosterremmo lealmente un candidato leghista se la Lega fosse il primo partito, sono certo che la Lega e Fratelli d' Italia sosterranno lealmente il candidato premier proposto al Capo dello Stato da Forza Italia a nome di tutta la coalizione. A questo proposito voglio annunciare che Tajani ha sciolto le riserve e si è dichiarato disponibile ad accettare l' incarico qualora gli venisse richiesto. Così si fa fra alleati e fra persone serie, e Salvini e Meloni indubbiamente lo sono. Tajani poi riscuote una stima incondizionata ovunque, e nessuno potrebbe avere delle riserve su di lui». Tajani avrebbe anche il pregio di essere sostituibile - da lei - nel caso il nuovo Governo cambiasse la Severino o da Bruxelles arrivasse la sentenza che la riabilita? «Guardi che io non ho davvero ambizioni personali da soddisfare. Ho avuto il privilegio di rappresentare per 10 anni il mio Paese nel mondo. Sono l' unica persona nella storia ad avere presieduto per tre volte il G8. A cosa potrei aspirare di più?». È favorevole a tornare al voto in caso di impasse, e che legge elettorale sponsorizzerebbe prima del nuovo voto? «Non è questione di essere favorevole. Semplicemente non vedo altra strada, e non vedo neppure le condizioni per cambiare una legge elettorale che rappresenta un faticoso punto di equilibrio fra le forze politiche. E poi cambiarla come? Riproponendo un premio di maggioranza già dichiarato incostituzionale? Qualunque altra formula non risolverebbe il problema della governabilità meglio di come lo faccia la legge attuale. Proprio per questo sono sicuro che gli italiani saranno saggi, e capiranno che lo stallo è inutile e contro il loro interesse. L' unico modo per evitarlo è il voto utile a noi. Parafrasando Nenni, "o Forza Italia o il caos". Perché teme i grillini più del Pd? «Perché i grillini hanno i contenuti della peggiore sinistra e una struttura da setta, non da partito politico, che è inquietante. Rispondono senza esitare ai disegni di un vecchio comico e del suo socio, uno strano professionista della comunicazione. Poiché vivono di politica, non avendo mai fatto nulla nella vita, sono pronti a fare qualsiasi cosa dicano i loro capi pur di mantenere la poltrona. Come i comunisti nelle vecchie vignette di Guareschi, intitolate "contrordine compagni" sono pronti a sostenere gli ordini più assurdi e il giorno dopo il loro contrario, secondo quanto deciso allora al Cremlino o alle Botteghe Oscure, oggi nel villone di Grillo a Genova o agli uffici di Milano della Casaleggio associati. Privi di esperienza e di competenza, ma infarciti di idee pauperiste, complottiste, giustizialiste, devasterebbero l' economia italiana con una tassazione insostenibile sulla casa e sui patrimoni, facendo fuggire i capitali, distruggendo posti di lavoro, isolando l' Italia dall' Europa, provocando tensioni sociali violente. Renzi invece, che non ha mai avuto in questa campagna elettorale nessuna chance di vincere, ha svuotato il suo partito delle radici comuniste, e questo è un bene, ma gli è rimasta in mano solo una scatola vuota di idee, di valori, di progetti, di risposte alle drammatiche sfide del 21° secolo. Semplicemente, un gruppo di potere teso ad affermare se stesso, che ovviamente ai cittadini non piace e non interessa». Mi convinca che non governerà con Renzi. «Mi dica lei perché dovrei farlo, non vedo nessun motivo, né nei numeri, né nelle idee, né nella convenienza per nessuno». Se fosse passato il referendum del 4 dicembre oggi il centro-destra sarebbe certo di governare e quindi il no è stato un errore o invece il Pd sarebbe ancora il primo partito e quindi il no è stato giusto? «Il mio giudizio sul referendum non cambia secondo le convenienze dei numeri. Quella riforma avrebbe consegnato poteri straordinari e non equilibrati ad una minoranza che avrebbe avuto in mano il Paese. Era cucita su misura per il Pd, ovviamente, ma anche se per caso avesse favorito noi, sarebbe stata ugualmente ingiusta. Io voglio tornare alla guida degli italiani con il loro consenso, non grazie a qualche astuzia costituzionale. Sono certo che ci riusciremo». di Pietro Senaldi