Matteo Salvini, perché il leader della Lega vincerà comunque e perché stare all'opposizione gli porterà più consensi
Le elezioni hanno dato uno sconfitto e due vincitori. Lo sconfitto è il Pd, sia nella versione di Renzi sia in quella degli ex che hanno lasciato il partito per naufragare con Grasso e D'Alema. Ad avere la meglio sono stati Cinquestelle e centrodestra, dove il leghista Salvini ride a 32 denti mentre il forzista Berlusconi esibisce un sorriso da paresi facciale. Nessuna delle due forze vincitrici lo è però al punto da poter governare, quindi da una settimana ormai è un diluvio di retroscena, ipotesi di esecutivi irrealistici, calcoli fatti senza l'oste, aperture spericolate a chi in campagna elettorale era additato ai propri elettori come un pericolo pubblico da scampare a ogni costo. Leggi anche: Il sondaggio sulla scrivania di Salvini: la Lega col Pd...? La situazione è così ingarbugliata che chi volta per primo la carta rischia di rovinarsi, e naturalmente nel gioco i due che hanno più da perdere sono M5S e Lega. Per orientarsi senza bussola conviene mettere da parte la fantasia e ricercare la semplicità. Il 23 marzo inizierà la procedura per l'elezione dei presidenti di Camera e Senato. C'è chi sostiene che Renzi punti allo scranno di Palazzo Madama, chi dice che Berlusconi vi insedierà Romani. Tesi ardite. A Di Maio e Salvini basterà guardarsi negli occhi tre secondi per spartirsi le due poltrone, non avranno neppure bisogno di parlarsi. Montecitorio andrà a un grillino, il Senato a un leghista. I due giovani capi non rinunceranno a dare questa manifestazione di forza, monito agli sconfitti, i quali, se aspirano a essere l'ago della bilancia, possono decidere da che parte stare ma non con che musica si balla. L'unica incognita è se Luigi e Matteo riserveranno a loro stessi le poltronissime, costruendosi una perfetta via d'uscita istituzionale per trasformare i veti che pendono su di loro per il ruolo di premier in una nobile rinuncia per alti motivi, o indicheranno due fidati e si terranno le mani più libere. Dopo le esperienze di Bertinotti, Fini, Grasso e Boldrini, le cariche hanno perso ogni parvenza e pretesa di terzietà e i due leader potrebbero continuare a guidare i rispettivi partiti senza destare scandalo. A questo punto, si aprirà la mano del governo. Nel frattempo, il Pd avrà sostituito Renzi e deciso da quale traghettatore farsi portare al naufragio definitivo. Di Maio tenterà di caricare a bordo i Dem come ruota di scorta ed è probabile che il nuovo segretario del partito subirà pressioni da gran parte dell'establishment per accettare l'ingrato ruolo di poggiapiedi di Cinquestelle. Se il Pd cederà, è fatta, si spaccherà e la parte che andrà con M5S si alfanizzerà e finirà inglobata. Qualora invece, come gli converrebbe, il Pd non bevesse l'amaro calice, la palla passerebbe a Salvini, capo della coalizione di centrodestra. E qui, il leader della Lega ha le idee piuttosto chiare. Egli non ha la smania né la necessità di governare che ha Di Maio, già all'ultimo suo mandato. Per lui è prioritario consolidare la leadership della coalizione. Ha una visione forte, a tratti rivoluzionaria, e vuole andare a Palazzo Chigi solo se sarà sicuro di poterlo realizzare. Il 10 aprile, come annunciato, Salvini presenterà il proprio programma economico e di governo - minibot, aliquota fiscale unica, rimpatrio dei clandestini, abolizione della legge Fornero, legge sulla legittima difesa e altro - e su questo chiederà i voti agli alleati e agli avversari. Se i grillini espulsi ci staranno e Berlusconi sarà riuscito a convincere Renzi a spaccare il Pd, compiere il passo definitivo per fondare un un partito moderno e macronista e quindi dare un sostegno esterno alla maggioranza di centrodestra, il governo potrebbe anche partire. Il Cavaliere ha tutto l'interesse a che l'operazione si compia, per ragioni aziendali e per aver il tempo di rappattumare i suoi uomini allo sbando. Se viceversa i numeri non ci saranno, la situazione tornerà a quella del 23 marzo, con entrambe le Camere controllate da Movimento Cinque Stelle e Lega, i quali hanno i numeri per fare ciò che vogliono. Un governo insieme è quasi impossibile, anche se avesse lo scopo unico di rifare la legge elettorale. Probabile invece che la coppia piloti il Paese verso elezioni anticipate per incassare un plebiscito, i Cinquestelle prosciugando ulteriormente il Pd, Salvini i voti di Forza Italia e di molti astenuti. Solo Renzi può evitare questo scenario, se capirà che per lui la partita dentro quel che resta della sinistra è persa. A Berlusconi converrebbe aprirgli gli occhi. di Pietro Senaldi