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Renato Farina, quelli che odiano la Lega

Gino Coala
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Giudicheremo il governo dai frutti. La nostra diffidenza - ha scritto ieri Feltri - è motivata dalla contraddittorietà dei programmi, e dalle cattive prove che hanno dato nella vita di (non ) lavoro e nelle città da loro amministrate i Cinque Stelle. Roba politica, constatazioni basate sulla pratica. Lecite tutte, da qualsiasi parte provengano, anche quelle più dure contro la parte della squadra di governo che ci suscita moderate speranze, e parliamo della Lega, ovvio. Tocca però gettare l' allarme qui su qualcosa di pericoloso e indegno: ed è la demolizione della persona di Matteo Salvini, da due giorni vice presidente del consiglio e ministro dell' Interno, ma che da circa 45 anni è un essere umano, e pur essendo un leghista sin da ragazzo, anche i preti dovrebbero riconoscergli il possesso di un' anima, anche se qualche volta estrae il rosario, e non si fa. Forse nemmeno a Silvio Berlusconi, che pure ne dovette sopportare di ogni genere, è stato riservato un trattamento così devastante, ma almeno aveva dalla sua qualche televisione e qualche foglio pronti a difenderlo. Leggi anche: Salvini, Putin e il fango di Soros: cosa si spinge a pubblicare Repubblica C' è qualcosa di selvaggiamente bolscevico nell' assalto allo scalpo di Matteo Salvini cui ci tocca assistere in questi giorni. Cercano di colpirlo non per il colore della pelle, non ancora, ma per il sudore della pelle, che è una forma di razzismo epidermica, d' accordo, ma schifosa. Grasso, sudato, ma sì. Questa descrizione ci ricorda la descrizione del cinghialone, il modo con cui nel 1992 prepararono il disgusto per la camicia fradicia di Craxi, sotto cui si intravedeva, oibò, la canottiera, causa il gocciolare del corpaccione. Stesso schema applicato ieri a Salvini. Descritto, per suscitare ribrezzo con la tecnica pulp di Tarantino, da Giampaolo Pansa sulla Verità. Il quale deduce dalle secrezioni corporali dell'«ingrugnato» soggetto, secondo l' antica lezione del suo corregionale Lombroso, una coazione genetica a fare del male da parte del leader del Carroccio. Da qui l' invito al mite Di Maio di sopprimerlo applicando la legittima difesa preventiva. Ci dispiace che sia Pansa a esibire queste pericolose scemenze, perché è un grande e abbiamo imparato tanto da lui: ci ricordiamo pagine memorabili sulle persecuzioni delle Volanti rosse. Qui a volare basso è lui. Non è più di sinistra, ma un po' sinistro lo è rimasto pur nel suo trasferimento in altri lidi. Scrive Pansa che, oltre a produrre molta acqua, orrore, «il capo leghista mostra un altro difetto: non sorride mai». Quello che eleva l' osservazione, apparentemente banale, al rango di una fucilazione mentale e verbale sono i paragoni che Pansa non ha ritegno di proporre. «Soltanto i leader autoritari hanno l' aria di chi è incazzato con il mondo. Adolf Hitler non sorrideva mai. Benito Mussolini si abbandonava al buonumore soltanto a ogni morte di papa. Giuseppe Stalin era sempre scuro in volto, e persino la sua famosa pipa sembrava uno strumento di tortura da affidare al Kgb». IL GRANDE DITTATORE Salvini come Hitler, Mussolini e Stalin? Non è un paragone suggestivo, ma scientifico. Da cui la conclusione: «Il capo della Lega appartiene alla scuola dei dittatori scostanti, bruschi, sempre disposti a mostrare i denti. In questo è l' esatto opposto del suo alleato provvisorio: il capo politico dei 5 Stelle, Luigi Di Maio. Se fossi al posto del ragazzo campano, starei molto in guardia e cercherei di essere il primo a colpire il capo leghista». Fin qui Pansa, che chiede a Di Maio di agire d' anticipo, prima che da ministro dell' interno Salvini fabbrichi qualche dossier per costringere Beppe Grillo all' esilio. Danni limitati però: Pansa ormai si rivolge alle donne e agli uomini come un uomo cui tutto fa ribrezzo tranne se stesso. Più pericoloso invece è se a puntare contro Salvini-persona, con tutta la forza della sua retorica cosiddetta civile, è un capatàz della indignazione contemporanea. Roberto Saviano gli nega semplicemente la qualifica di essere umano. Salvini ha dichiarato com' è noto che intende rimpatriare i clandestini, regolare l' immigrazione sapendo che sono stati superati i livelli di sopportabilità sociale. E che fa Saviano. Su Repubblica.it si trasforma in un predicatore da moschea wahabita che lancia, dal suo appartamento non ricordiamo più se di New York o di Parigi, fatwue contro il ministro crociato. Due filmati. «Il diritto del mare ha una regola eterna: non si lasciano persone a mare, non si lasciano annegare. E non sarà Salvini a interrompere questo diritto sacro. Invitare il ministro Salvini ad avere maggiore educazione e capacità di comprensione sembra impresa inutile. Disobbedite a questo ministro dell' Interno, quest' uomo vuole fare annegare le persone». Salvini mai e poi mai si è sognato di negare questo diritto. Ma il fatto che uno è salvato dalle acque non implica che quel disperato abbia da quel momento il diritto di essere mantenuto vita natural durante a mille euro al mese: se non è un profugo, deve tornare a casa. E che le ong funzionino, con le loro navi, come «vice-scafisti», siano cioè la prosecuzione dello schiavismo con altri mezzi, è un giudizio severo, ma testimoniato persino da indagini della magistratura e della commissione parlamentare Schengen. Salvini replica su Twitter: «Il signor Saviano ha vinto una bella querela, non dal Salvini ministro ma dal Salvini papà». ALLARME SON FASCISTI Un' idea del perché Saviano sia tanto violento l' abbiamo. Vuole impedire gli tolgano la leggendaria scorta, fornita dal ministero dell' interno, quasi fosse - se gliela levassero - una vendetta personale, una violazione, per usare le sue parole, di un «sacro diritto». Ma va' là. Il Salvini-papà, vuol dire il Salvini-uomo-persona. C' è qualcosa che viene prima di un ruolo politico. E la linea rossa che è stata oltrepassata contro Salvini è proprio questa: la disumanizzazione dell' avversario, lo trasforma in nemico da abbattere. Ed è Vittorio Zucconi direttore di Radio Capital e firma di Repubblica dall' America ad essere il più esplicito. Da Formigli, Piazza aperta, La7, bercia: «Ci sono i fascisti al governo». A chi pensa? Ai leghisti, «che trattano gli immigrati come merde». Contro di essi va esercitata la «vigilanza antifascista», e bisogna rispondere con la «rivoluzione», come nel 1960 fu scatenata contro il governo Tambroni. Dopo di che ci tocca leggere un pomposo editoriale di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera che intravede in questo governo il pericolo sudamericano, peronista e chavista. Ha i cannoni girati dalla parte sbagliata. Vero: in Italia sono in azione i tupamaros del pensiero, i guerriglieri di Sendero luminoso e delle Ande, ma stanno in appartamenti dei quartieri alti, sudano poco, ridono molto. È più pericolosa la crème. di Renato Farina

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