Ignazio Visco rimpiange Silvio Berlusconi: "Nel 2008 l'Italia era più forte"
Tra il 2008 e il 2013, l'ultimo anno della lunga crisi, l'Italia ha inanellato una serie impressionante di risultati negativi. Secondo i calcoli effettuati dall'economista Marco Fortis, il pil è sceso complessivamente dell'8,7%, i consumi privati del 7,7%, gli investimenti fissi lordi del 27,9% e le compravendite immobiliari del 48,2%. Negli stessi anni, il reddito lordo disponibile delle famiglie è sceso di 119 miliardi, la ricchezza finanziaria netta di 1.000 miliardi e gli occupati di un milione di unità. Una catastrofe? Molti, all'epoca, non avevano dubbi. Secondo l'allora vicedirettore di Bankitalia, Ignazio Visco, l'Italia avrebbe faticato parecchio ad uscire dalla recessione. «Ai lacci e lacciuoli antichi, l'inefficienza dei servizi pubblici, l'ambiente socio-economico ostile alle imprese ed il basso livello di capitale sociale, si sono aggiunti nuovi ostacoli», spiegava l'alto dirigente di Via Nazionale nel 2009, «fra cui il debito pubblico elevato, le infrastrutture insufficienti e la stasi della produttività». Leggi anche: "In ginocchio dal dittatore": Filippo Facci asfalta Berlusconi L'ORLO DEL BARATRO Un paio di anni più tardi, nel 2011, la situazione era precipitata al punto che quasi nessuno metteva in dubbio che il Paese fosse sull'orlo del famoso «baratro» e che bisognasse immediatamente congedare Silvio Berlusconi per evitare il fallimento del Paese, che di li a poco non sarebbe neanche riuscito a garantire il pagamento degli stipendi agli statali. Passato il pericolo, però, la tensione è scesa e il ricordo si è sbiadito, diventando, come spesso accade, motivo di nostalgia. A rimpiangere gli ultimi anni di governo berlusconiano è stato, ieri, sorprendentemente, lo stesso Visco, che nel 2009 profetizzava sciagure e che ora, da governatore di Bankitalia, sembra aver cambiato idea. «Le riforme hanno perso slancio e le fragilità emerse durante la crisi», ha detto il numero uno di Palazzo Koch durante l'assemblea annuale dell'Abi, «non sono state ancora del tutto superate». Tanto che di fronte ad un nuovo periodo di difficoltà dell'economia, l'Italia si ritroverebbe «molto più vulnerabile di 10 anni fa». Insomma, pensavamo di essere fuori dal guado e invece stiamo peggio del 2008. Pensavamo di aver evitato il baratro e invece stiamo per finirci di nuovo dentro. Certo, è difficile che un governatore di Bankitalia sparga ottimismo, alleggerisca i cuori. Ma il dubbio che dietro l'insolito «si stava meglio quando si stava peggio» non ci siano solo le previsioni macroeconomiche e un'attenta lettura degli indicatori. Che il governatore abbia scarsa simpatia per il nuovo governo giallo-verde, dove militano quei grillini che fino a qualche mese fa volevano metterlo sulla graticola per i crac bancari, è comprensibile. DEBITO DI RICONOSCENZA Così come è normale che Visco abbia una sorta di debito di riconoscenza per il precedente esecutivo, che lo ha lasciato alla guida di Palazzo Koch, malgrado le turbolenze delle opposizioni e l'insofferenza dello stesso Matteo Renzi, che alla fine dello scorso anno qualche briscola in mano l'aveva ancora. Di qui, probabilmente, la forzatura su un quadro generale sicuramente ancora pieno di incertezze, ma non così drammatico. «Le politiche di sostegno della domanda», ha avvertito Visco, «vanno dosate con cura», facendo attenzione ai conti e soprattutto alla necessità di «tenere sotto controllo il debito». Basarsi solo su questo per uscire dalla trappola della bassa crescita sarebbe «rischioso». Una punzecchiatura che il ministro Giovanni Tria si è ben guardato dal raccogliere. Anche perché la «prudenza» sembra essere la stella polare del neoministro dell'Economia. «Riforme, ma evitando ogni inversione di tendenza sui conti pubblici», ha ribadito il professore. di Sandro Iacometti