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Salvini, la sinistra che cita il Duce: inchiodati, le frasi "fascistissime"

Matteo Legnani
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Chiariamoci, non ha mica detto "Il Duce ha sempre ragione» o «Libro e moschetto, fascista perfetto». È bastato che Matteo Salvini scrivesse su Twitter l' espressione «Tanti nemici, tanto onore» perché gli arrivassero addosso accuse di cripto-fascismo, di mussolinismo 2.0, di «nostalgia» per il regime, come gli ha detto il segretario di Leu Nicola Fratoianni o di ambizioni a diventare il nuovo Duce, secondo le parole di un altro deputato Leu. Senza considerare quei giornali, come il Corsera, che hanno messo in relazione le citazioni di Mussolini con gli atti di odio di questi giorni Ora, per cercare di recuperare la lucidità e non farci a nostra volta molti nemici (pur con conseguente onore), sottolineiamo subito una cosa: pronunciare certe frasi, attingere a certi motti e recuperare certi slogan non è mai apologia di fascismo, perché questi detti sono entrati da tempo nel lessico comune, depurati di ogni riferimento a un' ideologia o a un movimento politico, e utilizzati solo perché efficaci nel comunicare un concetto. Tutti fascisti? -  Si pensi ad altre espressioni cui ricorriamo pressoché quotidianamente, e ampiamente in voga nel frasario del regime: da «Meglio un giorno da leone che cento da pecora» a «O con noi o contro i noi», da «Chi si ferma è perduto» a «In alto i cuori»; e ancora il «Me ne frego», oggi declinato come «Chissenefrega», e il «Fino alla vittoria», ripreso prima da uno che di certo non era fascista, ossia Che Guevara («Hasta la victoria siempre») e poi in ambito sportivo (vedi lo juventino #finoallafine). Per approfondire leggi anche: Antonio Padellaro: "Matteo Salvini da fermare anche con modi bruschi". E il ministro risponde... Allora siamo tutti fascisti, o perlomeno nostalgici, solo perché attingiamo a frasi pronunciate dal Duce? No, semplicemente siamo figli di una storia, anche linguistica, modificata da un regime durato vent' anni, che ha lasciato tracce nel nostro modo di parlare, introducendo termini ed espressioni nuovi, alcuni dei quali diventati patrimonio collettivo. D'altronde, molte di queste frasi vengono utilizzate dalla stessa sinistra, a cominciare dalla frase cheguevariana sopra citata, per arrivare al «Molti nemici molto onore» pronunciato in risposta all' estrema destra «pescando direttamente dal loro repertorio» da Ivan Scalfarotto; così come il «Sulle riforme noi tireremo diritto» profferito dall' insospettabile Maria Elena Boschi e il «Bisogna osare» pronunciato da un sinistrorso come Gianni Cuperlo. Perfino altri slogan poi caduti in disuso, riletti oggi, non possono essere tacciati di inneggiare al regime perché esprimono concetti semplici e universali, tuttora condivisibili. Il precedente Boldrini - Si possono citare frasi patriottiche come «L' Italia avrà il suo grande posto nel mondo» (anche qua viene in mente il renziano «L' Italia tornerà grande»), o messaggi filo-agricoli come «I popoli che abbandonano la terra sono condannati alla decadenza». Ciò che è più odioso in tutto ciò è il tentativo di porre un bavaglio, dando la caccia e applicando la censura al linguaggio cripto-fascista. Dopo l' appello boldriniano a sbarazzarci dell' architettura del regime, non invochiamo la damnatio memoriae (o addirittura condanne politiche e penali) per frasi che - secondo lorsignori - puzzano di olio di ricino. di Gianluca Veneziani

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