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Paolo Becchi avverte Matteo Salvini: a Marcello Foa in Rai non si deve rinunciare

Davide Locano
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A Foa non si rinuncia. Dopo che Pd e sodali hanno fatto della Rai carne di porco, non vediamo perché Salvini e Di Maio debbano rinunciare ad avere all'interno della Tv pubblica una persona perbene, oltre che competente, come Marcello Foa. Ma serve un sano realismo. Brevemente anzitutto i fatti. Il Consiglio di Amministrazione Rai ha nominato pochi giorni fa Marcello Foa suo presidente. La Commissione parlamentare di vigilanza, alla quale spetta la ratifica nei confronti della persona eletta dal Cda, non ha raggiunto la soglia dei due 2/3 dei voti dei suoi componenti, causa il No di Forza Italia. Sui motivi del dissenso ci sono versioni contrastanti, ma non vale la pena ora insistere sul punto, se non per dire che forse il complotto internazionale di cui qualcuno ha parlato è opera di una fantasia molto sviluppata. Come che sia, per effetto di una norma dello statuto sul vicepresidente, Foa è attualmente Presidente “facente funzioni” in quanto consigliere più anziano del CdA. Leggi anche: "A casa": Paolo Becchi incenerisce la Mogherini “FACENTE FUNZIONI” Adesso è intervenuto un fatto nuovo. La Commissione parlamentare di vigilanza ha inviato una lettera al CdA in cui chiede che questo «si pronunci sulla scelta di un nuovo Presidente». Foa esercita, sì, le funzioni di presidente, ma i suoi atti - benché a nostro avviso del tutto legittimi - potrebbero comunque essere soggetti a continui ricorsi da parte delle opposizioni. Non è realistico pensare che Foa possa restare un “facente funzioni” per cinque anni: tra ricorsi e impugnazioni non sarebbe in grado né lavorare serenamente, né di dare l'impulso necessario di cui l'azienda ha bisogno. Occorre trovare una soluzione. Due scenari sono possibili. Il CdA, a seguito della recente richiesta della Commissione di vigilanza potrebbe confermare, con un nuovo voto, l'elezione di Foa presidente. Si tratterebbe di un atto giuridico ex novo. A quel punto la Commissione, se Salvini e Berlusconi si chiarissero e trovassero l'accordo, potrebbe rivotare e ratificare la nomina, coi 2/3 dei componenti. Sarebbe la soluzione più semplice. Ma non è detto che Berlusconi faccia passi indietro. E allora secondo noi ha poco senso insistere. ALTERNATIVA Ci vuole un piano B. A Foa non si rinuncia, abbiamo scritto. Ma invece di insistere sul suo nome per la presidenza del CdA, Salvini potrebbe trovare con Berlusconi una convergenza su un altro nome condiviso e spostare Foa ad un incarico ancora più incisivo rispetto alla presidenza del CdA. Pensiamo ad esempio a una direzione di rete. Non tutto il male vien per nuocere. Salvini è ancora in tempo per portare a casa un grande risultato politico. di Paolo Becchi e Giuseppe Palma

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