Giovanni Tria, il ministro dell'Economia sbugiardato in pubblico: lo scontro totale nel governo
Malgrado la promessa di cambiamento, il battibecco tra i due leader di partito e il ministro dell' Economia ricorda molto da vicino il continuo tira e molla tra Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan, con il primo a promettere bonus a tutti e il secondo incessantemente impegnato a parlare di coperte troppo corte e soldi che non ci sono. Giovanni Tria valuta una rimodulazione delle aliquote Iva e una compensazione tra flat tax e bonus di 80 euro? Apriti cielo. Le risorse, considerati i margini di manovra scarsissimi, sarebbero preziose per dare corpo alla rivoluzione fiscale voluta da Matteo Salvini. E l' idea avrebbe anche un senso, nell' ambito di una riforma tributaria il cui obiettivo finale sarà comunque quello di alleggerire il peso delle tasse. Ma l' impatto mediatico è troppo devastante per gettarlo in pasto ad opinione pubblica e opposizioni. Le prime smentite sono arrivate sotto forma di fonti di Palazzo Chigi. Il bonus Renzi non si tocca e l' Iva non aumenterà. Questo il messaggio, chiarito poi anche da Salvini e Luigi Di Maio. Con il secondo quasi più impegnato del primo nell' assicurare che non ci sarà alcun «gioco delle tre carte» e che nessuno «metterà le mani nelle tasche degli italiani». Leggi anche: Vespa, la pesantissima indiscrezione su Giovanni Tria: "Lui, a Conte..." Prendendo per buone le rassicurazioni, resta il problema delle coperture. I tagli di spesa, che per i soli ministeri andrebbero ben oltre i 2 miliardi, non basteranno, soprattutto se si considera che le stime del Pil andranno riviste al ribasso (dall' 1,5% all' 1,2%, secondo Tria). Certo, il leader M5s promette battaglia nella Ue per andare oltre i parametri di rientro del deficit. Ma anche qui, il bottino non sarà enorme. Il limite che si valuta per l' indebitamento netto nell' orizzonte della trattativa tra governo e Commissione è l' 1,6%. Si tratta di circa 0,4-0,5 decimi in più rispetto al livello di deficit tendenziale già proiettato sul 2019 intonro all' 1,2% del pil. È questa, secondo Tria, la soglia che permetterebbe di non peggiorare il deficit strutturale il prossimo anno, mettendo in sicurezza il percorso di riduzione del debito pubblico. In soldoni si tratta di 6-7,5 miliardi di deficit su cui poter contare. Ma la manovra, considerando le versioni minime di flat tax e reddito di cittadinanza, vale almeno 25 miliardi. E Di Maio continua ad alzare la posta. Il leader grillino vuole l' aumento degli incentivi "per tutti i contratti a tempo indeterminato anche sopra i 35 anni" e una fonte di vertice pentastellata dice che serviranno più risorse per il reddito di cittadinanza («è inaccettabile che parta con lo stanziamento di pochi miliardi perché bisogna fin da subito finanziare almeno la metà della misura: se il costo è 17 miliardi, nella manovra dovrebbero essercene 8,5»). Voce che sembra confermata dallo stesso Di Maio: «Sul reddito di cittadinanza siamo pronti. La nostra proposta c' è e vogliamo portarla nella legge di Bilancio. Vediamo se sarà un collegato alla manovra e se entrerà direttamente, ma per il 2019 deve essere pronto». Si torna, dunque, alle opzioni messe sul tavolo da Tria, che tra le righe qualcuno inizia a considerare. Come il viceministro dell' Economia, Massimo Garavaglia, che ha ammesso «qualche piccolo aggiustamento sull' Iva» e la trasformazione degli 80 euro da «esborso a detrazione fiscale». Una cosa è certa: da qualche parte i soldi dovranno uscire. di Sandro Iacometti