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Giorgetti, proposta choc al Meeting di Rimini: "Il Parlamento è superato, cambiamo o è la fine"

Maria Pezzi
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Rimini, Meeting. Giancarlo Giorgetti ha annunciato ieri una rivoluzione istituzionale. «Il Parlamento non conta nulla. Si cambia». Sia chiaro: è un' intenzione. Ma accidente se pesa. Tutti capiscono che quest' uomo è assai di più che il numero due della Lega, è l' architrave dell' esecutivo, l' interprete credibile, anche per chi non ha votato né Salvini né Di Maio, della novità di questa alleanza. Ha davanti una platea che ascolta un po' stupita, ma che non lo boccia affatto. È la storia che passa di qui a cavallo, come Napoleone a Jena, e incute soggezione. Nemmeno sul palco, dove stanno esponenti importanti di altri partiti, viene contestato per questa affermazione. È circondato da una specie di venerazione persino da parte di Gelmini, Lupi, addirittura Delrio. Senza giacca, con la camicia bianca, sciupata per non somigliare né a Renzi né a Conte, dice: «La democrazia rappresentativa è superata. Il Parlamento non conta più nulla. Inutile farne un feticcio. La gente lo vede come il luogo dell' inconcludenza. Il populismo che ha trionfato, prima in America ma si sta affermando ovunque, consacra come decisivo il rapporto diretto tra popolo e leader. Bisogna allora cambiare rapidamente le istituzioni, anche se purtroppo questo non è un punto del contratto di governo, altrimenti si rischia di buttar via la democrazia. Vanno trovati modi perché la volontà di partecipazione trovi forme che vadano oltre il like e il dislike di Facebook e Twitter. Quello che sta accadendo attorno ai palazzi non riusciremo a contenerlo, rischiando patologie gravi, se non mettiamo mano alle istituzioni». E come in concreto? «Tre elementi. Elezione diretta del presidente. Una sola Camera. Riduzione del numero dei deputati». APPLAUSI AI PERDENTI - Questa è naturalmente la prima notizia politica. Non ha un rilievo fattuale. È la promessa autorevole del regista e in fondo fornitore di buon senso al governo. Ma la cosa accaduta più notevole è un' altra, più sorprendente ancora, e scusate l' enfasi. Questo è l' unico luogo al mondo dove oggi un esponente del Partito democratico non è fischiato, buuuueggiato, contestato. Non capita neanche in una sede del Pd, o a una festa dell' Unità. Li scherniscono ai funerali. Figuriamoci cosa accadrebbe ovunque, anche in Autogrill, a un fresco ex ministro di infrastrutture e trasporti come Graziano Delrio. Nessuno invece qui che gli tiri simbolicamente una briciola dei calcinacci di Genova. È accolto da un applauso fraterno, cordiale, persino delicato. E qui c' è il genio strano di Comunione e liberazione. Accusata di scaricare i perdenti, concedendosi strumentalmente ai potenti di turno, colui che in fondo oggi è l' emblema assoluto dell' insuccesso (meritato o no, lasciamo perdere) trova un abbraccio non di compatimento, ma di rispetto e stima. Senza stima non c' è dialogo. Ne è visibilmente commosso. Dice il suo pensiero, nega condiscendenza verso i privati, garantisce appoggio al super piano di Giorgetti per mettere in sicurezza strade e ferrovie. Arriva a dire, davanti al leghista abbastanza esterrefatto, che vorrebbe fare il baby sitter dei suoi bambini. «Se Giorgetti mi chiedesse di badare a suo figlio per lavorare al governo, io gli farei da badante. Voglio che governi bene». E Maurizio Lupi, anch' egli un tempo della maggioranza renziana ed ex ministro del Mit con Letta, dice riferito al governo: «Se falliscono loro, falliamo tutti. Sosterremo il piano eccezionale di interventi straordinari». Il tema è "Le prospettive della democrazia". A promuovere l' incontro è l' Intergruppo per la sussidiarietà. Ne fanno parte duecento deputati, e Lupi ne è il presidente. È lo strumento per stabilire un patto per il bene comune tra gente di provenienza diversa, qualcosa che venga prima di maggioranza e opposizione. Le due o tre cose che consentono di lavorare insieme. A dirla grossa si direbbe: l' ethos della nazione. IL DIALOGO E LA VITA - A presiedere è Giorgio Vittadini, professore di Statistica, uno scienziato, è il leader del Meeting che da 39 anni Comunione e liberazione propone qui a Rimini. Ci sono state molte fasi. Ci sono sempre stati nelle successive edizioni tutti gli ingredienti della vita comune. Ma di certo la politica politicante non è più in primo piano. Come ricorda Gelmini, Cl adesso è «disarmata». Prevale l' idea di incontrarsi ed educarsi insieme per migliorare il mondo. Il titolo generale è una frase di don Luigi Giussani: «Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l' uomo felice». Traduzione? Ci provo: la storia non è in balìa del caso, il desiderio degli uomini e delle donne di essere felici non è un' illusione, oro che la storia e il potere buttano nei tombini. No, si può camminare, migliorare, essere aperti a un Dio che viene. Per approfondire leggi anche: Giancarlo Giorgetti, la profezia dell'attacco contro l'Italia Che non spiega ma ci sta accanto persino in sofferenze contro cui urliamo. Dialogo dunque: sulle cose però, sull' esistenza concreta. Dunque cultura, molta scienza, molte testimonianze di positività, anche di dolore, però non disperato. La politica può qualcosa in questo gran teatro delle nostre vite? Certo. Intanto, oggi, in Italia, può cominciare a non giocare alla guerra preventiva. Ascoltare ciò che nasce dove le persone si radunano con una ipotesi positiva. Come qui. Per questo occorre un riconoscimento di stima reciproca. Vittadini lancia la palla con il suo linguaggio che fa riferimento al ciclismo, al salire insieme sulle vette, facendo squadra, con passo paziente. Intervengono Gabriele Toccafondi, ciellino del gruppo misto; Massimiliano Romeo, presidente dei senatori leghisti; Mariastella Gelmini, capogruppo dei deputati di Forza Italia; Graziano Delrio, presidente degli onorevoli del Pd; Maurizio Lupi, presidente del gruppo misto, e - attesissimo - Giancarlo Giorgetti, circondato da una salva di applausi. Quasi un' ovazione: misurata, attendista, ma fiduciosa. Per sottolineare la distanza relativa della politica dal centro della questione della felicità, nell' aula più grande, con diecimila persone, si svolge in contemporanea un incontro sulla «formazione intellettuale di papa Bergoglio». Qui invece ci stanno un mille e cinquecento persone. Ma non vola un brusio. I battimani premiano le volontà di incontro ma anche il pregio delle differenze. GABER E DOSTOEVSKIJ - Vanno fortissimo Giorgio Gaber e Fedor Dostoevskij. Ecco le citazioni. Gaber 1: «Bisogna trasformare la rabbia in coraggio» (Lupi). Gaber 2: «La libertà è partecipazione» (Giorgetti). Dostoevskij 1: «Il popolo tra libertà e felicità sceglierebbe la felicità» (sottinteso: meglio la libertà). Dostoevskij 2: «L' Inquisitore a Toledo accusa Cristo di aver dato troppa libertà. Cristo se ne va sorridendo» (Vittadini). Insomma: la felicità, il desiderio di essere felici non può essere ridotto al nutrirsi e al volere ciò che pare e piace, perché così si muore, ci si consegna al tiranno, ma bisogna fare come Giobbe. Processare Dio, chiedergli perché l' ingiustizia del male. Ma poi inchinarsi dinanzi allo stupore della realtà, a quella scintilla che c' è e che ci fa mettere insieme a far politica per provare a migliorare un po' il mondo. E qui Vittadini cita Enzo Jannacci, e il «cuore urgente» del telegrafista della sua canzone. E che cosa deve telegrafare stavolta? Vittadini dice: un nuovo invito ai Cinque Stelle, già fatto ma non accolto. Benvenuti anche loro. di Renato Farina

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