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Pensioni, Alberto Brambilla a Pietro Senaldi: "I soldi per riformare la Fornero ci sono, ma il reddito M5s..."

Giulio Bucchi
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«Che vita faccio». Capita, a chi tiene le fila dei destini del governo, deve trovare la quadra tra le esigenze di M5S e quelle della Lega e aiutare il ministro Tria a reperire i soldi. Sbaglio? «Sì,sbaglia, io mi limito a fare proposte e calcoli se mi vengono richiesti, come per il recente studio sul taglio delle pensioni alte; chiamarle d' oro non è né etico né dignitoso». Com' è la situazione a Roma, professore? E i conti?  «Seguo la politica da oltre vent' anni e ho imparato a interpretare i suoi fiumi carsici, quelli che sotto le dichiarazioni a mezzo stampa ti permettono di vedere come e dove si va a finire. Ebbene, non sono del tutto ottimista, Lega e Cinquestelle viaggiano su binari paralleli: il decreto dignità è passato, anche se credo che Salvini e i suoi abbiano fatto uno sforzo per digerirlo, ora con la Finanziaria però il gioco si fa duro». Alberto Brambilla, docente universitario e presidente del Centro Studi Itinerari Previdenziali, è uno dei massimi esperti italiani in materia di lavoro e pensioni. Ha iniziato a collaborare con il governo sulla pratica ai tempi della riforma Dini, poi con Marco Biagi sul Libro Bianco del lavoro. «Non sono mai stato leghista in maniera organica» racconta. «Bossi mi chiamò per fare il ministro, poi toccò a Maroni e io accettai di fare il vice; abbiamo collaborato bene assieme e abbiamo fatto un grande lavoro. Adesso Salvini mi ha chiesto di dargli una mano per il superamento della Fornero, la grande promessa elettorale della Lega». Non sarà leghista professore, però ci va vicino, ha pure lo studio a cento metri da quello di Tremonti, altro bossiano non leghista... «Non ho voluto né ho incarichi. Salvini mi ha chiesto una mano per rivedere la previdenza, io lo stimo, appoggio molte sue battaglie e mi do da fare. Nel momento in cui però venisse imboccata una strada troppo distante dalle mie convinzioni, tornerei a dedicarmi al mio studio a tempo pieno». Cosa le piace di Salvini?  «È un buon politico, ha decuplicato i consensi del proprio partito. Poi ne apprezzo la serietà. Per la prima volta ho incontrato un politico che quando ti chiede un appuntamento si presenta puntuale, spegne il cellulare e ti ascolta concentrato. Altri ti chiamano ma poi quando arrivi tengono accesa la tv, si distraggono, telefonano senza troppo rispetto per l' interlocutore. Salvini non è così; ti ascolta e poi prende le sue decisioni politiche che, come per il caso di quota 100 e pensioni alte, non collimano con i miei pareri tecnici. Comunque la si pensi, finora i soli cambiamenti del governo del cambiamento li ha fatti lui: sull' immigrazione e sull' Europa ha ribaltato l' approccio». Ha capito qual è il suo progetto?  «Matteo ha intuito che dall' Italia non si può cambiare la Ue, quindi il suo obiettivo principale sono le elezioni Europee della prossima primavera. Spera così di cambiare l' Europa dal di dentro con una presenza più autorevole del nostro Paese, che finora ha contato molto poco. Non so se ce la farà a mettere d' accordo i nazionalisti tedeschi, quelli francesi, gli ungheresi, gli olandesi e via discorrendo, e magari pure a guidarli: diciamo che glielo auguro». Veniamo al suo lavoro professore: che Finanziaria sarà, fino a che punto Cinquestelle e Lega riusciranno a onorare le promesse elettorali?  «Sostanzialmente le promesse sono tre: la Lega punta all' aliquota fiscale unica, Cinquestelle al reddito di cittadinanza, ed entrambe le forze a cambiare la legge Fornero». Ma ci sono i soldi per tutto questo?  «Suggerirei di partire dall' obiettivo comune, le pensioni, che per Salvini è prioritario rispetto anche alla flat tax, e realizzarlo. Quanto agli altri due, cominciamo a mettere le basi, anche se ideologicamente io sono a favore della riduzione fiscale ma contrario al reddito di cittadinanza». Cos' ha che non funziona la Fornero?  «È figlia di un' emergenza, peraltro creata dall' Istat, il quale per il 2011 dichiarò che l' Italia spendeva il 18,5% del Pil, contro una media del 14,5 degli altri Paesi europei. Da qui l' ovvia richiesta della Ue di tagliare le pensioni, sotto la minaccia dello spread. Solo che l' Istat non l' aveva detta giusta: aveva calcolato tra le spese pensionistiche tanta assistenza, i sussidi e i prepensionamenti, che negli altri Paesi vanno sotto altre voci, creando un allarme inesistente. In realtà, la nostra spesa era in linea con gli altri Stati, e oggi la situazione è ampiamente sotto controllo: al netto del fisco, spendiamo per le pensioni 157 miliardi ma ne incassiamo 185 di contributi. A far saltare i conti è l' assistenza, che ci costa 120 miliardi netti; e, quel che è più grave, negli ultimi anni la spesa assistenziale è cresciuta del 5%, mentre quella previdenziale solo dello 0,7». Però alla fine il rosso c' è: qual è l' errore della Fornero allora?  «Non parlerei di errore, vista la situazione di gravissima emergenza di allora. È una legge rigida e dal 2019 fissa il ritiro a 67 anni, oppure con 43 anni e tre mesi di anzianità contributiva; che occorresse inserire dei criteri di flessibilità ce ne si accorse subito, tant' è che dal 2012 allo scorso anno furono introdotte otto salvaguardie e in più l' ape social. Alla fine, su 80 miliardi di risparmi preventivati, questi provvedimenti ne hanno consumati oltre 13». Lei cos' ha in mente, quota 100?  «Il mio piano, per evitare di compromettere la stabilità del sistema pensionistico, era di risolvere anzitutto i problemi più gravi rimasti ancora aperti: opzione donna, esodati (ce ne sono ancora qualche migliaio) e lavoratori precoci; in totale, non più di 30mila soggetti. Agli altri si può offrire l' opzione rispetto ai requisiti sopra citati di poter andare in pensione a 64 anni se ne hai 36 di contributi, con alcuni limiti tra i quali il ricalcolo contributivo e gli anni di anzianità figurativa, o a 42 anni, con uno sconto di un anno per le donne madri e chi è andato a lavorare prima di compiere vent' anni. Salvini ha corretto il mio progetto, ritoccandolo in 62 anni d' età e 38 di versamenti. Sono formule, quel che conta è che bisogna tornare gradualmente a una flessibilità in uscita: ti concedo di andare via tra i 62 e i 69 anni, scegli tu; ovviamente, prima lasci, più leggero sarà il tuo assegno. Il concetto è premiare il lavoro: se hai 66 anni e pochi contributi, vai avanti, se invece ne hai tanti, puoi mollare molto prima. Consideri che ci abbiamo messo quasi dieci anni per portare il sistema in sicurezza e l' obiettivo, quasi raggiunto, è di un pensionato ogni 1,5 attivi: non è la luna ma ci consente di guardare con tranquillità alle pensioni dei giovani». Quanto costa?  «La mia proposta costa tre miliardi, una cifra più che sostenibile, specie se si inizia a tagliare la spesa per l' assistenza». Perché, è possibile ridurla?  «Basterebbe attivare l' anagrafe dell' assistenza che io previdi già nel 2005. Oggi noi non sappiamo bene a chi vanno i 120 miliardi che spendiamo in assistenza: magari servono anche a beneficiare alcuni malavitosi, o diamo il sussidio a degli evasori totali. Siamo nell' era dell' informatica ma ancora oggi se lei va in una casa di riposo pubblica nessuno verifica se gode di un' indennità di accompagnamento. Se non la denuncia, può non versarla all' istituto. Con l' anagrafe dell' assistenza si possono risparmiare 7-8 miliardi solo grazie a una razionalizzazione delle spese. Più sprechi tagliamo nell' assistenza, più possiamo allargare la flessibilità pensionistica e aiutare i veri poveri». Cosa pensa del taglio delle pensioni d' oro, sopra i 4500 euro netti?  «È una manovra iniqua, ingiusta e per giunta concepita tecnicamente in modo assurdo: sono 75mila gli assegni penalizzati e avremo 75mila ricorsi, tutti vinti. Io l' ho detto a Di Maio che la norma, così come è stata scritta, è incostituzionale, ma Luigi non ci vuol sentire. Però se ne accorgerà, non faccia conto su quei soldi, è un diversivo propagandistico». Però anche la sua mini patrimoniale sulle pensioni...  «Non è una patrimoniale e neppure una tassa. Guardi, se fosse per me proprio non toccherei le pensioni, tanto meno in forma retroattiva; il contributo di solidarietà, così si chiama, serviva solo per finanziare maggiore occupazione per due anni al fine di garantire le pensioni». Mal si sposa però con il taglio delle tasse...  «Nessun Paese applica di colpo l' aliquota unica dall' oggi al domani: prendiamoci un anno per studiare, non facciamo tutto negli ultimi venti minuti, all' italiana. Oggi abbiamo cinque aliquote sul reddito, poi altre sulle rendite finanziarie, una su quelle immobiliari, una per i titoli di Stato, poi l' Irap, poi la tassazione delle società. Il tutto complicato da una ridda di deduzioni e addizionali che falsano la progressività fiscale. Iniziamo a semplificare con tre aliquote: 15, 25 e 35, oppure 20, 30 e 40 per tutto; dopo qualche anno scendiamo a due e poi si vede...». Quanto costa l' operazione?  «Non ha un grande impatto. Potremmo anche farla costare zero, se iniziamo a fare pulizia tra le detrazioni: sono seicento, alcune del tutto inefficaci. Basta lasciare quelle che funzionano anche per il fisco, come le deduzioni per le ristrutturazioni immobiliari, quelle per i fondi pensione e il welfare complementare. E magari prevedere un aumento selettivo dell' Iva al fine di sminare le clausole di salvaguardia». Veniamo alle dolenti note?  «Il Pil italiano è costantemente al palo perché abbiamo pochi occupati e non ci sono sufficienti incentivi al ricambio tecnologico per migliorare la produttività, che peraltro aumenterebbe eliminando un po' di burocrazia e molte leggi (abbiamo mille pagine solo per le norme sul lavoro: una manna per gli avvocati, un inferno per gli imprenditori). Se avessi quattro lire, in Finanziaria le spenderei tutte in infrastrutture (almeno mezzo punto di Pil) e in incentivi all' occupazione. Poi toccherei le pensioni come ho già detto e imposterei una flat tax molto progressiva nel tempo». Invece non si parla che di reddito di cittadinanza...  «È come uno che ha i buchi nel tetto, gli piove dentro, e anziché riparare casa si compra il televisore. Spendiamo 120 miliardi in assistenza e i grillini ne vogliono buttare altri 17 su reddito di cittadinanza e pensioni di cittadinanza. Sarebbe un suicidio: nessuno più dichiarerebbe il reddito e il sistema pensionistico si scasserebbe. Consideri che già oggi un cittadino potrebbe avere la pensione sociale, un sussidio dal comune, la casa popolare; già con queste assistenze potrebbe superare di molto i 780 euro al mese ma noi non lo sappiamo; sarebbe saggio prima di pensare al reddito di cittadinanza almeno avere contezza di quanto un soggetto prende e solo dopo sanare le posizioni di chi è rimasto indietro». Ma in Italia ci sono cinque milioni di poveri...  «Il 34% sono stranieri, il che significa che la povertà tra gli italiani non è aumentata. Ma poi, in un Paese di grandi evasioni ed elusioni, come si fa a valutare la povertà solo sulla base delle imposte e dei consumi?». Cosa ci giochiamo con la manovra?  «Se il deficit arriva al 2% ma incorpora uno 0,7 di investimenti e sostegno all' occupazione, i mercati ci premiano. Ma se il deficit è più alto e indirizzato a pensioni e reddito di cittadinanza, è la fine. E vorrei ricordare che l' anno prossimo l' Italia deve rinnovare 400 miliardi di titoli di debito pubblico». Sul reddito di cittadinanza però Di Maio si gioca la carriera...  «Può essere, ma un Paese non può rischiare di fallire per soddisfare le aspirazioni politiche di una persona. Ha visto il Venezuela, una terra ricca e meravigliosa, ridotta alla miseria per seguire Chavez e il suo autista Maduro? Ha visto la Siria diventare un cimitero? Non posso immaginare un' Italia con le sedi dell' Inps al Sud prese d' assalto da centinaia di aspiranti al reddito di cittadinanza; meglio dare lavoro, anche con politiche di intervento pubblico. Quella misura la introdusse già Livia Turco nel 1998, si chiamava reddito minimo d' inserimento: fallì in tre anni dopo aver dato luogo a truffe e abusi; in politica occorre conoscere e avere memoria storica». di Pietro Senaldi

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