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Altro che pace, è guerra fiscale

AdnKronos
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(AdnKronos) - Altro che pace fiscale. Quella che si profila all'orizzonte, dopo la bomba lanciata ieri da Di Maio contro la 'manina' infedele che avrebbe manomesso il dl, sembra essere una vera e propria guerra. Nei rapporti con Salvini, spiegano fonti informate, è infatti calato il gelo: da ieri, raccontano, i due vicepremier non si parlano. Ma la questione, almeno da parte pentastellata, non è solo personale. Quello di Di Maio è infatti un silenzio generale sull'argomento - forse strategico, in attesa della prossima mossa del Carroccio in tema di scudo fiscale e condono -, dopo essersi tanto sbilanciato: perché la mano, sì, potrebbe essere "tecnica" ma anche e soprattutto "politica". Accuse gravi, gravissime, che coinvolgono indirettamente l'alleato di governo e alle quali la Lega e il suo numero uno non hanno potuto fare a meno di replicare. La prima risposta, piccatissima, è arrivata ieri sera da esponenti dei vertici leghisti: "Noi siamo gente seria e non sappiamo niente di decreti truccati", con quel "noi" a voler rimarcare le distanze. "Il testo lo conoscevamo tutti", aggiungeva quindi il viceministro del Carroccio Garavaglia, smentendo di fatto l'ignaro Di Maio, caduto dalle nuvole sullo scudo fiscale. E oggi, sollecitato dai cronisti di Rainews, da Bolzano ecco arrivare anche il commento di Matteo Salvini. Il leader leghista non fa giri di parole: "C'è un Paese che deve marciare, stiamo lavorando bene, non si può - tuona - costruire di giorno e smontare di notte. "Quello che abbiamo discusso per ore l'ho trovato scritto. Cosa fatta - taglia corto - capo ha". E ancora: "Io - sottolinea - quando prendo impegni con Di Maio e i cittadini li mantengo". Se da Di Maio si attende ancora la controreplica, a parlare almeno in parte per lui è però la ricostruzione di qualificate fonti di governo all'Adnkronos: lo stop allo scudo penale chiesto a gran voce dal M5S, spiegano le fonti pentastellate, avrebbe avuto nella giornata di ieri anche l'avallo del Quirinale. Il Colle più alto, stando alle ricostruzioni delle stesse fonti, avrebbe fatto cogliere la sua perplessità rispetto a norme che nel decreto in questione - ormai al centro del braccio di ferro M5S-Lega - vengono estese anche ai reati di riciclaggio e autoriciclaggio, ammettendo la non punibilità rispetto a dichiarazioni infedeli. In pratica uno stop a ogni tipo di depenalizzazione. Nelle interlocuzioni informali intercorse con il Quirinale, viene spiegato dalle fonti, era dunque già arrivata la richiesta di stralciare le normi sul cosiddetto scudo penale. Per i 5 Stelle, inoltre, è imprescindibile un colpo di bianchetto sullo scudo fiscale sui capitali detenuti all'estero. Quanto chiesto ieri, insomma, da Di Maio. E poco importa se i provvedimenti al centro del mirino pentastellato fossero contenute già in una bozza precedente del dl. La voce del Colle, manina o non manina, deve aver pesato molto più delll'alleanza di governo. E adesso, a guerra ormai scoppiata, la palla passa alla Lega.

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