Cerca
Logo
Cerca
+

Pietro Senaldi, il retroscena: il piano segreto di Matteo Salvini per fare fuori Luigi Di Maio

Cristina Agostini
  • a
  • a
  • a

«Luigi, stai sereno». Il bollettino di guerra di Cinquestelle ricorda quello dell' esercito austroungarico la mattina del 4 novembre 1918. Di Maio si sente mancare la terra sotto i piedi, due autorevoli membri salviniani del governo gli hanno appena appioppato degli schiaffoni che metterebbero ko un toro, figurarsi lui. Il numero due della Lega, Giorgetti, ha detto che il reddito di cittadinanza è una boiata e non si sa neppure se e come si riuscirà ad applicarlo. La ministra Bongiorno, uno degli avvocati più autorevoli del Paese, ha definito «una bomba atomica sui processi» il progetto del Guardasigilli Bonafede di abolire la prescrizione dopo il primo grado di giudizio. Ma anziché sfilargli la sedia da sotto i piedi e lasciarlo penzolare, il leader leghista viene in soccorso al collega grillino con parole rassicuranti: «Andiamo avanti uniti per il cambiamento del Paese, con M5S stiamo lavorando bene, non ci sono polemiche, il governo ha un' altissima popolarità e in cinque mesi abbiamo fatto più di chiunque altro». Leggi anche: "Vuole far saltare tutto". Di Maio, il crollo nervoso. La confidenza-kamikaze, qui si giocano il governo Che film sta vedendo Salvini? Di Maio può contare sulle rassicurazioni del collega o dovrebbe mettersi in guardia, per non fare la fine di Letta, al quale Renzi indirizzò il celebre sms «Enrico, stai sereno», per spodestarlo l' indomani? Certo che il grillino può fidarsi, il capo leghista non ha nessuna intenzione di far cadere il governo. Almeno per un po', fino al voto di primavera per le Europee. Tutti dicono così. Però nessuna frase conciliante di Salvini, che per la prima volta dopo la crisi sfiorata sul decreto fiscale e le accuse di Luigi a Porta a Porta tende la mano a palmo aperto al ministro del Lavoro, potrà mai nascondere che tra i due partiti che reggono l' esecutivo la tensione ha raggiunto il picco massimo. LA BARCA FA ACQUA - Quella del ministro dell' Interno, infatti, è stata un' uscita dovuta, dopo l' allarme lanciato dal leader grillino ieri: «Il contratto va rispettato da entrambe le parti, altrimenti rischiamo tutti». Se Matteo avesse lasciato cadere nel vuoto l' appello del collega vicepremier - con gli ultimi sondaggi (Pagnoncelli-Ipsos) che danno il Carroccio in salita al 34,7% e M5S al 28,7%, con il 16% dei nuovi consensi leghisti in arrivo proprio dal Movimento - il suo silenzio avrebbe avuto il valore di una dichiarazione di apertura delle ostilità. Cinquestelle fa acqua. Prima la retromarcia sul Tap, poi la marcia di migliaia di romani in piazza contro il malgoverno della Raggi e la Lega che dichiara che la sindaca dovrebbe andarsene; ieri, la stessa scena a Torino, con gli schivi cittadini sabaudi che sfilano contro la Appendino e per la Tav. In mezzo, la grana siciliana del Muos, il radar satellitare Usa da installare in Sicilia e che va di traverso ai talebani grillini, e i dati sulla disoccupazione, che certificano il fallimento del decreto dignità, da noi ribattezzato «stupidità». Salvini lascia fare i colleghi di governo. Cerca di intromettersi il meno possibile, manda avanti i suoi giusto sulle questioni fondamentali come la prescrizione e il reddito di cittadinanza, ma la strategia è che il giocattolo grillino vada in frantumi da solo. Le difficoltà del Movimento danno carburante alla Lega. Salvini approfitta della sparizione di Berlusconi dalla scena per rubare voti a Forza Italia puntando su immigrazione e sicurezza. Così attrae a sé anche l' elettorato di destra che aveva votato M5S per protesta ma non può riconoscersi nel no alle grandi opere, nel reddito di cittadinanza e nel giustizialismo che stanno diventando le cifre del Movimento. Il quale però, fintanto che governa con il Carroccio, perde suffragi a sinistra e non è in grado di far concorrenza al Pd né a LeU. IL VENTO DEL NORD - Fino a quando durerà la coabitazione al governo, si chiedono tutti? Il vento del Nord spinge la Lega lontano da M5S. Dalla Tav al reddito di cittadinanza, dalla flat tax alla giustizia, emergono le differenze sostanziali tra un partito che si onora di rappresentare i ceti produttivi e uno che ambisce al voto di chi è in cerca di assistenza. Gli imprenditori del Nord si sfogano con Giorgetti, che si fa interprete del loro malumore. In tutto questo, il leader leghista torna a lanciare messaggi distensivi e a sostenere l' esecutivo. Più tiene su Di Maio, malconcio e costretto a contraddire ogni due per tre le promesse elettorali, più ci guadagna. Governare a fianco del grillino garantisce al ministro dell' Interno di passare per uno statista anche oltre i suoi meriti. Il traguardo restano le Europee. Per arrivarci Salvini ha rinunciato a posti di potere a favore dell' alleato, intuendone la brama di poltrone, ma pure a tagli fiscali più significativi, ma ha buttato lì un «da solo governerei meglio». Ora spera di inchiodare Di Maio sul reddito di cittadinanza. Il grillino ha già detto che per il 45% andrà al Nord. Così, quando i sostenitori pentastellati meridionali si troveranno con un pugno di mosche o quattro spiccioli al posto dell' atteso assegno da 780 euro, penseranno che Salvini ha tutelato i suoi elettori meglio di Giggino e la conquista del Sud da parte della Lega compirà un passo decisivo. di Pietro Senaldi

Dai blog