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Barbara Lezzi, la ministra grillina asfaltata da Filippo Facci: vada pure a nascondersi

Davide Locano
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Basterebbe dire, a chi conosce i leccesi, che Barbara Lezzi è una leccese straclassica e archetìpica, prodotta in serie: metà del ritratto sarebbe fatto. Ma la stragrande maggioranza sa a malapena che Lecce è in Puglia e che è imboscata nel tacco dello stivale, in un generico «Salento» di cui ciascuno, laggiù, rivendica confini diversi, come se si trattasse di una miniera del Klondike. La Puglia è lunghissima e i pugliesi sono stanziali, tendono a non spostarsi neanche all' interno della Regione e, per un leccese, uno di Bari, o addirittura uno come Giuseppe Conte che è di Volturara Appula, 403 abitanti in provincia di Foggia al confine con la Campania, beh, è come se fosse del Circolo polare artico. Così a Lecce non dicono: sono pugliese. Dicono: sono salentino. Nel caso, salentina: quindi un po' supponente, con un complesso di superiorità sul resto della regione. E quindi, i leccesi, un po' chiusi, meno terroni nel senso di meno accoglienti e festaioli, particolarmente convinti di esistere, sono convinti che il Salento sia famoso nel mondo e diventano belve se menzioni per esempio un Flavio Briatore, che cercò d' investire dalle parti di Otranto e, stoppato, si mise a spiegare ai salentini come funziona il turismo vero (che è trainante, crea lavoro e fa guadagnare soldi) e come invece funziona di meno l' attuale turismo provinciale alla salentina, che, eccezioni a parte, è fatto di presepi di masserie, spiagge bellissime ma attrezzate illegalmente e formicolanti di subumani, oltre a ristorantini di serie C con una debolezza per la scortesia e i pagamenti in nero. Quando Briatore, a Otranto, cercò di aprire il suo «Twiga», si accorse che non riusciva a trovare personale qualificato (mancano pure le scuole alberghiere) e che i suoi manager nel famosissimo Salento non ci volevano andare. Ci furono pure delle inchieste giudiziarie. Briatore trovò una buona sintesi dell' attuale momento politico e riprese una vecchia frase di Montanelli: «Gli italiani, se vedono un' auto di lusso, non la guardano, le tagliano le gomme». Intanto i Cinque stelle facevano l' inferno contro il «Twiga» e quindi proteste, denunce, foto e spiate al cantiere. Leggi anche: Barbara Lezzi, tutte le fesserie che la ministra grillina è riuscita a dire in tv PERSONALITÀ Detto questo, il ministro Barbara Lezzi è leccese, anzi di Lequile, ben ottomila abitanti a uno sputo dalla metropoli, e comunque è salentina e decisamente dei Cinque stelle: e un altro pezzetto di ritratto è fatto senza neppure cominciarlo. Se ci si accontenta di questo, è perché purtroppo anche lei appartiene alla generazione politica di più evanescente personalità che abbiamo mai avuto - ce la siamo meritata, la Lezzi - e quindi scriverne resta impresa improba: non puoi descrivere dei chiaroscuri e delle sfumature, se non ci sono; non puoi trascrivere la partitura di una musica, se c' è solo casino. Passiamo a una rapida descrizione. Classe 1972, occhi marroni, bionda tinta con ricrescita e capello un po' consumato, labbra sottili, palpebra triste, nessun ritocchino com' è evidente. È il ministro per il Sud, che poi sarebbe il ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno (definizione di Paolo Gentiloni) di cui molti hanno contestato persino l' esistenza. A che serve un ministero per il Sud? Per i detrattori serve a perpetuare un meridionalismo d' antan e a piangere sempre nuove risorse d' incerto destino, per i lodatori serve ad attrarre investimenti dall' estero (come voleva fare Briatore) e a dialogare coi territori che potrebbero fruirne. Dettaglio: è un ministero senza portafoglio e quindi ci sentiamo tutti più tranquilli, perché non conta un tubo. Per il resto, Barbara Lezzi si è diplomata nel 1991 all' istituto tecnico Deledda per periti aziendali e corrispondenti in lingue estere; l' anno dopo è stata assunta in un' azienda commerciale come impiegata di III livello: è tutto quello che c' è da sapere prima che il firmamento a Cinque Stelle la baciasse in fronte. Ah, ha un figlio che ha chiamato Cristiano Attila e ha chiesto una nursery al Senato per allattarlo e cambiarlo. Interessa? Comunque è stata eletta senatrice nel 2013 (circoscrizione Puglia) ed è entrata in commissione bilancio e programmazione economica, divenendone vicepresidente. È stata anche membro della commissione permanente per le politiche europee. Chi se ne frega, direte voi: vogliamo la ciccia. Beh, non c' è. C' è un sacco di fumo parolaio e figure barbine una dietro l' altra, pur rimanendo un personaggio emblematico per comprendere ancora una volta in che mani siamo, o saremmo se lei contasse qualcosa. La prima cosa per cui si fa notare, nel 2013, è perché porta a Palazzo Madama un apriscatole a ricordo di quando Beppe Grillo voleva «aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno». Lei di fare 'ste sceneggiate non si stancherà più. Nel novembre successivo una spiata dei suoi compagni grillini fa scoprire che la senatrice, come assistente parlamentare, ha assunto la figlia del suo compagno: al che l' ortodossia grillina la crocefigge, ma lei tira fuori che non ha violato il regolamento (il Senato vieta di assumere collaboratori fino al quarto grado di parentela, ma lei non è sposata) e però la nota discrezionalità grillina prima s' incazza e poi gliela lascia correre. Però la ragazza assunta perde il contratto. La Lezzi intanto furoreggia in tv, dove si scaraventa volentieri con gli appoggi che servono. Bruno Vespa la celebra e se la cucina (lei si presenta con una gonna sopra al ginocchio) e insomma passa di qua e di là, viene addirittura invitata al Forum Ambrosetti e soprattutto pronuncia anche una serie di memorabili cazzate. Il giorno dopo ferragosto dell' anno scorso, per esempio, pubblica un video su Facebook per spiegare perché c' è stato un aumento del Pil nel secondo trimestre del 2017: mica per meriti governativi, ma «perché ha fatto molto caldo». Cioè: il Pil è cresciuto grazie all' acquisto e all' uso dei condizionatori, e lo dice una senatrice che peraltro è in commissione bilancio. A parte che il Pil era cresciuto anche nelle stagioni fredde del primo 2017 e dell' ultimo 2016, la Lezzi mostra comunque un certo talento: alza i toni, parla sopra l' interlocutore, perfeziona la sua specialità - il casino - e ci sono nientologi come Andrea Scanzi (Il Fatto Quotidiano) che arrivano a candidarla come ministro dell' economia. Una visione riduttiva: l' impiegata Lezzi mostra una certa confidenza pure con l' ingegneria costituzionale nel giorno in cui in tv - i grillini impazziscono per l' odiata e defunta tv, appena ci mettono piede - giunge a teorizzare che per ridurre il numero dei parlamentari bastava un decreto da approntare in pochi giorni. In realtà è una modifica costituzionale bella e buona, ci sono da riformulare gli articoli 56 e 57 mediante i dettami dell' articolo 138 sulle procedure di revisione costituzionale: ma in televisione una scemenza basta dirla, e possibilmente con la presupponenza e la spocchia e la sicumera di chi straparla senza sapere un accidente: esattamente come il pubblico che l' applaude e si identifica. LA NOMINA È una di noi, dice il popolo, che ci capisce ancora meno. Così le perdonano tutto, anche il caso «rimborsopoli» (un' inchiesta delle Iene) da cui risulta un suo mancato bonifico di circa 3.500 euro al Movimento. Complotto, errore, svista, dimenticanza: allora corre a «Otto e mezzo» da Lilli Gruber e spiega una complicata dinamica che però ha già brillantemente risolto, evviva. Sicché viene perdonata dai sommi giudici grillini: ma tra i vassalli, un po' come la storia dell' assunzione, è roba che pesa. Ecco perché molti si sono stupiti quando è stata nominata ministro, benché ci fosse da stupirsi in ogni caso. Ed ecco perché molti, oggi, godono nel vederla incespicare rumorosamente nel pasticcio del Tap (il gasdotto-Trans-Adriatico che dovrebbe portare gas naturale dall' Azerbaigian all' Italia attraverso l' Albania e la Puglia) confermando così il paradosso grillino ormai stra-dimostrato in pochi mesi di governo: che dicono una cosa e poi ne fanno un' altra. Che poi no, non è neanche così, non è che fanno un' altra cosa: in generale non fanno nulla, perché sono incapaci, oppure fanno o faranno qualcosa di così sfibrato da risultare inesistente. La sintesi è nota: avevano sempre promesso - lei in particolare - che avrebbero fermato il progetto del Tap e ora invece dicono che proseguirà. Il perché non importa, la logica umana e le scartoffie non importano: ci sono dei grillini «di popolo» che ora chiedono le dimissioni della ministra e tra essi ci sono molti salentini doc. Lei si difende, gesticola, parla a voce alta e azzarda spiegazioni e ragionamenti: senza capire che spiegazioni e ragionamenti - anche se fossero ineccepibili - non fanno parte delle ragioni per cui un' impiegata di III livello sta facendo la senatrice, stesse ragioni per cui uno sconclusionato movimento come i Cinque Stelle addirittura esiste: questo partendo da un celebre «vaffanculo» dove lei - ci tiene a farlo sapere - c' era, lei c' era. E noi ce la lasciamo. Intanto il nuovo nume dei Cinque Stelle, ogni giorno di più, pare Alessandro di Battista, uno che giurava che i pentastellati avrebbero sradicato il Tap in un paio di settimane. La principale di Di Battista è questa: non c' è. È in Guatemala, e pare giusto. di Filippo Facci

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