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Giorgia Meloni, il retroscena di Vespa sull'ingresso nel governo: "Esclusi per non far soffrire Berlusconi"

Gino Coala
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Poche ore prima che nascesse il governo di Giuseppe Conte con il sostegno di Lega e Movimento Cinque Stelle, Giorgia Meloni e Fratelli d'Italia sono stati vicinissimi a far parte della squadra. Come racconta Bruno Vespa nel suo ultimo libro "Rivoluzione", il 31 maggio era diventato altissimo il rischio di tornare al voto anticipato per luglio, una cosa mai successa prima in Italia. A quel punto la Meloni ha deciso di agire: "Da persona responsabile dissi: inventiamoci qualcosa, meglio un governo gialloverde". Leggi anche: Berlusconi, la teoria del Cav sul perché ha perso le elezioni: "Dopo l'addio al Milan, ecco cosa è successo" I tentativi della Meloni di aprire un dialogo con il Quirinale non sono mai mancati, racconta a Vespa: "Feci un appello video al Capo dello Stato: presidente, siamo messi male, riapra il dialogo. Riprendiamo le fila di una normale dialettica parlamentare, noi siamo disposti a dare una mano". Erano ore di contatti fittissimi tra la leader di Fratelli d'Italia e Matteo Salvini, che cercava a sua volta di farla accettare a Luigi Di Maio. Il grillino però rispose che la presenza di FdI avrebbe visibilmente spostato a destra l'asse del governo, l'ala sinistra dei 5 Stelle non l'avrebbe presa bene. E quindi Di Maio impose il ricatto che a quel punto, con la Meloni al governo, lui avrebbe dovuto fare il presidente del Consiglio. L'apertura però non fu totale: "Di Maio mi disse anche che avremmo dovuto considerare l'ingresso nel governo non direttamente - ha raccontato la Meloni - ma con un tecnico d'area". Davanti a quelle condizioni, la Meloni ha risposto al grillino con lo stesso argomento usato sin dall'inizio della crisi: "Voi avete avuto il 32% dei voti, il centrodestra il 37, quindi palazzo Chigi tocca a noi". Quando poi Cottarelli rimise il mandato, Salvini tornò dalla Meloni per andare dritto al punto: "Mi disse che avrebbe fatto il governo soltanto con l'ingresso di FdI... Ebbi la sensazione che volesse un rafforzamento a destra, altrimenti avrebbe preferito il voto. Risposi che non ero sicura che avrei potuto condividere le battaglie del M5s, ma ero disposta a dare una mano, e avvertii che l'operazione andava fatta in trasparenza: o stiamo tutti insieme oppure lasciamo perdere. E chiesi a Salvini di non fare il nome di FdI, se non se la sentiva di andare fino in fondo. Cappi da Matteo che Di Maio voleva fare il governo e che lui avrebbe accettato di farne parte soltanto alle sue condizioni". L'ingresso di FdI nel governo avrebbe avuto un prezzo altissimo, secondo quel che riporta Vespa, cioè almeno un ministero pesante come quello alla Difesa per la stessa Meloni o per Guido Crosetto. L'ipotesi però tramontò nel giro di pochissimo, per almeno un paio di ragioni: "Da un lato Di Maio, pressato dalla sinistra del suo partito, opppose in via definitiva resistenza al nostro ingresso al governo - ha aggiunto la Meloni - Dall'altro, il problema Berlusconi. Se fossimo entrati al governo, lui sarebbe rimasto da solo a fare l'opposizione del centrodestra. Avrebbe vissuto male l'esclusione, e Salvini ne ha tenuto conto".

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