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Vittorio Feltri, il suicidio perfetto del Partito democratico

Gino Coala
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Mi scuso coi lettori se mi accingo a scrivere un articolo sui morti viventi. Mi riferisco ai compagni del Partito Democratico cui vanno obbligatoriamente sentite condoglianze. Si dà il caso che Matteo Renzi abbandoni la camera ardente e si appresti, probabilmente, a fondare l' ennesimo partito di sinistra, la quale per altro si è ormai trasformata in uno spezzatino anonimo, insapore e abbastanza rancido. Non potrebbe essere diversamente dato che i progressisti italiani sono figli illegittimi del Partito Comunista, quindi oberati da un peccato originale dal quale non sono stati liberati appieno, nonostante gli sforzi per presentarsi immacolati agli elettori. Leggi anche: Feltri, il "premio Stalin" a mio figlio Mattia Segnaliamo che una filza di segretari, nell' ultimo ventennio, dopo aver guidato il baraccone, ha abbandonato la tolda ed è sparita nella confusione. D' Alema, molto intelligente, si è eclissato. Fassino è stato oscurato, Veltroni l' africano si è ritirato a vita televisiva, Bersani, già ottimo ministro, esiste soltanto nei ricordi dei piacentini, e Renzi ha sbattuto la porta mandando tutti al diavolo. Mi viene il sospetto che il Pd porti una sfiga maledetta non solo a se stesso ma anche a coloro che, velleitariamente, tentano di rianimarlo. A dire il vero l' ex sindaco di Firenze a un certo punto pareva aver risvegliato la salma: che alle ultime elezioni europee collezionò la bellezza del 40 per cento dei voti. Un record. Cosa che suscitò anziché la gioia dei dem una sorta di invidia verso il giovin segretario, contro il quale essi si armarono e partirono. Obiettivo, ucciderlo. Hanno fatto centro, massacrandolo sull' altare delle riforme costituzionali sottoposte a referendum. Che fu bocciato con il contributo di Berlusconi, il quale ruppe il cosiddetto patto del Nazareno. Gli avversari del toscano Matteo erano persuasi che la vittoria dei "no" avrebbe cancellato il leader, costringendolo a sloggiare da Palazzo Chigi, favorendo immediate consultazioni politiche, dopo di che gli italiani sarebbero vissuti felici e contenti. Sogni. In principio, infatti, ci toccò Gentiloni, poi, a seguito dei risultati del 4 marzo scorso, arrivò il trionfo dei 5 stelle. Scomparve il derelitto Pd, scomparve Forza Italia e alzò la testa la Lega, adesso dominatrice della scena. Bravo Salvini, fessi gli altri. Gli ex comunisti si sono sbriciolati, i forzisti idem. E non hanno molte speranze di rimettersi in corsa. L' ipotesi è che i rossi, scartato Minniti, persona seria, si affidino a Zingaretti, il quale porterà il partito allo sfascio, essendo costui scollegato dalla realtà. Quanto al Cavaliere, assistito da varie badanti volonterose, non si vede un futuro radioso, bensì una resistenza passiva di cui Tajani è il debole alfiere. Ecco perché chiedersi come mai la politica nostrana attraversi un periodo di mutazione genetica è un esercizio vano. Il problema è che, Salvini a parte, i competitori in campo sono spompati e vocati al suicidio.  di Vittorio Feltri

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