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Giuseppe Conte e il retroscena terremoto: perché il palestinese Abu Mazen può far saltare in aria il governo

Giulio Bucchi
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L'impensabile ombra di Abu Mazen sulla crisi di governo. Secondo Ugo Magri sulla Stampa, l'uscita di Matteo Salvini sui "terroristi islamici di Hezbollah" durante la sua visita in Israele oltre ad aver messo in grave imbarazzo il ministro della Difesa Elisabetta Trenta ("tecnica" ma caldeggiata a suo tempo dal M5s) sarebbe l'effetto di "due strategie opposte che si sfidano" dentro l'esecutivo. Quella della Lega punta forte su Benjamin Netanyahu e il sostegno a Israele, quella di Luigi Di Maio e dei grillini prevede la "mediazione" in Medio Oriente con un rapporto morbido con i palestinesi. Due visioni storiche differenti, che richiama un po' brutalmente (e con le dovute sfumature) all'impostazione ideologica del centrodestra da un lato e del centrosinistra dall'altro.  GUARDA IL VIDEO - "Fascista, non ti vogliamo". E Salvini? Reagisce così: fessi sinistri demoliti A questo proposito Magri ricorda la missione dello stesso Abu Mazen a Roma lo scorso 3 dicembre e il suo storico incontro con Papa Francesco. Nel menù ha pesato parecchio il sottovalutato colloquio con il premier Giuseppe Conte, a cui il leader palestinese ha chiesto per l'Italia un ruolo di primissimo piano nel rilancio del processo di pace. A Conte è stato chiesto di caldeggiare una soluzione presso l'Unione europea, scegliendo alcuni interlocutori privilegiati come Francia, Irlanda e Belgio, i Paesi maggiormente a vocazione cattolica nell'Ue. "Inutile dire che a Conte sono brillati gli occhi - scrive il retroscenista del quotidiano torinese -. La proposta di Abu Mazen è stata colta al volo dal premier, il quale subito si è dichiarato pronto ad approfondire il piano recandosi personalmente a Ramallah". L'uscita bellicosa di Salvini, che forse non era a conoscenza dell'offerta di Abu Mazen, suona un po' come un avvertimento: prima di ogni passo, meglio chiedere a me. Sullo sfondo, i rapporti diplomatici della Lega, molto vicina alla Russia, e dei 5 Stelle più inclini ad accreditarsi come punti di riferimento degli Usa. Ma in uno scacchiere internazionale così complicato, la strategia dei due forni difficilmente funzionerà a lungo.

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