Matteo Salvini, Pietro Senaldi: "Grandi manovre per abbatterlo"
«Ho detto alla madre di Salvini che quella sera doveva prendere la pillola». Nelle due serate napoletane del suo spettacolo teatrale "Insomnia", con il presidente della Camera Roberto Fico ben accomodato in sala, Grillo ha attaccato il vicepremier. Certo è una battuta, ma si sa che dentro Cinquestelle il comico genovese è il più serio di tutti. Quando si tratta di dare la linea o reindirizzare con qualche scossone la politica del Movimento, Beppe scende in campo, e conta quanto Di Maio e più di Conte. In particolare ora che le sue creature sono un po' in difficoltà, Grillo è tornato sulla scena politica con insistenza, come comprovato dalla sua sottoscrizione al manifesto per la scienza, con la quale ha rinnegato anni di propaganda anti-vaccini. Ma se la sua apertura alle tesi dell' infettivologo Roberto Burioni, scienziato di chiara fama, ha indispettito più di un suo fan e finanche il vicepremier Di Maio, la satira anti-Salvini mette d' accordo l' intero popolo grillino, e non solo. Il punto è che il ministro dell' Interno è scomodo a tanti. Da quattro mesi la Lega è stabile ben sopra il 30%, con tutti gli altri partiti attestati sotto il risultato del 4 marzo 2018. Secondo il primo sondaggio sul voto del prossimo maggio per rinnovare il Parlamento dell' Unione, fatto dal sito Europe Elects, quello di Salvini sarà il partito più votato nel Continente e porterà a Bruxelles due deputati in più della Cdu, la balena bianca della Merkel. Logico che i grillini temano che una simile affermazione induca in Matteo la tentazione di sfilarsi dal governo e tentare le urne anche in Italia. L' interessato nega e giura che la coalizione gialloverde durerà cinque anni, o meglio cinque colombe. Ma si sa che le colombe volano via e poi guai a fidarsi delle parole di un politico. In ogni caso, un sorpasso della Lega su M5S di dieci punti frantumerebbe il Movimento, delegittimerebbe definitivamente Di Maio e Conte e aprirebbe a una divisione dei grillini con annessa crisi dell' esecutivo. Per approfondire leggi anche: Matteo Salvini, di quanti punti stacca Di Maio Ecco dunque che da M5S è partito il fuoco incrociato contro l' alleato. Ognuno usa le armi che può. Grillo fa satira. Alessandro Di Battista ne spara una al giorno. La Lega sfila per la Tav, e lui contesta la grande opera in tempo reale, Claudio Baglioni battibecca con il ministro dell' Interno, e lui si schiera con il cantante anziché con l' alleato. Di Maio non perde occasione per mettere i bastoni tra le ruote al collega vicepremier. Fa invasione di campo sull' immigrazione, aprendo le porte dell' Italia ai migranti fermi a Malta, annuncia che taglierà gli stipendi dei parlamentari innescando la rivolta dei salviniani, si dimentica di inserire i disabili cari alla Lega tra i destinatari del reddito di cittadinanza. Dove non si sporca le mani di persona, Gigino manda avanti i suoi che presentano proposte di legge a favore della droga cannabis, chiedono di azzerare il quorum per i referendum propositivi, boicottano l' autonomia di Emilia, Lombardia e Veneto, inseriscono clausole capestro per chi vuol andare in pensione prima e prelievi sanguinosi a chi ci è già andato. La partita di Conte - Anche Conte gioca la sua partita, remando sistematicamente contro il leghista. Il premier ha nel suo Pantheon la Merkel, Juncker, il Papa e Mattarella e non perde occasione per elogiarli pubblicamente. Tutte eminenze con le quali Matteo ha, o ha avuto, parecchio da ridire. I patiti di retroscena azzardano anche che il presidente del Consiglio si stia muovendo come ambasciatore tra Cinquestelle e il cosiddetto establishment per consentire ai grillini di ridimensionare l' alleato leghista. Certo sul piano delle alte nomine del governo, M5S sta creando un consistente cordone sanitario intorno alla Lega e al suo leader, che nella corsa alle poltrone di Stato che contano stanno parecchie file indietro rispetto all' alleato sedicente anti-Casta. La sinistra spera - Poi c' è la sinistra. Si è rassegnata al ruolo di comprimario ma non a restare fuori dalla stanza dei bottoni. Il nuovo segretario in pectore del Pd, Nicola Zingaretti, non perde occasione per lanciare segnali ai grillini. Fosse per lui, il ribaltone si sarebbe già fatto. Ma i più attivi stanno fuori dai Dem. Lo scrittore Roberto Saviano ormai è una macchietta. Dà a Salvini del fascista, anche se posta la Nutella su Facebook. Cionondimeno, trova sempre pulpiti di primo piano dai quali sparare. L' ultimo attacco al titolare del Viminale è stato per la sua abitudine a indossare magliette della Polizia. Tanto è bastato all' autore di Gomorra per paragonare il ministro a Fidel Castro, Gheddafi e Mussolini. La tesi è che, se un ministro dell' Interno mette la felpa delle forze dell' ordine, se ne appropria e le priva di libertà e terzietà. Peccato che l' intento salviniano sia opposto: indossando i capi della polizia Matteo intende difenderla e accreditarne l' immagine di fronte ai cittadini. Gesto difficile da comprendere a sinistra, dove sono abituati a prendere gli agenti a sampietrini in testa piuttosto che a onorarli. È un fuoco di fila senza interruzione. Qualsiasi cosa uno dica o faccia in Italia viene rivoltata contro Salvini. Perfino la rissa allo stadio tra napoletani e interisti ha dato origine a pretesti per attaccare il leader leghista. Pure la manifestazione, più che degna e condivisibile, contro l' aggressione da parte di un gruppo di Forza Nuova di due giornalisti dell' Espresso che si erano infiltrati in una celebrazione commemorativa delle vittime della violenza rossa della strage di Acca Larentia, si è trasformata di fatto in un sit-in anti-Salvini. I grillini sono per lo più di estrema sinistra e inneggiano ai gilet gialli, i violenti anti-Macron che stanno infiammando la Francia. Sono loro la maggioranza in Italia, eppure tutti sono preoccupati dall' imminente arrivo del fascismo, confondendo il no all' immigrazione incontrollata e la ricerca di sicurezza per i cittadini con l' ambizione a instaurare una dittatura. Ma che totalitarismo sarebbe quello di Salvini? Ha rinunciato al taglio delle tasse promesso, ha acconsentito al reddito di cittadinanza, ancora tratta su autonomia e legittima difesa, ha perfino accettato che Conte accogliesse immigrati a tradimento. Gli dicono fascista, ma è più democratico di alleati e avversari. di Pietro Senaldi