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Letta: "Ho i numeri", ma l'incubo è Renzi

Enrico Letta e Matteo Renzi

Enrico: "Posso governare". Ma la sua maggioranza rischia di essere come quella di Mortadella. E se per caso Matteo decidesse di andare al voto...

Michele Chicco
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Il ricordo del 2 ottobre riecheggia come un mantra nella mente di Enrico Letta. Il premier è convinto che la decadenza del Cav sia faccenda separata rispetto alle sorti del governo ed è sicuro di poter andare avanti. I calcoli se li è fatti per bene: sono 166 i senatori che lo sostengono e, oltre a Pd e Scelta Civica, ci sono 20 (ex) Pdl, alcuni fuoriusciti dai 5 Stelle e i quattro senatori di Gal. La fotografia che Letta non può dimenticare è quella che ritrae Gaetano Quagliariello con "la lista dei 24" scattata proprio il due ottobre a Palazzo Madama. "Non posso cadere - continua a ripetersi - perché ho i numeri".  Pochi - Certo, i calcoli del premier non sono sbagliati e la storia di quest'ultimo mese non fa che dar forza ai suoi ragionamenti. Però Letta sa che sarà costretto a perdere una grandissima fetta di senatori: rinunciare a 71 Pdl non sarebbe affare da poco perché la sua maggioranza da bulgara diventerebbe prodiana. Appena cinque, infatti, sarebbero i senatori sopra l'asticella minima (fissata a 161) e quindi ogni voto sarebbe sinonimo di patema d'animo. I rischi sarebbero alti e, quanto meno, il governo sarebbe costretto a negoziare di più, sempre di più, ogni provvedimeto con i componenti della maggioranza che avrebbero tutt'altra voce in capitolo rispetto a questi primi sei mesi di legislatura.  Ad esempio i dem - E' proprio questo a turbare Letta: vuole comandare, non fare il negoziatore. Soprattutto il premier non vuole dover trattare con i suoi, con quelli del Pd. Una maggioranza risicata, infatti, farebbe solo il gioco dei suoi avversari interni del Pd che avrebbero la possibilità di manovrare il governo dall'esterno a colpi di piccole minacce. Un nome su tutti: Matteo Renzi. Il sindaco di Firenze diventerà segretario del Pd l'8 dicembre e da lì partirà la sua corsa verso Palazzo Chigi. Può aspettare la primavera 2015 (come spera Letta) ma potrebbe anche ingolosirsi e anticipare i tempi di un bel po'. E allora potrebbe sfiancare il governo per debilitare letta, i lettiani e le colombe azzurre che lo seguiranno. La premiership vale, sicuro, più del patto siglato dal pisano Letta e dal fiorentino Renzi. E non è escluso che il sindaco possa sferrare il colpo della vita pur di diventare il solo uomo al comando.        

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