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Sergio Mattarella, la bomba di Paolo Becchi: banche, un greve sospetto sul Quirinale

Davide Locano
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Pochi giorni fa il presidente della Repubblica ha promulgato, al fotofinish, la legge che istituisce una nuova commissione parlamentare d' inchiesta sulle banche. Quella presieduta da Pier Ferdinando Casini durante la scorsa Legislatura si era conclusa con tante pacche sulle spalle e, sostanzialmente, con un bel nulla di fatto. In segno di gratitudine per il modus operandi il Pd si convinse a candidare Casini in un collegio uninominale blindato. Nell'attuale Legislatura una nuova legge istituisce una seconda commissione d' inchiesta sulle banche che vuole cercare di portare alla luce determinati fatti, guarda caso, trascurati dalla precedente. Iniziamo col dire che le commissioni parlamentari d' inchiesta sono strumenti di indagine e di istruttoria proprie del Parlamento, che non possono subire intromissioni da parte di nessuno nell' ambito del loro operato. Unici limiti sono quelli del rispetto della legge che le istituisce e del non doversi sostituire al ruolo della magistratura. Insomma, sostanzialmente non sono ammesse interferenze di alcun tipo. Leggi anche: Così Mattarella ha fregato Di Maio sulla commissione banche IL MONITO Eppure il presidente Mattarella, nel promulgare la legge, ha inviato ai presidenti di Camera e Senato una lettera di monito inusuale, e non prevista tra le prerogative tipiche del capo dello Stato. Non è che Mattarella ha deciso di fare «il Napolitano»? La lettera infatti si presenta come una vera e propria intromissione del Quirinale nel sacrosanto esercizio della sovranità popolare da parte del Parlamento. «L'eventualità che soggetti, partecipi dell' alta funzione parlamentare ma pur sempre portatori di interessi politici, possano, anche involontariamente, condizionare, direttamente o indirettamente, le banche nell' esercizio del credito, nell' erogazione di finanziamenti, si colloca decisamente al di fuori dei criteri che ispirano le norme della Costituzione». Questa una delle parti, a nostro avviso, più controverse della lettera. Mattarella chiede infatti ai presidenti di Camera e Senato, Fico e Casellati, di vigilare affinché la commissione parlamentare d' inchiesta non condizioni le banche nell' esercizio del credito e nell' erogazione di finanziamenti. Peccato che sia proprio Mattarella a dimenticare che la Costituzione, al primo comma dell' articolo 47 recita: «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l' esercizio del credito». Il termine «Repubblica» utilizzato dalla disposizione costituzionale va riferito soprattutto al suo organo principale, il Parlamento, titolare del potere legislativo nel quale risiede la sovranità popolare. Dunque è proprio il Parlamento, anche attraverso una commissione parlamentare d' inchiesta, a controllare l' esercizio del credito, quindi l' attività bancaria. CHI CONTROLLA CHI Il capo dello Stato richiama l' attenzione dei presidenti delle Camere anche su un altro aspetto, e cioè che «occorre evitare il rischio che il ruolo della Commissione finisca con il sovrapporsi - quasi che si trattasse di un organismo ad esse sopra ordinato - all'esercizio dei compiti propri di Banca d' Italia, Consob, Ivass, Covip, Banca Centrale Europea ». È proprio questo il punto. Una delle principali prerogative delle commissioni parlamentari d' inchiesta è quello di controllare e verificare - in un perimetro che non sconfini nelle prerogative tipiche dell' ordine giudiziario - che autorità indipendenti abbiano esercitato secondo la legge i loro compiti, quantomeno di vigilanza, come nel caso di Bankitalia, Consob etc. È chiaro che queste, nella loro veste di autorità indipendenti, sono già tenute al controllo delle attività bancarie e creditizie, ma chi «controlla» i «controllori»? Voler sottrarre al Parlamento le prerogative di controllo - seppur circostanziate - sulle autorità indipendenti significa ammettere che eventuali abusi restino senza risposta, senza verità, lasciando i «controllori» privi di qualsiasi controllo da parte della Repubblica. Si ha l' impressione di un cambio di marcia, Mattarella pare voler iniziare a seguire la strada del suo predecessore. Con tutti i rischi che già conosciamo. di Paolo Becchi e Giuseppe Palma

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