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Luigi Di Maio umiliato di fronte ai ministri: trattato da zimbello da Tria. "Non si fa", gelato pure Conte

Giulio Bucchi
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Un ora di confronto serrato, durissimo. Da una parte Luigi Di Maio, dall'altra Giovanni Tria. In mezzo, disperato, il premier Giuseppe Conte, che ha provato a mediare tra il vicepremier grillino, che preme per l'ok immediato al rimborso dei truffati dalle banche, e il ministro dell'Economia che tiene duro sul no, preoccupato per le critiche dell'Unione europea al provvedimento e i rischi legali che ricadrebbero sulle spalle dei funzionari del Tesoro. Leggi anche: Pcco perché Tria dice no ai rimborsi. L'ombra dei magistrati sul ministro A un certo punto, scrive il Corriere della Sera, Conte ha calato l'asso: "Dobbiamo tutti essere consapevoli di quanto vale questo provvedimento in termini elettorali, la fretta è più che giustificata". Argomentazione che però, ovviamente, non ha scalfito il tecnico Tria, secondo cui l'unico modo per sbloccare tutto è la creazione di una norma ad hoc che metta nero su bianco paletti e responsabilità. Clima gelido a Palazzo Chigi, con un confronto fra Conte e Tria che il Corsera descrive come "pacato, ma anche molto ingessato, quasi professorale". Non un indizio di buona salute, visto che il premier aveva come obiettivo quello di difendere lo stesso ministro dell'Economia. "Io ci ho messo la faccia e si fa come dico io", aveva rivendicato Di Maio con i vertici M5s, prima del Consiglio dei ministri. Ma Tria, sottolinea ancora il retroscena del Corriere, "in modo flemmatico e anche un po' indisponente, almeno a detta di alcuni, risponde semplicemente che no, così non si può, bisogna ascoltare il Mef e non chi ci ha messo la faccia". Gli sarebbe bastato scuotere il capo per mandare in frantumi il sogno di blitz pentastellato.

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