Paolo Becchi, la profezia drastica dopo il voto: come può sopravvivere il governo
La magistratura, come da tradizione, torna a colpire i suoi nemici politici «ad orologeria», in vista delle prossime elezioni europee. Ha scelto l' anello debole della classe dirigente leghista, quello su cui, certamente, i giudici possono sperare di trovare qualcosa di «marcio»: il sottosegretario della Lega, Armando Siri, già imputato per bancarotta fraudolenta - con una condanna a seguito di patteggiamento ad un anno e otto mesi. E ora indagato per corruzione. L' assist al M5s è così perfettamente servito: il partito che ha fatto dell' onestà, della lotta alla corruzione, della «questione morale» le sue parole d' ordine, ha ora buon gioco ad attaccare Salvini e a chiedere le dimissioni immediate del suo sottosegretario. Leggi anche: Becchi, si mette male: "Cosa non mi torna sul caso Siri: Lega e M5s, cosa rischiano" La sua appare ora una rivendicazione dei propri valori «originari», un atteggiamento dettato dalla coerenza, quando in realtà si tratta solo di propaganda elettorale volta ad indebolire una Lega in costante ascesa. Se Salvini cederà, la sua sarà una sconfitta politica che consentirà, forse, al Movimento, di rifarsi quella verginità che tanti ormai gli rimproverano di aver perduto. MANOVRA RISCHIOSA La Lega d' altro canto, non può permettersi di ammettere di avere un sottosegretario corrotto: sarebbe troppo facile, a quel punto, per i 5 stelle, ricordare agli italiani che solo loro sono la «novità», mentre tutti gli altri - Lega compresa - sono sempre la vecchia «casta», la vecchia partitocrazia clientelare e mafiosa. Eppure, al contempo, la mossa dei 5 stelle è rischiosa: se Salvini dovesse tener duro, e noi ci auguriamo lo faccia, davvero Di Maio arriverebbe a provocare una crisi di governo? Quanto può tirare la corda, quanto gli conviene? Se cadesse il governo Conte nei prossimi giorni, non ci sarebbe neppure il tempo di costituirne uno nuovo entro le Europee, magari con una coalizione M5S-Pd. I Cinque stelle e la Lega si troverebbero insieme, separati in casa, in un governo dimissionario ma ancora in carica, senza effettivo potere, ma interamente responsabile - politicamente - della crisi provocata. Entrambi alle elezioni ne uscirebbero con le ossa rotta. Ed è questo forse, a ben vedere, il senso di tutta l' operazione. Davvero il Movimento vuole rischiare di trovarsi in una situazione simile? LA VIA D' USCITA Salvini fa bene a non cedere, per il momento. Non si fa saltare un sottosegretario per un avviso di garanzia, semmai correttezza istituzionale vorrebbe che Siri si presentasse in Parlamento e dicesse perché non intende dimettersi. Del resto la soluzione a questo «nodo» potrebbe arrivare subito dopo le elezioni europee: i risultati dovrebbero, infatti, spostare i rapporti di forza all' interno del governo, imponendo un «rimpasto» nel corso del quale Siri potrebbe, per ragioni di opportunità politica, essere facilmente rimpiazzato. Si salverebbero così capra e cavoli. E se invece il M5s dopo le elezioni insistesse con le dimissioni proprio perché si sente fagocitato da una Lega sempre più forte, sarebbe sempre Di Maio ad assumersi la responsabilità della crisi di governo. di Paolo Becchi