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Giancarlo Giorgetti: "Così non si va avanti. Sono pronto a mollare il governo"

Cristina Agostini
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Matteo Salvini conosce la parte e sa quello che bisogna dire a quattro giorni dal voto: «Il governo continua al cento per cento dopo le elezioni. Sul piano interno non cambierà nulla, non chiederò un sottosegretario in più». Ma da qui a dire che Giuseppe Conte può dormire sonni tranquilli, ce ne passa. Cosa farà davvero la Lega il 27 maggio, infatti, non lo sa nemmeno il suo leader: dipenderà dai risultati usciti dalle urne la notte di domenica. Incluse le regionali piemontesi, che il Carroccio, schierato insieme al "vecchio" centrodestra, considera un referendum sulla Tav. Però la sintesi più vera la fa Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Salvini, parlando ai giornalisti della stampa estera. «Il governo deve evitare di vivere nello stallo, nell' immobilismo». E nelle ultime settimane, lamenta, «qualcosa non ha funzionato, mi sembra evidente». In cima alla denuncia c'è la mancata approvazione dell'autonomia del Nord, per la quale «se il governo non dà una risposta, la vecchia Lega, ma anche quella di Zaia, e tutti quanti noi, ci spazientiamo». Non accusa nessuno in particolare, «tantomeno il premier, ma così», è la fase che fa traballare Conte, «non si può andare avanti». Leggi anche: Resa dei conti dopo il voto. Conte rinvia il Cdm: i dubbi sulla manina dal Quirinale Lo stallo - A maggior ragione, rimarca Giorgetti, se dalle Europee arriva un «plebiscito» per la Lega, con una percentuale attorno al 30% o superiore. In questo caso «Salvini avrà un ruolo maggiore in Italia come in Europa». Lo stesso sottosegretario comunque si dice pronto a lasciare un governo nel quale, è chiaro, ormai non crede più: «Sono dispostissimo a fare un passo indietro se me lo chiedono e se non ritengono utile la mia posizione». Nessun ripensamento nemmeno sul ruolo di Conte, che secondo Di Maio sarebbe "di garanzia", mentre i leghisti ormai lo ritengono un grillino a tutti gli effetti: «Non c'è nessuna accusa. Conte è espressione del M5S, io della Lega». Parole che non piacciono a Di Maio, convinto che siano la conferma che «c' è una parte della Lega nostalgica di Berlusconi. Ogni giorno c' è qualcuno, e non del M5S, che minaccia la crisi di governo». (...) di Fausto Carioti Clicca qui per leggere l'articolo integrale su Libero in edicola oggi, 23 maggio  

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