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Pdl, i lealisti: "Dai pm pronto un attacco su Verdini"

Andrea Tempestini
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L'allarme non riguarda il numero delle firme in vista del Consiglio nazionale. «Sono seicentoquarantacinque sicure», garantiscono. Il problema di Raffaele Fitto e dei suoi è che, a detta loro, Angelino Alfano e i ministri hanno cominciato a «giocare sporco». Li accusano di avere già convinto un centinaio di membri del Consiglio nazionale a firmare il documento predisposto da Silvio Berlusconi e, contemporaneamente, anche il loro.  In secondo luogo sono sospettati di «manovre» finalizzate ad indebolirli in vista della conta.  I «lealisti», che si sono riuniti anche ieri per discutere sul da farsi, sono preoccupati per alcune  «strane voci» che hanno cominciato a girare dentro il Palazzo, di un intervento a gamba tesa della magistratura. «Sento strane voci di un'escalation giudiziaria da qui al Consiglio nazionale del partito, che appare troppo puntuale per rappresentare un caso fortuito», rivela per prima Mariastella Gelmini. La vicecapogruppo a Montecitorio, solitamente molto cauta, stavolta scende nei dettagli: «Sarà solo un caso ma in Sardegna, a fronte di un'inchiesta che coinvolge tutto il Consiglio regionale, sono finiti in carcere esclusivamente due consiglieri del Pdl; in Campania è toccata la stessa sorte ad un altro consigliere, sempre del Pdl». Il riferimento è a due fatti di cronaca noti. Meno noto il fatto che i consiglieri sardi Mario Diana e Carlo Sanjust arrestati mercoledì e quello campano finito dietro le sbarre ieri perché accusato di nomine e appalti pilotati in una Asl di Caserta, Angelo Polverino, sono tutti «lealisti».  Erano impegnati nella raccolta delle firme sul documento dell'ufficio di presidenza pidiellino proprio nei giorni antecedenti al loro arresto. «Non vorremmo che certa magistratura voglia mettere naso e becco nelle vicende di un partito, cercando di condizionarne l'attività in un momento così delicato per la sua vita e i suoi assetti interni», insinua l'ex ministro dell'Istruzione. Che mette le mani avanti: «Se mai dovesse succedere, siamo certi che tutti saremo pronti a denunciare in modo chiaro e netto l'ennesima invasione di campo di precisi settori della magistratura...». Nessuno ci speculi, è il messaggio rivolto ai compagni di partito dell'altra fazione. L'allarme di Gelmini è stato immediatamente rilanciato da Stefania Prestigiacomo e Debora Bergamini, entrambe «lealiste». «C'è da riflettere», scrive su Twitter l'ex ministro dell'Ambiente. Ma, sottolinea la capogruppo pidiellina in commissione Esteri, «una intrusione sarebbe impensabile, inaccettabile e irricevibile».  Il loro collega deputato Luca D'Alessandro sospetta che ci sia dell'altro: «Ucci ucci, sento odor di dossierucci...», cinguetta tra il serio e il faceto.  Difficile dire in cosa possa consistere l' escalation che si aspettano i «lealisti» in vista del Consiglio Nazionale. Alcuni deputati azzardano una ipotesi shock, cioè che da Napoli o da qualche altra Procura stia per arrivare un «colpo» a Denis Verdini. Verdini non è soltanto coordinatore del Pdl e fedelissimo del Cavaliere, ma, in questa fase tormentata della vita del suo partito, è anche l'uomo che sta organizzando la raccolta di firme per conto dell'ex premier in vista del Consiglio nazionale, il nemico numero uno del vicepremier e ministro dell'Interno. Tutto può succedere.  Di certo Fitto e i suoi non hanno intenzione di cedere nemmeno un millimetro. E a Roberto Formigoni che propone il voto segreto al Consiglio nazionale sulla proposta di tornare a Forza Italia rispondono in coro Renato Brunetta, Altero Matteoli e Mara Carfagna: «Non esiste, le decisioni politiche si prendono a viso aperto». Se da un lato i «lealisti» apprezzano la frenata di alcuni «alfaniani» che sembrano intenzionati a ricucire, come i ministri Maurizio Lupi e Nunzia De Girolamo, i toni tra le due «fazioni» restano asprissimi. Lo dimostra lo scambio tra l'ex sottosegretario (falco) Michaela Biancofiore e l'attuale sottosegretario (alfaniano) Jole Santelli. «Fate tornare Angelino alla “casa del padre”, del quale ha sperperato tutto il patrimonio politico», accusa la prima. «Datti una calmata!», risponde la seconda. di Paolo Emilio Russo

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