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Luigi Di Maio, rivolta interna. Retroscena sui ministri M5s: terrore puro, telefonate disperate a Grillo

Caterina Spinelli
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Il rimpasto fa paura ai grillini tanto quanto a Luigi Di Maio fa paura la caduta del governo. E così il vicepremier è disposto a tutto pur di rimanere attaccato alla gonna di Matteo Salvini. Il ministro del Lavoro non ha negato la possibilità di una "revisione di poltrone": far cadere le teste di alcuni importanti ministri per cederle, su un piatto d'argento, al leader del Carroccio. Ma a chi è sulla graticola, la decisione fa parecchia paura, tanto da appellarsi a Beppe Grillo. Il fondatore ha infatti ricevuto le chiamate dei grillini che sono nel mirino di Di Maio, dopo che sono state attivate alcune misure: dalle schede di valutazione sul lavoro di ciascun membro, al confronto diretto con deputati e senatori. Di Maio le tenta proprio tutte per prendere una decisione veloce e indolore, per lui perlomeno. Non di certo per i sottosegretari che sperano di salire di grado.  Leggi anche: Di Maio ha le ore contate: Casaleggio si muove per il voto Il leader pentastellato, sostenuto da Alessandro Di Battista, ha tenuto una riunione sulla riorganizzazione del M5s. Tra le proposte, la volontà di creare una struttura territoriale, con tre-cinque referenti per ogni regione o macro-area. Tra questi potrebbero esserci anche due donne, Paola Taverna e la sindaca di Torino Chiara Appendino. Sembra ancora in fase di decisione la posizione di Roberto Fico, il presidente della Camera: "Roberto darà sicuramente una mano, bisogna vedere in quale forma" spiegano persone a lui vicine. Stesso mistero anche la risposta di Grillo, a cui più volte è stato chiesto di entrare nel comitato. Ormai assodata, invece, la presenza di Dibba che, da buon frequentatore di piazze, ha già suggerito di lavorare a un manifesto in 20 punti con temi di programma e valori del Movimento, da elaborare assieme ad eletti ed iscritti. "Una proposta a cui Alessandro tiene molto" raccontano.  Leggi anche: Mattarella blocca il rimpasto. "In Europa bisogna andare avanti" Però c'è tanto di cui discutere. Non meno importante il vincolo dei due mandati elettivi, per cui Di Maio e Di Battista stanno consultando eletti di vario ordine e grado. Tanti hanno avallato l'idea di dispensare dalla regola i consiglieri eletti a livello circoscrizionale o nei piccoli centri. "Il mandato zero" lo chiamano ai piani alti del M5S. Una furbata in grado di favorire l'ingresso in Parlamento di persone rodate sul campo. Ad ora però è più importante l'incontro tra Di Maio e Salvini. Sul tavolo anche il nome per la Commissione europea: "Arriverà alla fine, ma lo sceglieremo assieme a Di Maio e al premier Conte" tuona Salvini. Di altra idea i Cinque Stelle: "Il nome deve farlo lui". Poi c'è il rimpasto. Rimpasto che per il leghista è "fuori dagli obiettivi". 

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