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Matteo Salvini: "Giù le tasse o saluto tutti e lascio il governo. Servono dieci miliardi"

Cristina Agostini
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All'Italia serve una riforma fiscale coraggiosa. "Se non me la dovessero far fare, io saluto e me ne vado". Matteo Salvini è pronto a lasciare il governo se non gli faranno abbassare le tasse, dice al Corriere della Sera: "Solo così si rianima l'economia, non è quello che vogliono i liberali? Basta gabbie sugli anni futuri, basta con lo strozzare la crescita possibile". Sulla sua scrivania c'è un rapporto con l'aquila in copertina: "Sono le politiche economiche di Donald Trump. Noi abbiamo bisogno di un approccio del genere", spiega.  Il ministro dell'Interno entra anche nel merito della procedura di infrazione dell'Europa al Paese e spiega che i due miliardi di risparmi che l'Italia porterà in Europa sono l'ultimo passaggio di una fase da superare. "Per il 2019, se è vero come è vero che lo Stato spende di meno ed incassa di più, possiamo utilizzare quella cifra per abbattere il debito, e va bene...". Ma attenzione: "Il problema è che non esiste un taglio delle tasse serio che possa richiedere meno di dieci miliardi". Leggi anche: Rivoluzione-Calderoli, la Lega cambia ancora nome: mossa concordata con Salvini per disinnescare i pm Quello che promette Salvini è questo: "Taglieremo le tasse a lavoratori e famiglie a prescindere dal parere di qualche burocrate. Il futuro, dei nostri figli e dell'Italia, viene prima dei vincoli decisi chissà dove". Se il governo non riuscisse a costruire la flat tax, aggiunge, è pronto a "salutare". Ma la determinazione resta: "Il fatto che io oggi sia qui, al lavoro, è la migliore risposta ai chiacchieroni come Alessandro Di Battista", attacca. L'esponente stellato, infatti, è convinto che " Salvini provochi ogni giorno il Movimento 5 Stelle per far cadere il governo". Ma, osserva il vicepremier, "lui va a spasso e noi stiamo sul pezzo. Adesso stiamo organizzando per luglio gli Stati generali dell'economia a cui inviteremo tutti: imprese, sindacati, associazioni. Noi questo facciamo: lavoriamo. Altri... Vabbè". Infine le autonomie dove, per il vicepremier "ci sono stati rallentamenti incomprensibili da parte di alcuni ministeri".  

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