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Giuseppe Conte accusa Matteo Salvini di ingerenze e medita il piano per cambiare la maggioranza

Caterina Spinelli
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Il disagio di Conte è dato dal fatto che si pensa re ma non è neppure principe consorte. Quel ruolo spetta a Di Maio, che almeno quando strepita contro l' alleato Salvini lo fa dall' alto di un 34% di voti presi l' anno scorso. Il premier avvocato del popolo invece è solo un mandatario, non ha una forza propria, deve rispondere a chi l' ha insediato, ovverosia Cinquestelle e Lega. All' inizio il professore di Volturara Appula aveva piena consapevolezza di ciò e si comportava di conseguenza. Ma allora tutto era più facile. Il contratto di governo era stato appena siglato e lo strano matrimonio gialloblu doveva ancora consumarsi. Il premier si limitava a fare il notaio e annuire alle decisioni altrui. Figurava nella squadra dei potenziali ministri grillini presentata prima del voto e venne promosso quando a Casaleggio e Gigino, che avevano il doppio dei voti di Salvini, toccò indicare un presidente del Consiglio della loro area ma non politico. I guai iniziarono quando i rapporti di forza tra M5S e Lega si ribaltarono e Conte entrò in crisi di identità. Con l' azionista di maggioranza cambiato, il premier per conto terzi perse consapevolezza della propria missione. Non fece il salto della quaglia, consegnandosi al nuovo uomo forte, Matteo, e di questo gli va reso onore. Però abdicò al proprio ruolo di garante, messo a Palazzo Chigi per rappresentare i due contraenti, e cominciò a giocare una partita personale. I sondaggi lo accreditavano di un forte gradimento popolare, che nei momenti di picco si attestava intorno al 60%. Conte equivocò. Pensò fosse un' investitura personale e non il premio per il fatto che gli italiani avevano capito che si arrabattava per mettere d' accordo cane e gatto, ossia le armate gialle e quelle verdi e blu. Vagheggiò addirittura di fondare un partito personale, poi capì che avrebbe fatto la fine di Monti e abbandonò l' idea. MISSIONE TRADITA La rinuncia non gli ha fatto però trovare pace. Il premier si agita, lo irrita il fatto che Salvini conti più di lui e per questo lo attacca, proprio come fa Di Maio. Ma mentre il leader grillino ha una copertura politica, il professore no. Quando contesta pubblicamente Salvini, Conte tradisce la propria missione, che non è far politica ma fare il garante, rappresentare le due parti, non una sola, comporre i dissidi tra M5S e Lega. Lui invece li alimenta e si schiera, poi accusa il ministro dell' Interno di non stare nel ruolo e di «giocare a fare il premier», quando invece è il primo a tracimare. Se al professore non sta più bene come si comporta il leader leghista, è lui e non Matteo a dover agire di conseguenza. Se ne vada, nessuno lo ha eletto, non è obbligato a restare qualora la situazione non gli garbi. Se quando muore un Papa se ne fa un altro, figurarsi che problema ci può essere nel caso tolga il disturbo un Conte qualsiasi. Più difficile è trovare un leader politico accreditato del 35% e passa dei consensi. L' ultima polemica alimentata dalla coppia premier e vicepremier grillino è stucchevole. I due attaccano il ministro dell' Interno per aver ricevuto i sindacati al Viminale anziché nella sede della Lega, visto che egli li incontrava in qualità di leader politico e non di uomo di governo. Secondo la coppia sarebbe un' invasione di campo, un gesto irrituale. Gigino ha addirittura sostenuto che sia stata una mossa diversiva per sviare l' attenzione dal Russiagate. Forse dimentica che l' appuntamento è stato fissato prima che esso scoppiasse. Ormai Matteo non può neppure andare in bagno senza essere accusato di voler spostare i riflettori dal caso Savoini. Quando va in giro, lo processano perché non sta mai al Viminale, quando invece fa il padrone di casa gli dicono che avrebbe dovuto essere altrove. Siamo al ridicolo. Oggi, tanto per intendersi, andrà a visitare un gattile e il Pd lo accusa di animalismo strumentale a cancellare l' ombra di Putin. Non si capisce perché Di Maio si agiti tanto se Salvini incontra Landini. Al ministero il grillino ha da un anno oltre cento tavoli di crisi aperti con le aziende. Volesse lavorare anziché polemizzare su ciò che fanno gli altri, ne avrebbe da fare. TANTE AMBIZIONI Ma passi Gigino, cartamodello ingrato dell' alleanza di governo. Quello che non si giustifica è Conte, che da ospite di Palazzo Chigi rischia di trasformarsi in inquilino abusivo. Ha ostacolato Salvini sulla lotta all' immigrazione, schierandosi contro l' uso delle navi militari e spezzando lance in favore delle ong, in Europa non ha mosso un dito per favorire la nomina di un commissario leghista, tace sulla flat tax e ostacola silenziosamente l' autonomia. Si muove come i ministri tecnici Moavero e Tria e cerca una sponda sul Colle, solo che i primi sono stati più o meno suggeriti dal Quirinale e hanno effettive competenze tecniche per il ruolo che ricoprono, il professor Giuseppe no. Peraltro, egli ha ambizioni ma non si conoscono né una sua idea né un suo progetto, e questo per chi coltiva aspirazioni politiche è un bell' handicap. Si ha quasi l' impressione che sfidi Salvini e punti alla demolizione del governo per rimanere a Palazzo Chigi in un futuro Conte bis, retto da Cinquestelle e Pd con l' avallo di Mattarella. Ovviamente in barba a quegli italiani che ancora si illudono che il loro voto conti qualcosa e si recano numerosi alle urne a votare Salvini e centrodestra. di Pietro Senaldi

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