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Luigi Di Maio, voto sul nuovo M5S: metà del popolo grillino gli volta le spalle

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Maria Pezzi
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Per i 5 Stelle vale un po' lo stesso discorso del Pd che riesce a "vincere" sì ma solo alle primarie interne. A Luigi Di Maio la piattaforma Rousseau sta facendo lo stesso effetto: in mancanza di successi sul campo, da qualche tempo a questa parte ogni votazione sul sito viene salutata come un grande trionfo politico. È accaduto il 30 maggio scorso, quando Giggino davanti all' incredibile flop del MoVimento da lui guidato alle elezioni Europee è giunto a picchi surreali tali da sostenere «non mi monto la testa, questo è il momento dell' umiltà». Tutto questo per essere stato confermato capo dei grillini - senza competitor - con 44mila sì. Non c' è che dire, il risultato si è visto ieri, con l' inarrestabile marcia indietro dei seguaci sulla cosiddetta nuova organizzazione del M5s: in pratica la sconfessione totale di alcuni dogmi casaleggiani come il limite del secondo mandato (rottamato con l' introduzione anti-aritmetica del «mandato zero»), il no all' alleanza con le liste civiche (da ieri diventato sì) e poi l' introduzione dei "facilitatori", della struttura regionale e della possibilità, per i consiglieri comunali, di candidarsi durante il secondo mandato. Alla fine i sì, come era prevedibile dato il battage video e non "a blog unificato" di Di Maio, hanno stravinto (anche se sul «mandato zero», che ha scatenato rabbia e sfottò tra gli ortodossi, un terzo non ha potuto fare a meno che opporsi). E la propaganda pentastellata ha prontamente venduto i clic totali, 123mila, come se si trattasse dei dati dell' affluenza. In realtà questa ha registrato un crollo pauroso: in meno di due mesi dalla riconferma del capo politico, siamo passati dai 56mila (quelli «del record di partecipazione mondiale per la votazione on-line in un solo giorno», commentava Di Maio con la solita sobrietà) ai 24mila, spalmati addirittura in due giorni, che ieri hanno risposto ai cinque quesiti. Tradotto: meno della metà i votanti per la riforma che dovrebbe agevolare la remuntada del MoVimento nei confronti della Lega ma testimonia plasticamente, invece, la fuga in atto della base dal leader. Il tema, insomma, diventa questo: se è vero (ma non è dimostrato) che gli iscritti a Rousseau sono centomila, solo un quarto dei grillini ha ritenuto di scomodarsi per decidere il nuovo corso. Per approfondire leggi anche: Giuseppe Conte, la rabbia di Matteo Salvini Sì dirà: il caldo torrido, le ferie, l' umidità scoraggiano di solito anche i più ferrei militanti dal recarsi alle urne. Eppure per votare su Rousseau, come è noto, basta un clic e un dispositivo. Si può fare, comodamente, persino dalla spiaggia. Anche sotto l' ombrellone, però, in pochi evidentemente hanno voluto partecipare. A maggior ragione dopo aver letto il macigno di Beppe Grillo nei confronti dei suoi ragazzi a palazzo Chigi sulla Tav: «Il senso di questa opera inutile lo abbiamo sotto gli occhi tutti quanti». E a proposito di alta velocità, si preannuncia alta pure la tensione da parte degli ex grandi sponsor di Di Maio & co: i No Tav. Per oggi è prevista la marcia della rabbia e nel mirino c' è il tradimento dei 5 Stelle al governo. «Abbiamo solo qualche nemico in più», ha sentenziato uno dei leader, che parla un po' la stessa lingua dei No Ilva, No Tap e così via. La base, dunque, ha voltato le spalle al leader. Il risultato è che ad avanzare sui territori - e ad astenersi su Rousseau - sono sempre più numerosi i "No Di Maio"... di Antonio Rapisarda

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