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Silvio Berlusconi, addio di Giovanni Toti? Perché il Cav sorride: se il coordinatore lasciasse Forza Italia...

Davide Locano
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Nato e cresciuto gregario, ubertoso succedaneo vivente di Ercolino Sempreinpiedi - ma neppure Berlusconi lo ha convinto, se non costringendolo, a mettere la cravatta - Giovanni Toti, dietro la paciosità dei modi e del corpo, è un mistero. Il mistero è il seguente: se Ercolino viene staccato dalla bombola, sarà in grado di stare in piedi da solo? Momentaneamente sterilizzata dalla coabitazione con Mara Carfagna al coordinamento di Forza Italia, la carriera di Toti arriverà presto a un bivio. Fra un anno la Liguria, una regione che ha meno della metà degli abitanti della città metropolitana di Milano, di cui è presidente telecomandato da Arcore, tornerà alle urne: e lui, al di là delle apparenze, avrà poco da far valere. Leggi anche: Chi potrebbe seguire Toti fuori da Forza Italia Prima di tutto perché, finché esiste Berlusconi, il telecomando resta in mano a Berlusconi, e coordinare il partito morente non significa quasi niente. Ma Berlusconi non durerà per sempre, e quando il giorno verrà, Toti avrà avanti a sé un bivio, e potrebbe cercare di diventare una fra due cose: un piccolo Macron, che compare da un quasi nulla, all' improvviso, e spacca la partita, o un compare-contraltare di Salvini più accogliente dei 5stelle, meno isterico di Di Maio. Probabilmente nessuna delle due cose gli riuscirà. A Macron infatti il colpo è riuscito, intanto perché è francese, e la Francia è un Paese strutturato, con un unico amor di sé, nella monarchia e nella repubblica, ha avuto il Re Sole e se ne vanta ancora; e poi perché Macron ha (o aveva) dalla sua parte tutti i potentati economico-finanziari del Paese. L' Italia, al contrario, è un Paese che ha un amor di sé diverso per ogni Comune, è un' arlecchinata di popoli incollati insieme, guidarlo è come governare un toboga. Niente Macron, per gli italiani. L' ASSE CON SALVINI Per quanto riguarda la seconda opzione, che potrebbe passare per la fondazione di un partito mascherato da lista civica che punta a occupare il vuoto lasciato dagli azzurri, Toti già quattro anni fa, era appena insediato a Genova, in un' intervista al Corriere della Sera aveva dato segnali di grandeur: «Mi sta chiedendo se io e Matteo possiamo essere la nuova versione di quello che l' asse tra Berlusconi e Bossi rappresentò per il centrodestra vincente? Allora la mia risposta è sì». Anche ammesso che al tempo le cose stessero come diceva lui, oggi sono cambiate, non può contare sul fatto che Salvini voglia rivisitare né correggere alcuna versione di sé. Quindi a Toti, per rimanere su questa strada, non resterebbe che rivisitare e correggere se stesso. Come ha fatto per vent' anni con Berlusconi, al quale oggi si ribella per finta, percorso classico in Forza Italia: dico che me ne vado, faccio le bizze, grido "bum bum", faccio correre i miei da una parte all' altra della nave per farli sembrare di più, e alla fine Berlusconi per tenere tutto insieme concede qualche briciola. Toti con Salvini non potrebbe che ripetere il copione. Per fare da soli e "bucare" ci vogliono una personalità, molti soldi, saper usare i social a manetta, l' appoggio dei giornali, e in questo caso potrebbe comunque considerare trionfale un due per cento. Da questo punto di vista, Toti per il Capitano sarebbe una manna: una buona seconda guida con un clacson fastidioso ma con vari cavalli in meno nel motore. Il fatto (e il fato) è che Toti non è un numero uno. E soprattutto cerca di fare il numero uno nel territorio sbagliato, dove il Patriarca ha già molte volte mostrato di preferire il diluvio che il dopo di lui. Essere delfini in Forza Italia è nascere arenati. Toti è anche un uomo gommoso, e fin qui per la politica va bene, ma anche senza una forma definita. E questo è un limite insormontabile. Ha un' immagine positiva e un suo seguito (ma, ahinoi, anche Prodi ci giocò, con "l' effetto faccione"), ha 18mila seguaci su i Instagram, 150mila su Facebook. LA CONVENTION È stato un buon giornalista, è stato apprezzato per la sua immunità all' affanno: paziente, lavoratore, attendista. Scrisse del suo carattere Mario Giordano, su questa testata: «Se lo bombardano, fa il sommergibile: va sott' acqua, aspetta che passi la bagarre e riemerge più robusto di prima». Ma va aggiunto che il meglio di sé Toti lo dà stando al traino di qualcuno più grande di lui. Che cosa farebbe lasciato davvero solo, è inconoscibile. Perché Toti non vuole che questo accada. Un esempio illuminante, e anche un po' comico, è la convention "Italia in crescita", al teatro Brancaccio di Roma, a inizio mese. Si è fatto precedere, sul palco, da quattro donne d' esperienza a scaldare i presenti. Quando è venuto il momento della sua entrée, mentre risuonava "Don' t stop me now", inno frenetico degli inglesi Queen, è sbucato alle spalle dei duemila presenti, passando per la platea, bisunta sorpresa di scena delle stelle dello spettacolo invecchiate e consumate. E poi? E poi niente. Tutti si aspettavano lo strappo, ma lo strappo, totianamente, non è arrivato. Evocando le primarie, ha prima detto: «Avremo la nostra rivoluzione d' ottobre, è un buon mese per la rivoluzione, anche se quella d' ottobre non è nella nostra cultura»; poi ha aggiunto: «Ma la scissione dell' atomo non ci interessa, vogliamo unire». Allora, 'sta rivoluzione? Anche davanti ai suoi, ha evitato di lasciare il bordo della piscina, non ha potuto fare a meno di cercare la benedizione di papà, attaccandosi alla scusa della ricostruzione invece di quella della rottamazione: «Qui non c' è nessuno contro Berlusconi. Quello che chiediamo è di aiutarci a costruire la Terza Repubblica». E ovviamente, quasi a sperare di nascondersi tra la folla, ha aggiunto che «la classe dirigente di Forza Italia deve convivere in un luogo più largo dove ci sono più persone, più idee, più rappresentanze». Cioè niente, tutti dentro, tutti fuori, a fare che cosa chi lo sa. Probabilmente Toti sa di non sapere, di non aver un programma, probabilmente non è proprio nella sua natura farsene uno. Dieci giorni fa ha postato su Instagram una sua foto invecchiata con quel programmino che va di moda, Faceapp. Sotto ha scritto: «Aspettando le primarie». Voleva dire che le primarie non si faranno mai, ma non era ironia, era speranza. di Costanza Cavalli

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