Fermento nel Pd
Roma, 22 ago (AdnKronos) - "Noi abbiamo 5 punti, loro 10. Tutti e due siamo per lavorare a un governo forte e solo dopo per affrontare il voto. Bene, no?". Uno dei mediatori, tra i più ottimisti, tra Pd e M5s enfatizza gli aspetti positivi della situazione. La trattativa 'giallorossa' ha fatto grandi passi in avanti, in parte inaspettati se si considera che fino a ieri i contatti erano andati avanti solo tra gli sherpa in via non ufficiale. Oggi l'ufficialità: alle 14 è previsto un incontro tra le delegazioni Pd e M5S finalizzato a verificare le chances per una nuova maggioranza in grado di sostenere un esecutivo 'giallorosso'. I colloqui, si apprende da fonti parlamentari, si terranno in una sede ancora da definire, tra Camera e Senato. Salvini: "Porte e vie della Lega sono infinite" Dopo tanti giorni di 'lavorio' sottotraccia, già ieri i contatti sono diventati formali: il capo dello Stato ha dato a dem e pentastellati quattro giorni pieni di lavoro, fino a martedì. Dopo, un nuovo giro di consultazioni di 48 ore ma poi sarà incarico: giallorosso o a un premier 'elettorale', per portare il Paese alle urne. "Il presidente, su questo, è stato chiaro", si spiega dalla delegazione dem salita al Quirinale. Una chiarezza, quella del capo dello Stato, interpretata da chi è ottimista come una buona spinta alla chiusura dell'accordo. Le premesse al patto Pd-M5s sono nel via libera dell'Assemblea pentastellata a un incontro con i dem soprattutto per affrontare il tema del taglio dei parlamentari. L'incontro, a livello di capigruppo, potrebbe tenersi già oggi. Ma ancora dal Nazareno manca la conferma ufficiale. Dalle parti del Pd, c'è da registrare l'ottimismo di Andrea Marcucci ("l'obiettivo di arrivare ad un programma rigoroso nei tempi celeri che vuole il Capo dello Stato, è raggiungibile”). Ma anche le parole dello stesso Zingaretti: "Dai punti programmatici esposti da Di Maio emerge un quadro su cui si può sicuramente iniziare a lavorare". Eppure, nonostante i passi avanti compiuti dalla trattativa, i nodi da sciogliere non sono tutti spariti. Ieri tra i dem, per tutto il giorno, si è consumata una strisciante polemiche con scambio di accuse tra renziani ("la velina Gentiloni stava per far saltare tutto") e zingarettiani ("troppe furbizie!") a causa dei 3 punti "non negoziabili" posti da Nicola Zingaretti per il suo sì al via libera al lavoro con il M5s. Una polemica poi stoppata dallo stesso segretario ("i 3 punti sono la sintesi dell'Odg votato all'unanimità in Direzione") dopo una levata di scudi dei renziani. Resta, ovviamente, il problema di fare la sintesi tra i 5 punti del Pd e i 10 del M5s. E restano tutti i problemi legati al nome del presidente del Consiglio e poi anche alla squadra di governo. Il premier 'giallorosso' dovrà essere sul tavolo del prossimo giro di consultazioni al Quirinale. "Il nome di Conte ormai è fuori", assicurano dal Pd facendo notare che anche Di Maio, dopo l'incontro con Mattarella, non abbia mai citato il nome del premier uscente. I dem, però, si aspettano che proprio per questo motivo il M5S rilancerà sul premier, con lo stesso Di Maio in cima alla lista. In questo caso, diventerebbero concrete le chance di Paolo Gentiloni di diventare commissario Ue. Restano sempre nel totonomi le figure di un premier di area, come Raffaele Cantone, Enrico Giovannini. Nella squadra, circolano i nomi di Franco Gabrielli (Interni), Nicola Gratteri (Giustizia), Ernesto Ruffini (Fisco/Entrate), Roberto Gualtieri (Ue o Economia), Anna Ascani (Cultura), Emanuele Fiano (Interno), Luigi Marattin (Economia) e dello stesso Cantone. Se, però, il patto giallorosso dovesse incepparsi a un passo dal traguardo solo ed esclusivamente sul nome del candidato premier, gli 'sherpa' non escludono di poter ricorrere ad un aiuto al Quirinale, con un ok all'indicazione di un nome 'super partes', stimato da tutti, capace di chiudere la partita. In quest'ottica si fa il nome non solo di un giurista di primo piano (Sabino Cassese) ma anche di una donna come Marta Cartabia o Paola Severino.