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Raffaele Volpi a Pietro Senaldi: "Che cosa chiederò a Giuseppe Conte su Servizi segreti e governo"

Cristina Agostini
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Il leghista che farà l'esame di fedeltà alla Repubblica al premier Conte è un pacato studioso di geopolitica, pavese di nascita, veneto di formazione e bresciano d'adozione. È in Parlamento dal 2008, anche se fino alla settimana scorsa non era noto ai più. «Sono della scuola di Giorgetti, al quale sonomoltolegato» si schernisce. «Lavoro fuori dai riflettori, mi occupo di quelle cose che non interessano a nessuno e che i giornali snobbano». È nella Lega da trent'anni, quasi dagli albori bossiani, proveniente dalla Democrazia Cristiana, ed è tra i pochissimi ex rampolli dello Scudo Crociato che scelse l'approdo padano anziché disperdersi in Forza Italia o nel Partito Popolare e quindi nell'Ulivo-Margherita-Pd. «Di sinistra non sono mai stato, neppure quando ero nella Dc, amo la politica tra la gente e sul territorio, quindi i berlusconiani non facevano per me. La Lega, per chi ha la nostra passione, anche in quegli anni era l'unico partito che ti consentiva di vivere e operare a contatto con i cittadini».  Raffaele Volpi è uno di quei soldati dilungo corso che improvvisamente Salvini decide di promuovere capitani, per premiarne fedeltà ed esperienza. «La vita è così» spiega l'interessato, «lunga calma piatta e poi all'improvviso succede tutto. D'altronde la pazienza è una virtù assoluta per me e, come diceva John Belushi nella mitica scena di Animal House, “è quando il gioco si fa duro che i duri iniziano a giocare”. Io ho una dozzina d'anni più di Matteo, ma sono grato a quel ragazzo, perché mi ha restituito entusiasmo per la politica, fin da quando mi spedì al Sud per organizzare il partito. Tendenzialmente sarei un pigro, propenso a perdersi tra letture e tranquillità, Salvini mi ha ridato vigore e voglia di combattere». Ma a combattere, per averlo presidente del Copasir, il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, da sempre guidato da un membro dell'opposizione, è stato «il ragazzo», che si è imposto sulla Meloni, che gli avrebbe preferito Urso, ed è riuscito afarlo votare da tutto il centrodestra più il Pd e Italia Viva. Sono mancati i voti grillini, ma si sa che l'investigatore Volpi non era molto gradito dall'uomo sulla graticola, Conte, che ha accusato pubblicamente Salvini di non aver riferito sul Russiagate leghista e ora è costretto a rispondere davanti alla nazione su come sono stati impiegati i nostri Servizi Segreti nella sfida di insulti e spiate in corso da tre anni tra Trump e tutto il Partito Democratico statunitense. Presidente, quando Conte passerà sotto le sue grinfie? «Penso entro una decina di giorni. Domani calendarizzeremo gli impegni del Copasir. Ma l'espressione “grinfie” non è corretta. Presiedo un organo di garanzia istituzionale: dobbiamo semplicemente appurare cosa è successo tra i nostri servizi segreti e quelli americani nei giorni di agosto in cui il ministro della Giustizia Usa, William Barr, autorizzato da Conte, ha incontrato i nostri 007». Lei che idea si è fatto? «Io non posso esprimere giudizi prima di aver svolto le verifiche. Penso che non sia improprio che i nostri Servizi parlino con quelli di Paesi alleati, perché l'attività di intelligence è relazione. Quello che cercheremo di verificare è se è stato varcato il discrimine tra livello tecnico e politico, perché gli 007 non possono essere usati per svolgere compiti politici». Il sospetto è che Conte, per ottenere un appoggio dall'America al suo nuovo governo, sia stato particolarmente ospitale con Barr e attento ad assecondarne le esigenze? «Io non sono un complottista, anche perché i nostri Servizi, che vantano professionisti serissimi e di alto livello, sono sempre stati capaci di mantenersi al di fuori del gioco politico. Del caso Barr si sta  facendo un gran polverone perché la sua visita è avvenuta in concomitanza con i giorni caldi della crisi di governo, il cui evolversi ha avuto chiare anomalie politiche, ma non mi immagino chissà che cosa. Il guaio è che in Italia tutto diventa centrale e riconducibile a tensioni politiche». Questo è il guaio. E il punto qual è? «Negli Usa il rapporto tra intelligence e politica è tradizionalmente promiscuo, da noi no, tant'è che la commissione sulla sicurezza della Repubblica è presieduta dall'opposizione. Il punto non è il contenuto delle relazioni tra 007 americani e italiani ma il livello dell'interlocuzione e la reciprocità delle relazioni: chi ha parlato con chi e perché». Certo che quel «bravo Giuseppi» detto da Trump nei giorni della formazione del nuovo governo aveva proprio il sapore di un ringraziamento… «Io non ho la minima idea del perché il presidente Usa abbia fatto quell'endorsement. Trump è un politico insolito, credo che a volte abbia delle uscite spontanee e dica semplicemente quel che gli passa per la testa. È anche possibile che, più che un appoggio a Conte, quellafrasefosse una testimonianza della vicinanza degli Stati Uniti all'Italiain questo momento, a prescindere da chi sia al governo». Non mi ero accorto che i rapporti tra Italia e Usa fossero così buoni… «Si vede che è distratto. Fatta eccezione perla Gran Bretagna, l'Italia in questo momento è il Paese europeo al quale gli Usa sono più vicini. Non dipende dal governo, ma dal nostro ruolo nel Mediterraneo e in Europa, dai cattivi rapporti di Trump con la Germania e dalle ambizioni di Macron di mettersi  alla guida di un nuovo esercito europeo». Lei non è stato tenero con il premier nei giorni della crisi: come giudica quanto successo? «Io sono un parlamentare leghista, ho mazzulato Conte per come è saltato dalla Lega al Pd ma l'ho sempre fatto con eleganza, sottolineando come non potesse passare da una parte all'altraimperturbabile, come se la cosa non lo riguardasse e non gli fosse successo niente». Crede che il premier abbia gradito? «In politica non bisognerebbe mai prendersi troppo sul serio, altrimenti si sbaglia. Guardi Macron, che si è preso una batosta dall'Europa sulla commissaria francese proprio quando pensava di avere l'Unione in pugno. Bisogna essere consapevoli del proprio ruolo e l'autoironia può servire allo scopo. Ho solo insinuato al premier il dubbio che forse non stesse comandando solo lui e che sulla scena ci fossero attori più importanti». Sta dicendo che questo governo l'ha voluto l'Europa più che Conte? «Ma no, questo governo l'ha voluto il Parlamento, per le ragioni che tutti sappiamo. Conte nell'esperienza gialloverde doveva essere un punto di mediazione ma a un certo momento ha cercato di realizzare una propria idea di leadership, che ha spiazzato i Cinquestelle e ora cozza inevitabilmente con il Pd e con i progetti di Italia Viva di Renzi». Salvini ha sbagliato a far cadere il governo? «Ma guardi che Matteo è stato l'ultimo a mollare i grillini, tutta la Lega glielo chiedeva in ginocchio da mesi. Lo ha fatto solo quando non c'era proprio più alternativa perché non si riusciva a fare nulla». Come reagirà alla botta? «Reagirà da Salvini, non fermandosi mai e continuando le sue battaglie. Sta già reagendo in realtà». Lei crede che, dopo Conte, toccherà a Salvini passare sotto la lente del Copasir, per dare spiegazione sulla vicenda dell'hotel Metropol a Mosca e sulle intercettazioni di Savoini? «Da presidente, me lo sono domandato. Se qualcuno me lo chiederà, farò valutare la cosa. Se devo esprimere un parere personale, non ritengo che il tema sia di competenza del Copasir. C'è un'indagine della magistratura in corso e Salvini non è coinvolto; in più non c'è in ballo la sicurezza del Paese ma solo gente che ha millantato». Con Conte però ci sono in ballo gli Usa, nel Metropol ci sono i russi… «Le buone relazioni con la Russia non hanno mai danneggiato l'Italia nei suoi rapporti con gli Usa, fin dai tempi di Berlusconi. L'Italia poi ha sempre avuto la missione ufficiosa di essere un ponte tra le varie situazioni della geopolitica continentale e non possiamo permetterci che Mosca sviluppi un asse con la Cina: l'Europa deve capire che l'Occidente non finisce al confine con la Russia. Peraltro attualmente i rapporti tra Washington e Mosca non presentano particolari criticità. I problemi sono altrove, nel Medio Oriente, per esempio. Sono stato a lungo nella delegazione parlamentare presso la Nato, so di cosa parlo». Lei è stato anche sottosegretario alla Difesa della Trenta, uno dei ministri grillini più discussi: come si è trovato? «Io ora sono presidente del Copasir,ilmio ex collega grillino Tofalo è stato confermato sottosegretario,laministra è sparita:forse significa che era lei che non funzionava». Dove non funzionava? «Era avulsa dal contesto. Non è mai stata in Parlamento, il che significa che non aveva esperienza. Il suo era un ruolo complesso che non ha saputo interpretare: devi essere consapevole che la Difesa è il ministero più istituzionale che c'è e che le Forze Armate, di cui sei a capo per conto del presidente della Repubblica, sono al servizio del Paese e non della politica». Come giudica l'alleanza giallorossa? «Il governoM5S-Pd ha una natura completamente diversa da quello M5S-Lega. Il nostro era un contratto, un'intesa finalizzata a diversi obiettivi. Questa è un'alleanza politica, con i Cinquestelle che sono diventati un partito come gli altri. Da questo punto di vista, èfisiologico che la maggioranza si divida e discuta tutti i giorni, basandosi su un accordo politico e non tecnico. C'è una differenza però: gli elettori del Pd e di Renzi sono consapevoli di quanto è accaduto, quelli grillini mi sembrano non aver ancora realizzatola trasformazione del Movimento». di Pietro Senaldi 

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