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Pietro Senaldi su Matteo Renzi: "Sulla prescrizione fa sul serio, se boccia Bonafede fa cadere il Conte bis"

Gabriele Galluccio
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C'è un barlume di raziocinio nel governo. Matteo Renzi non vuol mandar giù l'abolizione della prescrizione firmata Cinquestelle e annuncia che in Senato non la voterà. «E siccome senza di me non avete i numeri» aggiunge sibillino, «ve lo dico prima, fatevi bene i conti». Il ministro della Giustizia la prende sul personale e la butta in rissa: «Italia Viva ricatta il governo». Analisi frettolosa buona da dare in pasto ai tifosi. Per approfondire leggi anche: "Perché Bonafede deve lasciare il ministero" Da che l'ha messo al mondo, l'ex rottamatore non ha perso una sola occasione per attaccare il governo giallorosso e marcare i distinguo tra l'asse M5S-Pd e il suo nuovo partito. Elezioni regionali, concessioni stradali, Ilva, tasse. I renziani hanno storto il naso perfino sulla riduzione del cuneo fiscale, ritenuta impalpabile, però poi sono sempre addivenuti a miti consigli, perché il loro partito è ancora in fasce e non ce la fa a camminare da solo, tantomeno ad affrontare elezioni anticipate. Sulla prescrizione però la questione è diversa. Il no all'abolizione dei termini di decadenza del processo non è guerriglia per distinguersi da un esecutivo troppo di sinistra e neppure è battaglia di bandiera. Sul punto il fondatore di Italia Viva si è spinto troppo avanti per poi tornare indietro e fare finta di nulla. La crisi di governo qui si rischia sul serio; il che, beninteso, non vuol dire andare per forza a elezioni anticipate. IL MOMENTO GIUSTO Renzi ha capito chiaro che chi va con lo zoppo non solo impara a zoppicare ma in breve tempo viene anche confuso con lo zoppo stesso. Criticare i grillini senza mai sgambettarli non basta per ripulirsi l'immagine di fronte agli elettori. Ecco che allora la giustizia, forse il principale male acclarato del Paese, il cui malfunzionamento tiene in ostaggio milioni e milioni di persone, è l'argomento giusto per dare scacco al re nudo. L'ex segretario del Pd ha sulla coscienza il capolavoro tattico di aver varato il Conte bis. È una medaglia arrugginita, visto che l'esecutivo non combina nulla, e ora il suo problema è togliere le proprie impronte dal misfatto. Per questo punta a rimescolare tutte le carte, perché l'impasse del governo giallorosso sta diventando anche quello di Italia Viva. Matteo, politicamente parlando, è l'unico fuoriclasse della maggioranza e vede bene che i grillini ormai sono allo sbando e il Pd sta risalendo la china ma ancora manca di identità e leadership. Quindi alza il tavolo e sfida tutti. IL LAVORO SPORCO Renzi sa che nella maggioranza nessuno vuole andare a casa e al contempo è conscio che la stragrande maggioranza del Paese è ormai perplesso rispetto al giustizialismo grillino, perciò parte all'attacco intestandosi una battaglia che è sicuro di vincere. Il suo calcolo è che, pur di rimanere dove stanno, Conte e il Pd, ormai un asse di ferro e di fatto, costringano M5S a una mediazione sulla prescrizione. In sostanza, spera che gli altri pur di sopravvivere gli facciano il lavoro sporco. Basterebbe anche un semplice rinvio dell'abolizione collegato all'introduzione della famose nuove norme, promesse e mai neppure pensate, per ridurre i tempi dei processi. SEGNALI AZZURRI Se accadrà, il rottamatore avrà vinto un'altra volta; altrimenti, farà il diavolo a quattro per mandare a casa Conte e acquisire una maggiore centralità. Suoi alleati potrebbero essere perfino i resti atomizzati di M5S, che non può sopravvivere compatto a una sconfitta sulla giustizia. La mossa gli serve anche a mandare segnali ai parlamentari di Forza Italia. L'ex capogruppo azzurro Brunetta ha parlato giorni fa di un nuovo cambio di maggioranza, che vedrebbe Renzi sostenere il centrodestra. È una tesi suggestiva ma non realizzabile. Salvini, Meloni e lo stesso rottamatore avrebbero troppo da perdere. Più probabile sarebbe l'attrazione nell'area renziana di una parte di azzurri, dopo che Italia Viva avrà votato il provvedimento del forzista Costa sulla prescrizione. Che un Parlamento si uccida è sempre ipotesi alquanto improbabile. Ma il quadro politico si sta facendo sempre più frammentato e complesso e la sensazione è che in questo modo non possa andare avanti per molto. Renzi l'ha intuito e sta correndo a garantirsi il posto in prima fila, qualunque sarà lo spettacolo. di Pietro Senaldi

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