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Alfonso Bonafede litiga anche con i magistrati: "Perché solo le toghe sono peggio del ministro"

Gabriele Galluccio
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Di porte in faccia se n'è già prese tante, in pratica tutte quelle di solido castagno che lo separavano dalla magistratura che conta. Gli mancava solo quella dell'Associazione nazionale magistrati (Anm) forse perché non sapeva che è pur sempre un sindacato, e a un sindacato non puoi dire che i lavoratori dovrebbero lavorare di più e che dovrebbero beccarsi pure delle sanzioni se non rispettano le regole: tipo sforare i tempi dei processi. Non puoi dirglielo e basta. Per approfondire leggi anche: "Sfiducia a Bonafede", la minaccia di Renzi Se poi si parla della Anm, non solo non puoi dirglielo: quelli non ti ricevono neanche, non ti parlano neppure se sei (saresti) il ministro della Giustizia. Stiamo parlando dell'ultracasta più sacrale e intangibile di tutto l'Occidente, con una considerazione di sé stessa che sfiora il divino. Dunque l'Associazione magistrati ha deciso di «disertare il tavolo tecnico convocato dal ministro della Giustizia» (notizia di ieri) e questo perché il tavolo prevedeva la discussione di proposte giudicate «irricevibili»: soprattutto se non le ricevi. Inoltre, a dire dell'Associazione, è «inaccettabile» soprattutto «l'ingeneroso e immeritato messaggio di sfiducia nei confronti dei magistrati italiani». Quindi, sinché ci sono queste proposte, non ci potrà essere «interlocuzione». Così è detto. Essi hanno parlato. NON INTERLOQUIRE Parentesi: la soluzione sarebbe non interloquire proprio, e procedere lo stesso, perché tanto discutere con l'Anm non è mai servito notoriamente a niente. Non è che puoi concertare coi magistrati come se fossero dei farmacisti, intesi come una categoria normale: non puoi, cioè, bussare al solo potere irriformato sin dalla Prima Repubblica e dire «buongiorno, volete per caso aiutarci a farvi perdere potere e privilegi?». Nella sua innocenza, dunque, Alfonso Bonafede farebbe quasi tenerezza: peccato che un Guardasigilli dotato di innocenza e tenerezza non serva assolutamente a nulla, soprattutto se poi non fosse un campione d'intelligenza (oh, ma è solo un'ipotesi) e fosse notoriamente asservito ai togati che dovrebbe affrontare (e questa non è un'ipotesi). Negli ultimi 25 anni non l'ha capito Berlusconi né la sinistra né nessun altro: con la magistratura non si tratta, nel senso che non si deve trattare, è inutile. Fatta salva una grande parte di magistrati che aderisce all'Anm anche senza magari condividerne i toni (per forza: è un sindacato unico) i sacerdoti dell'ultracasta non fanno che replicare la nenia della carenza di organici, degli avvocati che fanno addirittura gli avvocati, delle norme da impianto accusatorio in un sistema che vorrebbero inquisitorio. Non si parla mai, invece, di quanto per esempio ha raccontato a Pietro Senaldi l'ex capo dei cancellieri di Milano: dell'esistenza anche di furbi, di gente che avrebbe proprio bisogno dei tornelli o di firmare il cartellino, perché di fatto lavora poco (li vedi una o due volte la settimana) senza che esistano sanzioni, anzi: la carriera è automatica e da quanto i magistrati lavorino e come. Non ci sono premialità o incentivi a fare meglio: solo a fare peggio. Tutto questo (e molto altro) non è mai riuscito a cambiarlo nessuno, quindi figurarsi se potrebbe farlo Alfonso Bonafede, uno che non riesce neppure a farsi ricevere. Bonafede è uno capace di bersi l'asserzione stile Fatto Quotidiano secondo la quale i magistrati italiani sarebbero i più produttivi d'Europa. Peccato che il resto del Paese, quando ne sa qualcosa, è fermo al luogo comune: ossia che ci sono ancora troppi magistrati che lavorano mediamente poco, genere «il dottore oggi non c'è» oppure «oggi lavora a casa» oppure «oggi non è venuto», frasi che i frequentatori dei palazzacci conoscono bene. TRIBUNALI DESERTI Poi naturalmente ci sono i pochi che si sobbarcano il lavoro di molti, ma fa parte del problema. E ne fa parte che, di pomeriggio, spesso i tribunali siano deserti (come nel periodo estivo: una cosa che non esiste in nessun altro Paese serio) e questo non c' entra niente con la «cattiva organizzazione», anche perché l'organizzatore, spesso, è un incapace di nomina correntizia. Uno sgobbone come Francesco Ingargiola, ex giudice del processo Andreotti, lo disse chiaramente: «Nei tribunali il problema principale è far lavorare e motivare i giudici; perché se la giustizia è al capolinea non è colpa solo di leggi farraginose, ma anche di molti colleghi che non lavorano a sufficienza». Parliamo della categoria italiana che gode delle più cospicue ferie annue, peraltro. Giuliano Pisapia, avvocato ed ex sindaco di Milano, lo disse chiaramente anche lui: «Lavorano poco». Suggerì che si facesse come quel procuratore capo che ogni mattina bussava dai vari magistrati per dargli il buongiorno: se aprivano, beh, voleva dire che c'erano. Meglio esserci, se alla porta c'è il procuratore capo. Mica è Alfonso Bonafede. di Filippo Facci

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