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Giordano: "I forconi protestano perché traditi dal centrodestra"

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Mario Giordano

Ignazio Stagno
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Caro direttore, hai visto? I forconi dietro l'angolo c'erano davvero.  Eviterò di cadere nella trappola dell'«avevo detto», perché è troppo facile, e poi l'avevano detto in tanti. Ma non posso dimenticare gli sguardi di sfida che quasi l'intera classe dirigente del centrodestra ci ha lanciato in questi anni. Noi andavano in giro a raccontare di sprechi e costi della politica, e quelli ci guardavano di storto, ci urlavano nelle orecchie, minacciavano punizioni eterne, dall'alto e qualche volta pure dal basso, della loro prosopopea. Non avevano capito nulla. Non avevano capito che la difesa del Palazzo era la loro rovina e che così stavano tradendo il messaggio originale berlusconiano. Un messaggio che all'inizio fu  Forza Italia e rottura, al diavolo le consorterie politiche, gli inciucci, i magheggi, le poltrone da sottosegretario, il sottobosco  di governo, gli intrallazzi dei ristoranti romani… Adesso molti storcono il naso quando sentono che il Cavaliere invita a un incontro (poi rinviato) i leader della protesta dei forconi (e prima l'ideologo del Movimento Cinquestelle Paolo Becchi).  E ancor più storcono il naso nel leggere che le sue parole fanno asse  inaspettatamente, con  Grillo. Ma era inevitabile, caro direttore, lasciatelo dire da uno che è stato a lungo accusato di cripto-grillismo e convergenza a 5 stelle, quando scriveva Sanguisughe o Tutti a casa. Era inevitabile perché, in fondo, nella discesa in campo di Berlusconi c'era tutta quella sana anti-politica  che oggi va per la maggiore, la ribellione a un sistema marcio, il rifiuto dei riti viziosi della Capitale, degli ozi levantini, di quel tirartardi perché non si ha nulla da fare. Oggi tutti si sciolgono per Renzi che convoca la segreteria politica alle 7,30 del mattino, ma com'è bello,macom'è bravo, ma com'è efficiente. Qualcuno spieghi ai signorotti di Roma (giornalisti compresi) che sono orari piuttosto normali nelle aziende del Nord. Dove, non a caso, il berlusconismo, quello autentico, è nato senza sapere che cosa fossero i week end. Ricordate? C'era già tutto dentro quel moto tutto lombardo, forse brianzolo, di ribellione contro la politica. E se dopo è venuto tutto il resto, dal vaffa di Grillo ai forconi in piazza, è perché quel messaggio è stato tradito. Ed è stato tradito da coloro che hanno usato la rivoluzione liberale non come una parola d'ordine per cambiare il Paese, ma solo come un taxi per arrivare a poggiare i loro adorabili fondo schiena sulle seggiole privilegiate. E quando qualcuno ha ricordato loro che quei privilegi avrebbero dovuto abbatterli, anziché intascarli, beh, quelli ti guardavano storto e ti dicevano: «Qualunquista! Populista! Demagogo!».  Ce li ho ancora attaccati addosso gli sguardi di disprezzo, me le ricordo bene le telefonate con insulti ai miei parenti fino alla quarta generazione di quella parte di stato maggiore del centrodestra da sempre più dotato di insolenza che di acume. A differenza loro, però, ho girato molte piazze, in questi anni. Ho presentato i miei libri contro la Casta da Asiago aCapo d'Orlando, da Ventimiglia ad Andria, ho frequentato i piccoli centri della provincia, dove gli elettori del centrodestra mi chiedevano spaesati : «Se abbiamo un problema non sappiamo più a chi rivolgerci, a parte il sindaco…». E dappertutto mi sono sempre sentito rivolgere la stessa domanda: «Ma loro, quelli che stanno nel palazzo, si rendono conto di quello che sta crescendo nel Paese?». Ho sempre risposto allo stesso modo: «Dobbiamo fare in modo che se ne rendano conto ». E, vi giuro, per parte nostra ci abbiamo provato in tutti modi, vero caro direttore? Abbiamo scritto fiori di editoriali, fiumi di inchiostro, pagine intere per cercare di far suonare la campanella, per svegliare il reparto dormienti. Ma quelli niente. Ci guardavano storto.  Ci accusavano di «alimentare l'antipolitica». Non hanno mai capito, poveretti, che l'antipolitica invece l'hanno alimentata loro con i loro comportamenti sordi, con l'incapacità di parlare al Paese, con le promesse vane ripetute mille volte e mai realizzate. Faceva impressione ieri, mentre il Paese era inmanoai forconi, vedere il premier Letta asserragliato nel Palazzo che prometteva di abolire entro il prossimo anno il finanziamento pubblico dei partiti. Ancora lì, siamo? Il finanziamento pubblico, a oggi, non dovrebbenemmeno esistere. È illegittimo, illegale, è un furto ai cittadini che l'hanno abrogato con tanto di referendum vent'anni fa. Che ce ne facciamo di altre parole? E come non capire che sono queste parole vuote, cui non seguono mai fatti, che hanno fatto crescere la rabbia nel Paese fino ad arrivare ai forconi? Noi avevamo provato ad avvertirli. Oggi ci resta solo un po'd'ama - rezza: se anziché prendersela con noi, avessero provato a cambiare davvero, forse avremmo evitato un po' di bile. Soprattutto avremmo evitato tanti guai.  di Mario Giordano  

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