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Esposito chiamato come testimone per l'amico nei guai per la mafia

Antonio Esposito

Il giudice della sentenza anti-Cav chiamato in Aula: il suo nome spunta nelle conversazioni con un legale in cella per mafia

Lucia Esposito
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aD un'inchiesta giudiziaria composta, tra l'altro, da ventinove mila pagine di intercettazioni telefoniche ed ambientali, può venir fuori di tutto. Persino che un rispettabile magistrato al culmine della carriera sia sfiorato da qualche schizzo di fango proveniente dal pozzo senza fondo che sono le conversazioni «in libertà» tra esseri umani. Non solo: può capitare pure che lo stesso magistrato sia chiamato a testimoniare in favore di una persona incarcerata per associazione mafiosa, non proprio una violazione del codice della strada. Sono le ultime notizie che riguardano il giudice cassazionista Antonio Esposito, figura che non ha certo bisogno di presentazioni dopo il duplice boom mediatico di agosto, quando nel volgere di poche ore passò dalla lettura della sentenza di condanna per frode fiscale di Silvio Berlusconi nel processo Mediaset ai fuochi d'artificio scatenati dall'intervista rilasciata ad Antonio Manzo del Mattino, considerata da più parti alla stregua di un'anticipazione a mezzo stampa delle motivazioni della sentenza stessa. Ora Esposito sembra sia chiamato a fornire, attraverso una testimonianza giurata in un'aula di tribunale, le sue personali garanzie di «affidabilità civica e morale» in favore di Pasquale Basile, ex sindaco di Scalea (Cs) finito in cella a luglio insieme ad un noto avvocato del posto, Mario Nocito, l'intera giunta comunale ed altre 32 persone con l'accusa di essere pesantemente infiltrati da due cosche di 'ndrangheta. Gli indagati sono tuttora agli arresti e il comune è commissariato in attesa del rinnovo elettorale. Il dottor Esposito, che a Scalea risulta esser di casa dal momento che in quell'area ha svolto il ruolo di pretore per anni, è finito nelle intercettazioni depositate l'altro giorno dai carabinieri all'esordio del processo. In quell'occasione s'è appreso di ripetuti e continui colloqui, fino al giugno di quest'anno - cioè meno di un mese prima del blitz «Plinius» della Dda - tra Esposito, il sindaco Basile ma soprattutto tra il giudice e l'avvocato Nocito, ex pretore anche lui, considerato dagli inquirenti il trait-d'union tra i mafiosi e l'amministrazione comunale. Il magistrato dovrà, dunque, garantire per l'ex sindaco, almeno stando ai desiderata dei suoi avvocati difensori, Adamo e Pasqua, che hanno già depositato l'istanza al tribunale per l'ammissione. Si vedrà. Dalle carte emergono colloqui indicatori di una consuetudine nei rapporti tra il magistrato e i due presunti favoreggiatori della mafia, fatta di cene, aperitivi, pranzi e varia convivialità. A parte i consueti auguri per Natale e Pasqua, si legge di un Nocito che chiama Esposito dicendogli di essere a Roma per incontrarlo, del giudice che domanda come siano i rapporti tra l'avvocato e il sindaco Basile in quanto costui si sarebbe comportato da «scostumato» (testuale) nei suoi confronti per via di alcuni locali che il magistrato ha ottenuto in comodato dall'amministrazione per ospitarvi, sembra, una sorta di università privata (poi effettivamente avviata). Così come si legge pure del figlio di Nocito, bocciato al concorso per magistrati, «spedito» dal papà a casa di Esposito per incontrarlo per «parlare di quella situazione». Conversazioni ordinarie in un contesto che di ordinario, però, ha conservato ben poco.  Peppe RInaldi

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