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Beppe Grillo sconfittoe disperato si crede Mussolini

Il comico si atteggia a Duce, ma nel confronto ha tutto da perdere. Gli mancano oratoria, piglio ed età. La sola cosa di cui è capace è paralizzare il lavoro altrui

Matteo Legnani
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Quale differenza passa tra Beppe Grillo e Benito Mussolini? In apparenza nessuna. Entrambi sono nemici del Parlamento e dunque dei partiti che lo esprimono. Ma questo sentimento comune non annulla le diversità fra i due capi politici, uno del passato, l'altro di oggi. Queste restano molte e vanno tutte a danno del duce delle Cinque stelle. Lui crede di essere il Mussolini del 2014, ma qualcuno dei suoi intellettuali, per esempio il filosofo Becchi, il professore stralunato che conciona da Genova, dovrebbe spiegargli: «Caro Beppe, devi ancora mangiarne di pagnotte per arrivare all'altezza del duce del Fascismo». Innanzitutto c'è una questione di stile o di oratoria adatta al momento storico. Grillo dovrebbe studiare quel che accadde il 16 novembre 1922, qualche settimana dopo la marcia su Roma. Mussolini rivolse alla Camera dei deputati un discorso che cominciava così: «Potevo fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo sprangare il Parlamento e costituire un governo esclusivamente di fascisti. Potevo. Ma non ho voluto, almeno in questo primo tempo». Segnalo al filosofo Becchi, affinché ne informi il suo capo, che la Camera del 1922 era composta in larghissima maggioranza di deputati non fascisti. Eppure concesse la fiducia al primo governo Mussolini con 316 sì, contro 116 no e 7 astenuti. Votarono a favore dell'esecutivo di Benito anche esponenti liberali e dei cattolici  popolari, come Bonomi, De Gasperi, Giolitti, Gronchi, Orlando e Salandra.   Bene, tanti anni dopo, nel 2013, in quale modo Grillo annunciò la propria vittoria elettorale e i suoi propositi di capo partito diventato padrone di un bottino elettorale di quasi otto milioni di voti? Ci si aspettava da lui un discorso memorabile, ancorché pronunciato fuori da Montecitorio, luogo proibito all'incandidabile comico di Genova, causa incidente stradale con qualche morto. Invece si limitò a poche parole, grossolane e volgari, di genere gastronomico: «Aprirò il Parlamento come una scatola di tonno». Leggi il "Bestiario" integrale di Giampaolo Pansa su Libero in edicola domenica 2 febbraio

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