Questo giornale vuole bene a Giuseppe Conte come lo si può volere a un commissario tecnico della nazionale di calcio che riteniamo incapace. Facciamo il tifo per lui, ma siamo realisti e vediamo tutti i limiti, suoi e della sua squadra. Così ieri abbiamo scritto che sarebbe andato a Bruxelles a prendere schiaffi. Metafora troppo cruda? Magari. Appena messo piede nella capitale belga, il presidente del Consiglio ha incassato la prima sberla. È arrivata dal socialista francese Pierre Moscovici, commissario agli Affari economici. L' esponente della gauche rispondeva alla lettera con cui il premier italiano, d' intesa con Luigi Di Maio e Matteo Salvini, si era rivolto a lui e agli altri per bloccare la procedura d' infrazione avviata a causa del deficit maggiore del previsto. «Terremo in considerazione la lettera di Conte», ha detto Moscovici, chiarendo subito, però, che le regole europee «sono intelligenti» e «devono essere applicate». L' equivalente di un due di picche. Il giurista pugliese, se fosse stato davvero «l' avvocato del popolo» che aveva promesso di essere al momento dell' insediamento, avrebbe dovuto far presente al transalpino che in quelle regole di «intelligente» c' è molto poco, tant' è che Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea, le definì «stupide». E che nessuno ha preteso dalla Germania che le rispettasse, quando ha sforato il rapporto debito-Pil. O quando lo Stato è intervenuto per salvare Deutsche Bank e altri istituti di credito, o dinanzi agli avanzi commerciali tedeschi, sempre superiori ai limiti previsti dai patti europei. RITIRATA Qualche buon argomento, insomma, il nostro presunto difensore lo aveva. Invece ha preferito ripiegare, dando ragione a Moscovici. «Finché non cambiano, le regole sono queste», ha abbozzato Conte. E noi ci adegueremo. Dietro, c' è il tentativo di combinare l' ennesimo pateracchio all' italiana. A Bruxelles si stanno discutendo le prossime nomine europee e il governo gialloverde ha avuto l' ideona di appoggiare i candidati di quei Paesi che prometteranno di chiudere uno o due occhi sulle nostre marachelle contabili. Un candidato francese alla guida della Bce, che sarebbe gradito anche ad Angela Merkel (la quale potrebbe puntare così alla guida della Commissione, direttamente o tramite controfigura...), ci andrebbe bene se Parigi ci aiutasse ad evitare la sanzione. Mezzucci, il cui esito è scontato. MENO MALE C'È SILVIO La triste verità è che l' unico alleato su cui il premier può contare per non rimediare fregature al mercato delle eurovacche è Silvio Berlusconi. Non è un paradosso. A spingere il fondatore di Forza Italia ad aiutare il capo di un governo del quale dice peste e corna non è solo la volontà dell' 83enne Cavaliere di coprire un ruolo da statista internazionale, ma anche il suo tornaconto. È convinto che la ruota stia per girare e che il centrodestra (a trazione salviniana, va da sé) tornerà presto alla guida del Paese. «Mi auguro che si possa evitare questa procedura d' infrazione. Sarebbe molto grave e avrebbe conseguenze pericolose per i cittadini e sui mercati», ha detto entrando al vertice del Ppe che ha segnato il suo ritorno ufficiale nel grande gioco. Quindi, assieme ad Antonio Tajani, ha iniziato a tessere la tela. I suoi obiettivi minimi sono gli stessi del governo, ovvero evitare le sanzioni e scongiurare l' arrivo di un nemico dell' Italia in una delle tre poltrone chiave della Ue: la presidenza dell' europarlamento, quella della Commissione e quella della Banca centrale. È il caso del liberale belga Guy Verhofstadt, il quale ambisce alla successione di Tajani. Il Ppe, che ha il gruppo di deputati più numeroso, ieri ha deciso di restare fermo sulla candidatura del tedesco Manfred Weber al posto di Jean-Claude Juncker: una mossa attendista, perché l' uomo ha poche chance, segno che i giochi veri si faranno da oggi al 30 giugno, quando sono in programma i prossimi incontri. Alla Merkel, al polacco Donald Tusk, allo spagnolo Pablo Casado e agli altri leader che gli hanno chiesto lumi sulla situazione italiana, Berlusconi ha detto di aspettarsi nuove elezioni, che potrebbero tenersi già a settembre. Ha assicurato che dopo il voto s' insedierà un governo nel quale Forza Italia avrà una posizione comunque importante, e la spesa pubblica dissennata dei Cinque Stelle diventerà un brutto ricordo. Una multa, ha avvertito, sarebbe ingiusta non solo per le famiglie e le imprese, ma anche per chi sarà chiamato a ricostruire sulle macerie lasciate da Conte e Di Maio. di Fausto Carioti