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Mario Draghi, premier di un governo di unità nazionale per gestire la crisi economica post-coronavirus?

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Mario Draghi alla guida di un governo di unità nazionale per portare l’Italia fuori dall’emergenza coronavirus. O meglio, fuori dalla devastante crisi economica che seguirà l'epidemia. Nell’edizione odierna del Corriere della Sera, Francesco Verderami parla di un’ipotesi che è oggetto di discussione tra i partiti di maggioranza e opposizione: “Tutti consapevoli che il Paese sta per affrontare una crisi economica senza precedenti”. Fonti autorevoli del Pd pronosticano un crollo del Pil per il 2020 tra il 5 e il 7% e sostengono che sarà necessaria una “manovra choc, che non si potrà fare senza un patto nazionale”.

A riguardo la maggioranza si domanda “per quanto tempo ancora si potrà chiedere all’opposizione di aderire al principio di unità nazionale, senza immaginare una loro partecipazione al governo?”. Verderami sostiene che “a lungo andare il processo di osmosi politica prefigurerebbe uno scenario de dall’unità nazionale porterebbe al governo di unità nazionale”. Non ci sarebbero altre opzioni, dato che non si può ricorrere alle elezioni in tempi utili: tra il referendum sul taglio dei parlamentari, l’obbligo di adeguare i collegi e la necessità di una nuova legge elettorale, si arriverebbe al semestre bianco della presidenza della Repubblica e quindi non si potrebbero sciogliere le Camere.

Per Verderami è difficile che il quadro politico attuale possa reggere fino al 2022, in piena emergenza: dopo quella sanitaria, arriverà quella economica e potrebbe essere ancora più dura se non gestita al meglio. Ed è qui che entrerebbe in gioco Draghi, che Matteo Salvini aveva definito “Il meglio alla guida del Paese in questa fase delicata”. Ma l’ex presidente della Bce piace un po’ a tutti, da destra a sinistra: Matteo Renzi l’aveva già proposto ai tempi del governo gialloverde, esponenti di rilievo del Pd lo invocano, anche Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni si esprimono a suo favore. Tra l’altro Verderami fa notare che Draghi non solo ha “il profilo giusto”, ma anche “nessuna contro-indicazione politica”: finito il suo mandato “non sarebbe un competitor dei partiti, perché la sua destinazione sarebbe il Quirinale”. 

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