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Regionali, il gioco sporco di Palazzo Chigi: Zaia chiede l'intervento di Mattarella, Conte punta al rinvio al 2021

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I rapporti tra il governo e le Regioni sono probabilmente ai minimi storici, oltre che ad essere perennemente tesi da quando è scoppiata l’emergenza coronavirus. L’ultimo campo di scontro è quello delle elezioni: Veneto, Campania, Liguria, Toscana, Puglia e Marche attendono di sapere quando si recupererà il voto, previsto inizialmente in primavera e slittato probabilmente in autunno. Qualche giorno fa i governatori hanno però preso posizione in maniera compatta e soprattutto ufficiale, chiedendo di tornare alle urne nella prima data utile, ovvero intorno alla metà di luglio. Il ragionamento delle Regioni è semplice: se tra maggio e giugno riaprono tutte le attività fermate a causa del lockdown e gli italiani recuperano le proprie libertà individuale, perché impedire le elezioni in estate? Considerando che non sarebbe poi così complicato procedere con tutte le precauzioni sanitarie del caso.

“Lo stato di emergenza non è incompatibile con il diritto costituzionale dei cittadini di esprimere il voto elettorale in estate”, ha dichiarato Giovanni Toti. Dello stesso avviso è anche il dem Michele Emiliano: “Il rischio vero è che se si rinvia troppo in là, si rischia poi di cadere nella seconda ondata di pandemia, secondo gli epidemiologi molto probabile in autunno, fra settembre e ottobre”. Se ciò dovesse verificarsi, significa che le elezioni slitterebbero addirittura di un anno, al 2021. Uno scenario che preoccupa molti presidenti di Regione, anche perché il governo ha risposto che di votare in estate non se ne parla nemmeno. “Prendo atto che in questo Paese si vuole sospendere la democrazia - ha commentato Luca Zaia - faccio appello al capo dello Stato, Sergio Mattarella, perché guardi dentro questa partita delle elezioni, che è un bruttissimo segnale”.

Ovviamente i governatori non sono dei santi e, a parte Zaia che sembra incrollabile in Veneto indipendentemente da quando si vota, tutti puntano alle urne il prima possibile per concretizzare il consenso generato in questi primi mesi dell’emergenza. Però le ragioni politiche pesano molto anche per l’esecutivo di Giuseppe Conte: prima si indicono le elezioni regionali, prima Matteo Salvini e l’opposizione avranno l’occasione di trasformarle in un referendum sul premier. Senza dimenticare che la maggioranza giallorossa rischia una debacle ovunque, dato che le trattative tra Pd e M5S su eventuali candidati unici appaiono fallimentari in partenza. In definitiva, dalle parti di Palazzo Chigi non dispiace affatto la prospettiva di elezioni nel 2021, anche se ciò dovesse significare una seconda ondata del virus. 

 

 

 

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